Dom Manuel, come semplicemente viene anche oggi chiamato, si avvicina ai 90 anni. Fu il primo vescovo alla guida della popolosa e rossa diocesi di Setubal, staccata dal patriarcato di Lisbona. Alla sua consacrazione episcopale, il 26 ottobre 1976, si temette che squadre di accesi comunisti facessero irruzione nella chiesa perché dom Manuel veniva dal Nord del Portogallo, ricco, borghese, tradizionalista, dove la Chiesa da secoli era un tutt’uno con il potere. Ma si accorsero presto che dom Manuel era di tutt’altro stampo. Lo chiamarono subito «bispo vermehlo» (vescovo rosso), epiteto con il quale viene ancora chiamato anche dalla gente di strada. Niente di straordinario – allora come adesso – nell’aspetto di dom Manuel, se non lo sguardo di un uomo vivacissimo e intelligente, un insieme equilibrato di razionalità, frutto dei suoi studi e del suo insegnamento, e di sentimento, tipico della gente lusitana. Proponiamo una sua riflessione su Fatima (FS)
Il Portogallo non lo si può capire senza Fatima. Un sacerdote portoghese fece una tesi di dottorato a Lovanio (Belgio), che fu in seguito pubblicata con il suggestivo titolo “Fatimizzazione del popolo portoghese”. È vero che Fatima fa parte dell’identità del nostro popolo. E, tenendo conto della sua posizione nel mondo, quasi mi vien da dire che è anche un poco dell’anima di tutta la gente. Per questo dico che Fatima è anche l’“Altare del mondo”.
Ci sarà qualche paese, anche di regioni e religioni distanti, che non sia venuto a Fatima? Ci sarà qualche paese che l’immagine della Vergine di Fatima non abbia visitato? Viene proiettato un filmato con tante e tante di queste visite dove – e non c’è da meravigliarsi – l’immagine della Vergine di Fatima è ricevuta in festa e, non è raro, persino da “folle” imponenti.
Fatima è del Portogallo. Fatima è del mondo.
Perché questo?
L’evento/motivo (quasi) tutti lo conoscono: il 13 maggio 1917 una «Signora vestita di bianco» sorprese tre fanciulli di età molto tenera, di nome Lucia, Giacinta e Francesco che, per terreni di montagna, portavano al pascolo il gregge della famiglia. Eravamo alla fine della prima grande guerra mondiale, alla quale partecipavano molti giovani portoghesi e vivevamo in Portogallo tempi di quasi guerra civile con i malesseri provocati dall’instaurazione della Repubblica. Questa Signora, che appare ai pastorelli tra i rami di un leccio, parla loro di pace, di conversione dei peccatori, dei sacrifici che riguardano un «uomo vestito di bianco». Il santo padre Giovanni Paolo II?
Pochi credevano ai piccoli pastori, molti si facevano beffe di loro e alcuni membri della famiglia chiedevano loro che dicessero che niente era avvenuto, che era una loro illusione o persino una invenzione di svago tra compagni.
Chiaro che, come sempre, il vescovo non vi credette, la Chiesa non vi credette. Fu necessario che passasse del tempo perché tutti si rendessero conto degli avvenimenti che andavano succedendo, della saggezza che mostravano quei fanciulli quasi analfabeti e che trasmettevano a partire sia dalle «conversazioni della Signora vestita di luce», sia dagli interventi dello Spirito Santo.
Sorprese da quello che i fanciulli udivano, le persone – e in seguito anche i sacerdoti e il vescovo – non potevano non ricordare l’esclamazione di Gesù: «Ti benedico, Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli». L’ammirazione fece seguito alla fede e alla devozione e quel luogo sacro per la presenza della Signora, divenne “patrimonio dell’umanità” e fonte di grazia e di pace.
Fatima, sempre di più, è un prezioso dono di Dio al Portogallo. Gli ricorda ad ogni ora che il Portogallo nacque cristiano e che deve conservare la sua fede. Con la Vergine di Fatima impariamo a cantare: «Non si chiama portoghese chi cristiano di fede non sia». Si aggiunga che mai i governanti, né i partiti, né i politici, “si metteranno” contro Fatima. E non è solo per ragioni del turismo o di quello che ne viene, ma anche e soprattutto perché Fatima è il più grande fattore di coesione sociale. Chiamiamo pure Fatima una università sempre in attività, dove si approfondisce la fede mediante corsi permanenti che riguardano gruppi di cristiani, segnati con i più vari gradi di preoccupazione spirituale, con risultati personali e sociali.
Poi, non posso non riferirmi alla qualità dei responsabili che la diocesi di Leiria e i vescovi portoghesi scelgono per assumervi così grandi incarichi.
La “fede” in Nostra Signora
Il santuario – e non potrebbe non essere così – è anche molto vicino alle tante “piaghe” del mondo d’oggi. È il caso di ripetere: «Grazie, Signore nostro Dio, per Fatima».
La nostra Tv (e altre), in occasione dei grandi pellegrinaggi, cerca – credo con buone intenzioni – di conoscere dai pellegrini ciò che li ha portati a Fatima, considerando che migliaia di loro vengono a piedi, da lontano, da molto lontano. Ho sentito questa risposta che, nel fondo, nasconde molta teologia: «Sono venuto perché ho molta fede in Nostra Signora. Non credo in Dio, ma credo molto nella Nostra Signora». Esploriamo un poco la risposta di questo pellegrino?
Non c’è madre senza figlio. Non scoprirà ancora che, nella fede nella Madre, era molto nascosta dentro di sé la fede nel Figlio, la fede in Dio. Solo gli mancava ancora l’opportunità di aprire per intero la porta del suo cuore allo Spirito Santo.
È morto da poco un politico che, nei tempi della post-dittatura, ha prestato rilevanti servizi al Paese. Vedeva con molta chiarezza i tempi nuovi che arrivavano e che ogni giorno arrivano e ha scritto un libro prezioso con questo titolo “Quale Nuovo Ordine Mondiale?”. È interessante che costui, pur dichiarandosi ateo, dicesse di temere che, nella nascita di questa nuova civiltà, tornassero ad essere valori i controvalori dell’attuale civiltà cristiana. Poi il nostro autore, nel libro citato, racconta una storia che può andar bene come prova di una tesi: Dio è qui e Maria ci porta a lui.
Si tratta di un celebre sacerdote francese, scrittore e politico che perse la fede, abbandonò l’esercizio del sacerdozio, si confessava rabbiosamente ateo e anti-teista. Tutta la Francia lo conosceva. Questo cavaliere possedeva nei sobborghi di Parigi una bella e famosa tenuta, dove spesso si rifugiava. In questa tenuta, vi era una fonte fresca, che si trovava un po’ infossata tanto che si dovevano percorrere alcuni metri fuori percorso per arrivarvi. Il nostro non rinunciava mai a deliziarsi vicino ad essa e il cavallo che montava sapeva a memoria il cammino per arrivarvi, evitando tutti gli ostacoli. Ma un giorno – tutto avviene in un giorno – il cavallo si distrasse e arrivò al balzo fino alla fonte e lo stesso capitò al signore che garbatamente serviva. Solo che questi, precipitando a ruzzoloni, gridava desolato: «Ah, mia, nostra Signora, aiutami!». Ripresosi dall’enorme spavento, si sorprese a farsi domande “scomode” sulle invocazioni a Nostra Signora. Non so dove arrivò, ma anche qui s’impone una conclusione: Dio era là. Dov’è la Madre c’è il Figlio.
Fatima è un pulpito
Fatima è dFatima è del mondoel mondo, ad ogni latitudine cerca di portare il Vangelo di Gesù e con esso la Dottrina sociale della Chiesa, non perdendo mai di vista che il mondo è l’altare della Chiesa, che la sua missione è “uscire” per stare con tutti, soprattutto con i più disgraziati, dimenticati, sfruttati. In questo è aiutata dalla forza e dallo spirito fresco del Concilio e dall’esempio e dalle esortazioni ispirate di papa Francesco.
Parlare di Fatima è parlare di Dio; è parlare della Chiesa; è parlare dell’uomo. Fatima è, per questo, un pulpito dove si proclama la grandezza, l’importanza, la dignità dell’uomo, e il nostro papa, con tutta certezza, è questa immagine che ci annuncia e lascia, perché solo nell’accettazione e nella pratica di questi valori si riesce a conquistare la pace, che il mondo disgraziatamente non sa che cosa sia nel nostro tempo. Ma ci fu mai un tempo in cui lo seppe?
Fatima è cammino aperto e certo per la pace, cammino aperto e certo per una società fraterna, solidale, felice. E non dobbiamo dimenticare che Maria sta operando anche in altri santuari del mondo.
Testo a cura di Francesco Strazzari