Profezia e realismo: a questo si ispira l’esigente parola di papa Francesco riguardo ai migranti. La forza dei riferimenti evangelici e dei valori morali (in particolare rivolti alla tradizione europea) non è slegata dal rispetto dalla specifica responsabilità della politica e delle istituzioni. Solo il populismo, l’improbabile richiamo a una supposta «civiltà cristiana» e la rimozione delle memorie storiche sono incapaci di avvertirlo.
È il caso del messaggio per la giornata mondiale dei migranti, firmato il 15 agosto, uscito il 20, in previsione della celebrazione che sarà il 14 gennaio 2018. Si intrecciano affermazioni impegnative («Il principio della centralità della persona… ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale») a indicazioni pratiche e viabili come i visti umanitari, programmi di sponsorship privata e comunitaria, corridoi umanitari, visti temporanei speciali.
È difficile sottovalutare il ruolo di contenimento delle spinte xenofobe e di stimolo e sostegno a politiche e pratiche di accoglienza e di accompagnamento che la Chiesa cattolica ha assunto, anche in Italia. La forza dei principi evangelici e dei valori umani non è disgiunta dalla responsabilità e dal coinvolgimento diretto delle comunità cristiane, che, in merito, sono tutt’altro che uniformi e prive di tensioni.
Non cambio, ma approfondimento
La capacità del presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Gualtiero Bassetti – indicato come presidente dell’assemblea episcopale anche per la sua vicinanza alla sensibilità di papa Francesco – di accompagnare la decisione del governo Gentiloni e del ministro dell’interno Minniti di proporre alle Ong che operano nel Mediterraneo un codice di comportamento unitario e coerente non rappresenta un cambiamento di linea, ma un suo sviluppo. «Non possiamo correre il rischio – neanche per una pura idealità che si trasforma drammaticamente in ingenuità – di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana» (10 agosto).
Il combinato disposto degli aiuti alla Libia, dell’azione di controllo della guardia costiera del paese e dalla nave militare italiana inviata in appoggio ha prodotto un calo significativo degli sbarchi.
In luglio 2016 erano stati 23.000, quest’anno 11.000. In agosto sono scesi da 10.000 e meno di 3.000.
È cresciuta la capacità di controllo dell’ONU sui campi di raccolta in Libia e l’interesse dell’Europa (seppure in grave ritardo e senza significativi coinvolgimenti).
Nessuno si fa illusione di un cambiamento decisivo. Ma sono segnali importanti. Così commenta la situazione Paolo Mieli sul Corriere della sera (24 agosto): «L’analogia con quella lontana offensiva (il riferimento è ad un cinquantennio di lotta della Royal Navy contro i trafficanti di schiavi dall’Africa verso le sponde nord-americane alla fine del ’700) contro i trafficanti di esseri umani è stata colta – prendiamone nota – da due personalità alla quali, quando si tornerà a parlare di questo agosto 2017, si dovranno riconoscere meriti particolari: Gualtiero Bassetti e Bernard Kouchner. Bassetti è da poco tempo il presidente dei vescovi italiani e, nel momento in cui il mondo cattolico appariva incline a criticare in termini aspri la politica del governo sulle Ong, ha pronunciato – il giorno di san Lorenzo a Perugia – un notevole discorso nel quale ha richiamato la comunità cristiana a una guerra senza quartiere contro “la piaga aberrante della tratta di esseri umani” e alla pronuncia del “più netto rifiuto a ogni forma di schiavitù moderna”».
B. Kouchner è il fondatore di Medici senza frontiere che, pur riconoscendo la legittimità delle obiezioni di questa Ong contro la firma del codice di comportamento ha dichiarato sbagliata la scelta di chiamarsi fuori dalle operazioni di soccorso.
Le continuità del magistero
Tornando al messaggio del papa, vanno sottolineati i suoi quattro imperativi rispetto al tema dei migranti: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Aveva utilizzato gli stessi termini parlando al Forum internazionale sulle migrazioni il 21 febbraio scorso.
Rileggendo i cinque messaggi del suo pontificato, tornano con insistenza l’indicazione del fenomeno delle migrazioni come un «segno dei tempi», la qualifica del «più vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi», la sua dimensione mondiale (e per quanto riguarda il continente, di tutta l’Europa e dei suoi governi), l’impossibilità di affrontarlo in maniera adeguata da parte di singoli paesi (elogiando in Europa la Germania e l’Italia), la necessità di superare pregiudizi e precomprensioni da parte delle popolazioni ospitanti. «Non di rado questi movimenti migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso».