Si chiama Tramadol, costa pochi euro e sta dilagando nei paesi arabi gettando migliaia di persone nella dipendenza. Il Tramadol è un potente analgesico di origine sintetica appartenente alla classe degli oppioidi, utilizzato, per via legale, come antidolorifico per trattare il dolore moderato o grave.
È rilasciato su prescrizione medica e la ricetta non è ripetibile. Poche compresse attenuano il dolore fisico ma basta aumentare di poco il dosaggio a un blister, 200 mg, per avere l’effetto stupefacente: genera sensazioni di euforia, eliminando affaticamento e spossatezza.
Ci si sente pieni di energia e la soglia di attenzione al pericolo diminuisce. Ha un tempo «di salita» e di «discesa» molto lunghi e per questo motivo è considerata una droga efficace, oltre che essere molto economica.
Una volta assunta, il suo effetto massimo si ha nell’arco delle due ore successive all’assunzione e la «botta» – l’effetto vero e proprio – dura per circa sei ore, per poi andare a scemare gradualmente nelle due ore seguenti. Per questo motivo l’Isis ne fa un massiccio uso in Siria, in Iraq così come in Libia e nel Sinai, eccitando i loro combattenti durante gli scontri a fuoco.
Una volta terminato l’effetto, i danni collaterali non si fanno attendere: il Tramadol il più delle volte genera assenza, uno stato di black-out in attesa di un nuovo giro di giostra. Non solo, il limbo post-effetto può degenerare in schizofrenia, allucinazioni, convulsioni e deliri. Tutto questo con 5 euro, il prezzo di due blister.
La via del Tramadol
Nel maggio 2017 la Guardia di finanza ha sequestrato nel porto di Genova un carico di dieci tonnellate di Tamol X, un farmaco contenente il Tramadol. Il carico era diretto in Libia. Questo farmaco arriva in Italia dall’India e Paesi limitrofi, fa scalo nei porti di Genova o Gioia Tauro (sempre nel 2017 la Gdf ha bloccato proprio nel porto calabrese un carico di Tramadol del valore di 50 milioni di euro diretto a Tripoli, in Libia) per essere poi smistato nel Nord Africa.
Il procuratore aggiunto Gaetano Paci, responsabile della Dda di Reggio Calabria, afferma che conferma che ci sarebbero rapporti sempre più stretti tra ‘ndrangheta e Isis per la gestione in comune di droga,compreso il Tramadol.
È impossibile infatti accedere ai porti calabresi e smistare sostanze stupefacenti senza il lasciapassare delle cosche calabresi. Un business di centinaia di milioni di euro che riempie le casse sia della ‘ndrangheta, che fa pagare «una tassa di passaggio» per lo smercio del prodotto, sia dell’Isis stessa, che rivende le sostanze nel mercato interno, con un bacino potenziale di clienti tra la Tunisia e la Siria di 180 milioni di persone.
Il caso egiziano
In Egitto, tra il 2016 e il 2018, secondo il ministero della Salute, si registra un aumento dell’utilizzo del Tramadol pari al 20% rispetto ai due anni precedenti, mentre nel mercato nero questa droga sta invadendo interi settori della società egiziana: studenti, artigiani, operai, professionisti, politici ne fanno un uso massiccio per avere prestazioni migliori nello studio e nel lavoro, sottovalutando gli effetti collaterali.
Sarebbero, secondo stime approssimative, 10 milioni i consumatori abituali tra i lavoratori. E chi un lavoro non ce l’ha ne fa uso per lenire il disagio di una condizione di indigenza in un Paese, l’Egitto, in profonda crisi economica e con tassi di disoccupazione che sfiorano il 50% tra i giovani.
Quegli stessi giovani che, senza un futuro e profondamente traditi da una politica che soffoca il loro dissenso, si impasticcano di Tramadol e si arruolano nelle milizie dell’Isis, nel Sinai. Sul fronte sanitario, invece, solo al Cairo nell’ultimo anno sono stati almeno 50 i decessi segnalati per collassi cardiovascolari, causati dall’utilizzo di Tramadol in dosi massicce. In Libia, Iraq e Siria e marginalmente in Tunisia, si riscontrano dinamiche simili, anche se mancano dei dati sul numero effettivo dei consumatori e sugli effetti sociali di questa droga.
Un nuovo business per la mafia
Se l’Isis ordina centinaia di tonnellate di Tramadol dall’India e questi carichi fanno scalo nei porti italiani prima di essere «girati» nei Paesi arabi, è probabile che la che le ‘ndrine così come Cosa Nostra possano decidere, se già non l’hanno fatto, di investire, per il mercato italiano, nella gestione e spaccio di questa nuova droga: semplice, dai lunghi effetti, economica.
Lo stesso procuratore della Dda calabrese Paci afferma che ci sono delle indagini in corso che si stanno sviluppando anche su questo fronte. Il rischio è che questa sostanza inondi anche il nostro Paese, andando ad attecchire nei contesti giovanili e della marginalità sociale.
Articolo ripreso dalla rivista missionaria dei padri bianchi Africa.