Un lungo corpo a corpo con il libro Politiche dell’amicizia, di Jacques Derrida, mi permette di offrire qualche spunto di riflessione sul tema dell’amicizia.
Dove si situa l’amicizia, dunque? Probabilmente al crocevia di due coppie di opposti. La prima: la durata nel tempo e l’intemporalità. Come già affermavano gli antichi greci, occorre mangiare molto sale insieme, prima di potersi definire amici. L’amicizia, per dirsi tale, deve sottostare alla prova del tempo. È nel tempo che una persona diviene per noi degna di fiducia, bébaios, affidabile. La durata e la costanza sono ingredienti essenziali di un’amicizia vera.
Ma, insieme, essa è intemporale, sfidando ad esempio il tempo della morte. L’amicizia autentica, infatti, sopravvive alla morte dell’amico. L’epitaffio, l’orazione funebre, del resto, possono essere il segno di un’amicizia che sopravvive alla morte. In tal senso, perciò, essa è senza tempo, non subisce la tirannia del tempo.
La seconda coppia di opposti: l’amicizia è, contemporaneamente, reciprocità assoluta e generosità senza ritorno. Difficile sarebbe immaginare un’amicizia senza reciprocità. L’amico è amico in quanto a un nostro sentimento e a una nostra disponibilità corrispondono la disponibilità e il sentimento di un’altra persona. Tuttavia… tuttavia quel legame non dovrebbe ridursi allo scambio, al do ut des.
Altrimenti non di un legame sentimentale si tratterebbe, ma di una transazione. E qui ci soccorre la generosità senza ritorno, senza corrispettivo. Se di amicizia vera parliamo, dovremmo essere disposti a sacrificare qualcosa senza l’aspettativa di una ricompensa.
Altro interrogativo che sembra sfidare i millenni: l’amicizia è per il simile o per il diverso? Simile chiama simile, rispondono alcuni autori. Altri, invece, insistono sull’armonia dei contrari. L’amico è diverso in quanto è altro da noi; delle affinità, più sotterranee o più scoperte, tuttavia, ci legano a lui. L’amico ci è familiare, eppure ci turba, ci inquieta, proprio come l’unheimlich, il perturbante, l’estraneo fuori di noi che risuona con l’estraneo che è in noi. L’amico, insomma, è l’altro, l’altro in noi e, insieme, è una sorta di nostro alter ego.
E l’amicizia, come la vita, è caratterizzata da dilemmi, da aporie, senza le quali, però, sarebbe ancor più incomprensibile.
L:amicizia è un pilastro della vita e una delle grandi gioie che Dio ci ha donato.
Forse la chiesa l’ha un po’ snobbata tutta concentrata sul matrimonio e sull’ordinazione dimenticandosi di questo sentimento che è anche una vocazione.