Tra i meriti del neuroscienziato Vittorio Gallese vi è quello di aver recuperato, grazie allo studio dei neuroni specchio (quelli che riflettono l’immagine e il comportamento dell’altro), l’importanza dell’imitazione. Sia al fine dell’apprendimento, sia al fine dello sviluppo dell’empatia. Imitare non è scimmiottare!
Come non alludere qui, ad esempio, alla celeberrima imitatio Christi?
Oggi Gallese guardando all’intelligenza artificiale, ricorda che, entro pochi anni, essa potrebbe approdare a una forma di autocoscienza e si pone la questione del rapporto con l’intelligenza umana. Quest’ultima, sostiene Gallese, non può darsi senza corpo. Il corpo ne sarebbe costitutiva. Del resto, da decenni si dibatte su un dilemma: la mente si situa solo nell’encefalo o in tutto il corpo?
Già dal punto di vista dell’anatomia e della fisiologia, il Sistema Nervoso Periferico è strettamente connesso a quello centrale, con un flusso continuo dall’uno all’altro, e viceversa. Ed esso è estremamente sensibile agli stimoli del resto del corpo, oltre che a quelli esterni. Le relazioni con i nostri simili e con il mondo, dunque, sono a loro volta parte integrante della nostra intelligenza, che si pone come intelligenza diffusa. Anche nell’ipotesi dell’eremitaggio (eremiti e cenobiti, del resto, presentavano molti tratti comuni). Intelligenza diffusa, è evidente, non solo nel senso delle “reti neurali”, bensì del più generale incontro interumano e mondano.
E dal punto di vista teologico, potremmo aggiungere che Gesù Cristo, sia nella prospettiva “dall’alto” dell’incarnazione sia in quella “dal basso” di Gesù di Nazareth che diviene il Cristo, è lì a indicarci come il corpo rappresenti un aspetto fondamentale di noi umani e della nostra intelligenza.