L’anno che viene e la fiducia

di:

gruen

Il monaco benedettino di Münsterschwarzach è ben noto come guida spirituale e terapeutica. In questo suo volume ha voluto raccogliere una riflessione per ogni giorno dell’anno, un compagno di viaggio quotidiano che illumini la mente, lo spirito e il corpo. Egli è infatti attento all’integralità del benessere umano ed è convinto che il messaggio cristiano che incontra un uomo o una donna aperto alla sua provocazione ne riceve un enorme beneficio per la propria vita quotidiana. Essa deve poggiare ben salda sul suolo dei giorni che passano fra impegni, gioie e dolori, preoccupazioni e gratificazioni.

Il messaggio biblico apre l’animo umano a una vita più piena, aperta al trascendente che è per natura innato nel cuore dell’uomo, che non può accontentarsi di ciò che vede e che tocca con mano.

La vita cristiana permette di vivere ogni giorno con fiducia, agganciando strettamente la vita dello spirito con quella fisica e psicologic. Dio e l’uomo sono amici, e l’uomo può vivere i suoi giorni nella fiducia. Seguiremo passo passo le sue riflessioni.

L’autore segue il variare delle quattro stagioni, con le proprie caratteristiche che possono essere adattate alle varie fasi della vita umana. A ogni mese viene donato un tema, che viene sviluppato tenendo conto delle memorie e delle feste liturgiche di Gesù, Maria e dei santi più noti.

La Pasqua, la Pentecoste, le memorie mariane e quelle dei santi aiutano a infondere fiducia in sé stessi, nelle possibilità che Dio dona alla persona umana di arrivare al raggiungimento del desiderio più profondo innestato nel suo cuore. Le energie spirituali, psichiche e fisiche sono sollecitate a risvegliarsi, ad aprirsi al futuro e al nuovo che si profila nella vita.

È evidente che nessuno può tenere sotto controllo ogni situazione e ogni sensazione interiore. La saggezza insegna ad accostarsi alla vita con apertura di cuore, senza deliri di onnipotenza, col desiderio del dialogo fraterno, familiare e sociale.

Il monaco descrive spesso le sensazioni positive suscitate dal contatto diretto con la natura, il creato, assaporato nel fulgore della primavera o dell’estate, nel trascolorare dell’autunno o nella cappa di nebbia che avvolge i giorni di novembre, che possono provocare sia la depressione sia il raccoglimento con il più profondo di sé. Il cammino dell’uomo e della donna si radica nel tener vivo il desiderio più profondo di vita nascosto nel cuore, senza deprezzarlo o reprimerlo.

È importante non legarsi indissolubilmente al proprio passato, al proprio ruolo familiare o sociale, ma essere aperti a mettersi in gioco in nuovi ruoli o in fasi della vita che danno maggior spazio alle domande sulla propria identità più profonda. Ci sarà tempo e spazio anche per realizzare sogni e desideri che non si sono potuti perseguire nel tempo lavorativo, nel perseguimento di un’ascesa nella carriera professionale ecc.

L’autore dà ampio spazio all’importanza dell’amicizia, del dialogo, dell’ascolto sincero dell’altro, del godimento estetico della musica e dell’arte in genere, senza trascurare i legittimi ed equilibrati soddisfacimenti del gustare il cibo, il buon vino, un’allegra serata passata in buona compagnia.

Ognuno che riesce a raggiungere un equilibrio interiore e pacificato con sé stesso, anche con i propri errori e le proprie cadute, potrà portare un grande contributo per il rinnovamento del mondo, a partire dalle cerchie più ristrette e intime, fino a quelle che coinvolgono la vita sociale, politica ed economica. Ciò che è importante è lottare contro il dominio dell’ego che tutto vuol dominare e controllare con egoismo, per raggiungere il profondo dell’anima, il , caratterizzato dall’amore e dal dono generoso di sé stessi.

Speranza

Gennaio rimanda a un nuovo inizio e richiama la speranza, l’“esistenziale fondamentale”, virtù teologale che è il presupposto di un’esistenza buona, di una vita riuscita. Essa sa mantenere giovani tutti. Si protende verso ciò che è in avvicinamento e caratterizza una costituzione psichica improntata a gioia e vitalità. Cristo è venuto nel mondo come il Portatore di speranza per eccellenza. La Chiesa celebra l’Epifania, l’apparizione di Gesù che dona speranza.

L’“io spero” in assoluto allude al fatto che ci sentiamo imprigionati eppure speriamo nella luce e nella libertà, il liberarsi della nostra interiorità. È diverso dal semplice “io spero che”. Per Marcel, non si dà speranza senza spirito di comunione e senza amore. L’“io spero”, in radice, è sempre un “io spero in te”, “io spero in te per il nostro bene”. È un dono divino e una chiamata. Siamo chiamati a renderne ragione al mondo. «Finché respiro, spero» è un bel proverbio latino.

Cristo è l’ancora di speranza che ci è proposta e penetra nei cieli e nel sacrario dell’anima dove abita Dio e non le potenze del mondo. La speranza trasforma la nostra esistenza quotidiana, restituisce slancio. In Rm 5 e 8 Paolo si rivela teologo della speranza.

Essa è l’atteggiamento che ci fa sperare in questo mondo senza arrendersi e rassegnarci ai conflitti terreni. Anche la creazione è permeata dallo Spirito di Dio e anela alla liberazione dal dominio di un’umanità schiava. L’ecosistema dipende da noi, ma anche da Dio. Accompagnare una persona è sperare che le sue ferite si trasformino in perle. Ognuno deve trovare la sua strada, alimentando la speranza con la preghiera.

La speranza travalica i confini terreni, per toccare i lidi della vita ultraterrena. La speranza, in ultima analisi, trascende tutto ciò possiamo trovare sulla terra.

Ruolo

Febbraio è dedicato al tema del ruolo e allo scambio dei ruoli, a cui allude la festa di carnevale.

La Festa della Presentazione di Gesù al tempio cade al termine del periodo natalizio ed è caratterizzata dall’esplosione delle candele accese. L’autore cita spesso proverbi, usanze, riti tipici della sua terra tedesca, giocando con l’etimologia e la radice ultima delle parole tedesche.

Benedire la gola è avere fiducia che Dio guarisce tutta la persona, paura e angosce comprese.

Grün mette in guardia dall’identificarci con un ruolo, mentre noi possiamo averlo ma pronti a cambiare per raggiungere il nostro profondo sé ed essere noi stessi. Occorre uscire dall’ordinario e anche assumere una maschera carnevalizia può aiutare a essere flessibili nella vita quotidiana.

È importante non identificarsi completamente con i ruoli archetipici dell’aiutante, del medico, del sacerdote ecc.

Si celebrano santa Scolastica, san Valentino, santa Brigida.

Anche la malattia può costringere a cambiare ruolo (Boros divenne scrittore dopo aver perso la voce).

Ogni figlio ha una propria identità e anche le varie fasi della vita fanno assumere ruoli diversi. Occorre non imprigionare nessuno entro un certo ruolo. Occorre dire di sì al nuovo che avanza. La morte ci ricorda che tutti i nostri ruoli si dissolveranno e andremo incontro al Dio dell’amore infinito. Anche la liturgia fa uscire dall’ordinario.

Addestramento

Marzo è intitolato “Tempo di addestramento”. Il digiuno quaresimale è allenamento, e la Quaresima è un tempo di addestramento a gestire le passioni, senza pretendere di sradicarle. Occorre saper riconoscere le pulsioni e gestirle in maniera consapevole.

Il digiuno è un’ulteriore modalità di esercitare la rinuncia e Gesù rimanda a un certo stile interiore per viverlo.

San Benedetto indica tre vie per giungere alla purità di cuore: badare a non commettere errori, la preghiera mistica legata alle lacrime (compunctio cordis) e la meditazione delle sacre Scritture.

Utile l’esercizio di non sparlare, far pulizia dell’anima, aprirsi ai poveri e agli affamati.

Il digiuno è legato intrinsecamente alla preghiera, all’intercessione, e aiuta a mettere ordine nel guazzabuglio delle emozioni. Il digiuno è collegato da Gesù alla veglia, al raggiungimento della stanza segreta di noi stessi, il fondo dell’anima dove si trova Dio e la verità di noi stessi. Il digiuno illumina. Ambrogio e Agostino sottolineano il potere trasformante del digiuno, che prepara la carne alla risurrezione.

San Benedetto ricorda l’ideale della fraternità, dei principi gestionali e dell’ora et labora.

San Giuseppe è un esempio di ciò che è ordinario, con cui sporcarsi le mani con premura e prudenza.

I giorni della Passione rendono attenti alla sofferenza, per vivere la morte e la sofferenza come dedizione, trasformando il dolore in amore.

L’Annunciazione rimanda all’apertura, alla semina, perché la parola di Dio diventi carne.

La Settimana Santa ci presenta l’amore di Gesù per i suoi nella lavanda dei piedi e la sua morte ci procura la purificazione. Gesù attira tutti a sé e perdona i nemici. Per Luca, la croce rafforza la nostra fede nel perdono e riempie di speranza l’uomo che affronta la morte. Gesù in croce si abbandona alle mani paterne e materne del Padre. Dopo questo spettacolo, anche noi possiamo tornare alla vita quotidiana cambiati.

Per Giovanni, la croce è esaltazione, simbolo della vittoria dell’amore sull’odio e sull’invidia del mondo. Possiamo guardare tutte le cose come già permeate dall’amore di Gesù, nutrendo speranza per questo mondo. Alla fine trionferà l’amore.

Rinnovamento

Aprile è dedicato al tema del rinnovamento. Con la Pasqua si celebra la nuova alleanza e i Vangeli raccontano il vertice dell’anno liturgico con accenti diversi (angeli, pietra rotolata via, stupore delle donne, invito a tronare in Galilea, Maria di Magdala, i due discepoli di Emmaus ecc.). La risurrezione riguarda l’intero corpo di Gesù e noi preghiamo che ci resti accanto. L’AT aveva “previsto” la morte e la risurrezione di Gesù con il Sal 30; 118,5; 40,3.

Dalla fossa e dal lamento alla gioia e alla danza. Pietro è liberato dal carcere, e anche noi siamo “risvegliati dal sonno” e “tirati su”. Come Tommaso possiamo fare esperienza della risurrezione nutrendoci dell’eucaristia, a partire dalla fede. Nel quotidiano possiamo riconoscere che Gesù “è il Signore!”.

La risurrezione è anche risollevarsi dal vittimismo e prendere in mano la propria vita. La risurrezione ha ispirato parecchi musicisti (cf. il Messia di Händel). La musica è già un “andare oltre” verso un altro mondo.

Sant’Anselmo d’Aosta ci ricorda la fede che cerca di capire, fides quaerens intellectum. Il desiderio del volto di Dio e del suo amore manifestato in Cristo trasforma e spinge a fare teologia.

Con san Giorgio si allude all’“insorgere” contro tutto ciò che minaccia l’esistenza, i mali che vanno “uccisi”, gettati lontani da noi.

Il Sabato Santo prepara lentamente alla risurrezione. Essa significa che non cadrò mai dalla mano di Dio. San Marco ricorda spesso la vittoria di Gesù sui demoni, i modelli comportamentali che ci intralciano sul nostro cammino della vita: la sequenza Victimae paschali laudes ricorda la morte violenta di Gesù per sconfiggere la morte.

Negli Atti degli Apostoli Pietro ricorda che Dio non permetterà che il suo santo veda la corruzione. «Si sa, ovviamente, che il nostro corpo è destinato a subire la corruzione, tuttavia in qualità di persona nessuno di noi andrà mai perduto» (p. 166).

La morte e la risurrezione di Gesù è una delle icone della speranza. Dio può trasformare ogni situazione disperata, trasformare tutto, vivificare addirittura i morti.

Santa Caterina ricorda che l’amore di Cristo la spinse a trasformare almeno qualcosa nel mondo. Da terapeuta, Grün ricorda che l’accompagnamento può far superare il senso di fallimento sperimentato da molte persone. La fiducia in Dio ci indica il prossimo passo da compiere per risollevarsi (“risorgere”) e avviarsi verso il futuro con rinnovata speranza.

Bellezza che salva

Grün pone il mese di maggio all’insegna della bellezza che salva. Senza la bellezza non si può vivere. Tutto ciò che “è” è vero, buono e bello, secondo Platone.

Il Bello è un tralucere del divino nel nostro mondo. Il nostro amore sa riconoscere questa bellezza, perché sarebbe nato proprio da essa. Riconoscere la bellezza ha effetti benefici sull’anima. La bellezza presente nel mondo «rievoca in noi la memoria della bellezza originaria di Dio, e fa sì che l’anima raggiunga la propria essenza, la capacità di vedere Dio e di diventare una cosa sola con lui» (p. 178). Giocando sull’etimo tedesco, l’autore accosta “bello”, “guardare” e “trattare con riguardo”.

Dio ha raggiunto il cercatore Agostino tramite la bellezza del creato e, a partire da questa, lo ha condotto fino alla bellezza che esisteva nella sua interiorità. La bellezza ci viene incontro anzitutto nella natura, da godere con una passeggiata. Ci raggiunge anche nella poesia. Hölderlin afferma che la bellezza è il luogo dove si cela Dio e, grazie alla bellezza, si placa il nostro più grande desiderio di amore. Essa ci dona la pace interiore e fa risuonare le corde dell’anima. Teilhard de Chardin parlava di “amorizzazione”: nella bellezza del cosmo l’amore mi viene incontro come una potenza più forte della morte.

La bellezza è presente nel linguaggio e nella musica. La musica trasforma la tristezza e la delusione, il negativo che è in noi, il dolore, persino il male. In maggio si elevano spesso canti alla Madonna.

La bellezza risiede anche nell’architettura e nell’urbanistica, nella pittura e nella liturgia, che è la nostra risposta alla bellezza di Dio. La bellezza suscita l’amore e, viceversa, è l’amore a rendere bella l’altra persona.

La controparte femminile del Cristo perfettamente bello è Maria, modello della bellezza umana in genere (Tota pulchra es Maria). Il suo fascino nasce dall’interiorità. «Maria ci dona il coraggio di fidarci della nostra bellezza interiore» (p. 200). La spiritualità benedettina e mistica ha la percezione della bellezza del creato.

Per D. Sölle la spiritualità consiste nel proclamare la bellezza della vita e nel trasmettere agli altri la percezione di quella bellezza che l’avvolge.

Simone Weil afferma che «L’Amore è sceso nel mondo per amore, sotto la forma della bellezza» che si incarna anzitutto in Gesù Cristo. La bellezza è «il dolce sorriso di Cristo che ci raggiunge attraverso la materia» (p. 203). La bellezza del mondo dimostra che Dio si rivela già a livello della carne, della materia. La sua incarnazione in Gesù Cristo diventa quindi l’apice della rivelazione della bellezza della materia» (p. 204).

Attraverso il senso estetico – afferma Grün – veniamo tutti indirizzati verso la Bellezza originaria; tutti insieme siamo in cammino verso Dio.

Per il teologo O’Donohue la bellezza è un luogo di rifugio per l’anima, Abbiamo bisogno di un luogo pieno di bellezza nel nostro cuore, dove sentirci al sicuro, a casa nostra. Gesù parla dei puri di cuore che vedranno Dio. Occorre guardarci intorno senza secondi fini, osservare e ammirare, dimenticando noi stessi. Allora saremo davvero noi stessi.

Al dono della bellezza occorre rispondere col ringraziamento e l’accoglienza, ringraziare (danken) e pensare (denken). Se riflettiamo in maniera adeguata sul mondo, saremo grati della bellezza che da tutto ci viene incontro.

Prendere coscienza della bellezza ha un effetto salutare sulle persone, a parere dell’autore.

Secondo Evagrio Pontico lo scopo del cammino spirituale è scoprire bellezza di Dio e la nostra che si rispecchia nella luce interiore. La contemplazione della bellezza risana l’anima. Questo è stato riscoperto anche dalla psicologia.

Per Tommaso d’Aquino il “bello” è ciò che è ben ordinato, ciò che sta bene insieme. Se lo si accoglie, rimetterà ordine anche nella nostra anima, creando armonia con noi stessi.

La fede, per Paolo, implica la speranza in ciò che non vediamo.

Spesso ciò che non vediamo è la bellezza racchiusa in noi, commenta il monaco. Può affascinarci ciò che già si trova in noi. «Se mi perdo nella contemplazione del tramonto è perché in quell’istante mi sento “che è una meraviglia”. Non ho neppure bisogno di osservare la bellezza interiore: la percepisco in me, coincide con me» (p. 212).

La contemplazione è la capacità di diventare una cosa sola con ciò che si osserva. Osservando la bellezza, io vedo Dio, afferma Grün. La contemplazione come unione con Dio significa per la mistica greca diventare una cosa sola con la Luce, con la Bellezza, con l’Amore ed essere noi stessi. Luce, bellezza e amore. Chi capisce la bellezza ha anche la capacità di crearla. Espandendo la bellezza nel luogo in cui viviamo, renderemo più bello il mondo, conclude Grün nel chiudere il mese di maggio.

Gustare la vita in pienezza

Giugno è considerato sotto la visuale del gustare la vita in pienezza ed è dedicato alla riflessione sul piacere vissuto con i cinque sensi. I Salmi parlano della pienezza dei doni di Dio all’umanità: Dio vuole colmare i nostri cuori di gioia. Lo Spirito Santo trasforma le persone, mentre noi aneliamo alla pienezza delle benedizioni. Egli ci dona gioia, pace e speranza. Concede consolazione e fiducia nei momenti di oppressione e di tribolazione.

La vita è vitalità ma anche vita eterna che inizia già ora. Occorre gustare il piacere di vivere. Lo scopo della vita spirituale è gustare Dio. Concentrarsi sui sensi ci conduce a Dio. L’estasi amorosa è gustare Cristo nel pane e nel vino dell’eucaristia, per poi farsi mangiare dagli altri.

Tutte le emozioni più intense passano attraverso l’olfatto (incenso, profumo, foschia, odore di pino che ricorda il Natale, il focolare domestico e ci dà un senso di protezione ecc.). «Basta inspirare che subito in noi si forma la sensazione di essere al sicuro sulla Madre Terra, colei dalla quale in ultima analisi deriva ogni profumo» (pp. 233-234). Alcune persone ci attraggono col loro profumo: lì c’è qualcosa che entra in sintonia con la nostra anima.

Il segreto della vista sta nella capacità di immedesimarsi con ciò che si vede. Non ci si deve esibire né giustificare: io “sono” e basta. Esisto nella contemplazione, nell’osservare. In questo essere allo stato puro divento una cosa sola con Dio. La vita è fatta di crisi e di ombre, alti e bassi. Esiste però una camera interiore, il fondo dell’anima, la sede del silenzio in cui noi siamo integri, liberi da ogni menomazione psicologica. Anche in mezzo alle ferite mi sento difeso e sorvegliato, circondato da un Amore che nessuno potrà mai sottrarmi.

Ci sono fratture esistenziali, ma non bisogna impantanarsi in esse. Raggiungendo il fondo della mia anima posso scoprire nuove energie e ripartire. Le ferite devono diventare perle preziose.

Essere rimasti insoddisfatti e feriti ci mette in contatto con il nostro più profondo anelito a scoprire il nostro vero , la nostalgia di Dio, il desiderio di accompagnare le persone in difficoltà comunicando loro la speranza che anche la loro esistenza avrà un buon esito a dispetto di qualsiasi deficit di cui abbiano sofferto. Non bisogna vivere di rimpianti o di confronto tra il proprio cammino di vita e quello di altre persone a cui sembra essere sempre filato liscio. Io sono responsabile del mio cammino.

Bisogna gustare la vita in pienezza, godere della vita in semplicità, vivere uno stile di vita frugale. La riduzione porta all’intensità, all’intensificarsi dell’esistenza, lasciando perdere il superfluo.

Festeggiando san Giovanni Battista può esser stimolo a far diminuire l’ego per consentire al vero di crescere in noi. Il sole comincia a calare prima, ma comincia a svilupparsi il sole interiore. Il sole è simbolo di Cristo risorto. Le fasi solari sono un simbolo del fatto che, quando il sole fisico perde vigore, allora il sole interiore, Cristo, dovrebbe crescere in noi.

La spiritualità risiede, per Grün, nel compiere ciò che è dovuto al momento: dovuto al prossimo, a noi stessi e, al livello ultimo, a Dio.

San Benedetto coltivava una spiritualità con i piedi per terra. La realtà quotidiana della vita comune, della preghiera, della mensa e del lavoro è la dimostrazione se una persona è davvero spirituale o se lo è solo a parole. Si gustano le cose solo vivendo tutto nell’istante, stando dentro l’attimo, sforzandosi di rimanere interamente nel presente, abbandonandomi a ciò che “è”.

I santi Pietro e Paolo, molto diversi fra loro, sono testimoni di come i cristiani possano diventare, tutti insieme, lievito di speranza e di riconciliazione.

Un altro piacere della vita consiste nell’essere felici di ciò che si fa, di ciò che si possiede e si sperimenta in quell’istante, osservando con gioia il presente. Essere felici per il puro fatto di esserci: non è narcisismo, ma gratitudine per ciò che Dio ci dona ogni istante.

Vacanze, tempo di concedersi

Luglio è posto da Grün all’insegna delle vacanze, del tempo di concedersi… Urlaub in tedesco deriva da erlauben, “concedersi”. La vacanza significa anche piacersi, avere un rapporto positivo con sé stessi, trattarsi bene, cogliendo l’attimo. Vacanze è essere liberi dallo stress del fare, trovando pace nella capacità di guardare in faccia la verità di sé stessi e accettarsi per quello che si è. Vacanza è lasciar andare ma anche ricevere, nel segreto, e raccogliere ciò di cui ho necessità. Ricrearsi, erholen (da holen) significa “procacciarsi” ciò di cui abbiamo bisogno. Occorre equilibrio tra dare e ricevere.

Vacanza è anche festa, qualcosa che fa irruzione nella vita. Diventiamo partecipi dell’eternità. Entriamo in contatto col tempo fresco, ancora inutilizzato. «Il tempo lo utilizziamo nel lavoro e nella foga, ma nella festa il tempo si blocca e noi ne sperimentiamo quella parte che non abbiamo consumato, cosicché il tempo si ricarica» (p. 258). La festa è «la forma intensiva dell’esistenza» (Byung-cul Han, filosofo coreano, cit. a p. 259).

Nella festa noi celebriamo la vita, e, così facendo, sperimentiamo un senso di comunione che ci sostiene. La festa dà espressione al nostro profondo desiderio di una comunione e una sicurezza che non siano passeggere. La festa è un’«approvazione dell’essere» (J. Pieper): diamo approvazione alla nostra esistenza perché sappiamo che a sostenerla è Dio.

La festa è rilassarsi, l’otium dei latini. “Oziare” significa quindi anche credere che l’essere è qualcosa di positivo. Esige l’atteggiamento interiore di saper “dire di sì” a ciò che si è, esige l’amore verso tutto ciò che esiste. La pace viene quando affronto la verità di me stesso e sento che qualsiasi cosa emerge dal mio profondo è accettato da Dio senza riserve. Dio mi accoglierà assieme al mio caos. Lo illuminerà e gli darà ordine. Quando sostiamo dalla fatica la portiamo a compimento e la valorizziamo.

I benedettini portano la pax benedictina nel mondo, una controcultura di non sfruttamento e di gestione sostenibile delle risorse naturali.

Vacanza, dal latino vacare, rimandava all’esser liberi, celibi, liberi dal servizio militare. Oggi il vacare è il presupposto per fare esperienza di Dio: vuotarci dalle occupazioni ci consente di incontrare Dio, affrancandoci da ogni corvée. Concedersi qualcosa consente di venire a capo della vita, prima di dover ricorrere al medico o di avvertire sintomi negativi dell’organismo. Occorre dare ascolto al nostro corpo. Chi non si concede il lusso di ammalarsi o di ammettere una crisi, non riuscirà a darle un senso.

Dio crea le crisi, sposta di peso le nostre vite, ci butta nel parapiglia perché possiamo prendere contatto con il fondo della nostra anima. «Se interpreteremo le crisi come opera di Dio, saremo in grado di attraversarle» (p. 270). Ci accorgeremo che Dio aveva qualcosa da dirci.

Occorre gestire bene i conflitti, ammettendoli. Troveremo il modo di armonizzare gli interessi divergenti. La conflittualità esige soluzioni non affrettate. Bisognerà non pretendere troppo da sé stessi, sapendo dire anche dei no.

La festa di santa Margherita che sconfisse il drago rimanda all’integrazione del lato oscuro di sé, con la vittoria ottenuta sull’Ombra grazie al segno della croce.

L’aggressività non va repressa, ma gestita, allontanandomi da chi produce istinti aggressivi.

Santa Maria Maddalena è l’“apostola degli apostoli”, colei che cerca l’Amato del suo cuore. In Gesù ella ha ritrovato il proprio centro, ha scoperto il proprio valore personale ed è quindi diventata capace di “dire di sì” a sé stessa, mettendo a tacere le voci che la disprezzavano. Patrona dell’universo femminile, è segno di speranza per tutte le donne sballottate qua e là dalle troppe attese altrui. A condurre a Dio è l’amore disposto a cercare l’Amato anche attraverso le sofferenze e le delusioni.

Occorre sforzarsi di compiere meno errori possibili e mi interrogherò sulle cause che li hanno provocati, ma essi contengono sempre una sfida a conoscere meglio sé stessi e a imparare a vivere con più attenzione.

San Cristoforo è il portatore di Cristo, il patrono dei viaggiatori, il guardiano delle soglie. Cristoforo ricorda la sorgente interiore che zampilla dentro di noi e che ci dà forza. La “soglia” rappresenta soprattutto un grande conflitto interiore da superare nell’esistenza e il passaggio dalla vita alla morte. Cristoforo è la promessa che l’attraversamento dei nostri incubi andrà bene: il peso che portiamo è quello di Cristo, ma è proprio Cristo a condurci alla meta (cf. p. 282). Ammettere che non sempre tutto va bene, è contare anche sulla speranza di liberarmi dalle visioni cupe.

Non bisogna oltrepassare la giusta misura nell’idea che abbiamo di noi stessi, altrimenti la nostra anima si ribella – e noi dovremmo esserle grati, afferma Grün. Non bisogna vietarsi il dolore. Occorre acconsentirci di soffrire, sfogare i sentimenti caotici e trasformare il rapporto con la persona perduta in una nuova relazione. Quella persona diventerà una guida interiore. Occorre accettare la morte, la separazione dal proprio partner. La maturazione avviene solo a patto di accettare la sofferenza.

L’autore riflette sulla necessità di trasformare il sentimento, accettandolo per quello che è e interrogandomi sul messaggio che mi trasmette. Anche l’odio racchiude grandi energie, da trasformare da negative in positive, liberando la mia interiorità e utilizzando quella forza per vivere meglio. Dio può aiutarmi a trasformare con il suo amore la mia aggressività in amore.

Occorre stare da soli, soli con Dio. Va evitata l’invidia, guardando con riconoscenza me stesso e la mia vita, senza voler copiare quella degli altri. Anche la gelosia è effetto dell’amore. La eviterò coniugando amore e fiducia nell’altro, nel partner e nell’amico.

In cammino

Agosto ha come logo “In cammino”. Ferie è uscire, abbandonare vecchie abitudini, andando verso la libertà. L’uscita può essere fatta anche rispetto ai sentimenti del passato. Dal passato esco in direzione del presente, facendo ingresso nell’attimo presente.

Partire significa anche affidarsi all’invisibile, abitare il Mistero e andarsene verso casa. Grün gioca sulle parole tedesche Heim casa, Heimat patria e Geheimnis mistero. La nostra casa è anche e sempre la casa in cui Dio abita con noi. Viaggiare a piedi, passeggiare, scioglie le preoccupazioni, fa circolare nuove idee, apre alla creatività.

L’autore si lascia guidare dall’immagine della salita in montagna, in compagnia, per sviluppare varie riflessioni spirituali e psicologiche. Camminare insieme crea legami interpersonali, avendo tutti la stessa meta, la “patria comune”.

La festa della Trasfigurazione mostra la vera essenza di Cristo. Se osserviamo una persona con occhi d’amore, possiamo assistere alla sua trasfigurazione. Il viaggiare esprime la consapevolezza di essere pellegrini per tutta l’esistenza, mentre Gesù cammina con noi. Guardando ai discepoli di Emmaus, camminare è sperare di venire a capo della nostra vita e che i nostri occhi ci facciano scoprire che Gesù cammina con noi.

Molti sono i testi biblici che parlano del cammino. Il camminare è collegato all’esperienza di Dio che fa superare gli ostacoli. Dio è il bastone che mi rassicura. Viaggiare meditando la parola di Dio, rassicura, allarga l’animo, rende saldi i propri passi. La Parola trasforma il senso del viaggio, dando la fiducia di superare le difficoltà. Il viaggio è avventura, è rischiare, è simbolo della vita, è osare con coraggio. Chi vuol vivere deve osare.

Viaggiare significa staccarsi, infrangere rompere gli indugi, spezzare le catene, frantumarci, fissare un orario, iniziare con calma e aspettarsi l’un l’altro. Implica avere la meta chiara, tirare diritti, fare un passo dopo l’altro senza pensare sempre alla meta, mantenere la posizione.

La Festa dell’Assunzione ricorda che anima e corpo sono recuperati e resi perfetti in Dio. Maria rivela la bellezza del creato.

Le pause sono parte integrante del viaggio e della salita. Occorre smettere, riprendersi, sentirsi liberi. Riprendere il cammino può essere difficile ma è un simbolo del cammino interiore che non si ferma mai e termina solo con la morte.

Anche se non è possibile accontentare tutti, la figura di san Bernardo rappresenta una persona che unì vita claustrale, vita politica e attività missionaria. La tensione tra azione e contemplazione porta benefici al mondo intero. A volte, in montagna, si cammina sul crinale. Nella vita occorre accettare le proprie paure e limiti e scegliere un’altra strada, più adatta alle mie esigenze.

Sostare in vetta è un’esperienza esaltante. Valeva la pena della fatica. È un momento liberatorio. Dall’alto, la vita quotidiana si ridimensiona, si relativizza ed emerge l’essenziale. Occorre sapersi fermare in vetta e rivivere spesso quell’esperienza una volta tornati a valle.

San Bartolomeo dalla pelle scorticata è l’immagine del nostro essere davanti a Dio nudi, con fiducia illimitata in lui. L’amore di Dio fluirà in me proprio attraverso le mie ferite.

L’immagine della strada ricorre spesso nei Salmi e nei libri Sapienziali.

Santa Monica è icona della speranza per le mamme di figli fuorviati. Agostino, da parte sua, ci ricorda che il desiderio è una forma di preghiera e che l’uomo è assetato di Dio e dell’amicizia: «Tu ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te». Sine amico nihil amicum affermava Agostino.

La sua figura affascina Grün, perché è umano fino al midollo. Si vedeva come un pellegrino e invita a cantare all’unisono con gli angeli. Canta e cammina! Dio creerà una via santa, rinnoverà le nostre vie, le vie dei redenti, annuncia Isaia. Tra la via larga e quella stretta Grün invita a seguire la via riservata a me, la mia strada, che corrisponde alla mia essenza e non alla strada della maggioranza.

Trasformazione

Settembre è posto all’insegna della trasformazione. Cambiamento è diventare altro, trasformazione è diventare sempre meglio se stessi. Forme di opposizione alla trasformazione ricordate da Carl Gustav Jung – citato molto spesso da Grün – sono il comportamento prescritto, il “dovuto”, così come il successo della propria esistenza e il blocco psicologico sulla continua menzione delle proprie epiche gesta passate.

Gregorio Magno strutturò il canto gregoriano. Il corale, secondo un autore, è l’arte di rendere udibile il silenzio.

La necessità di trasformazione tocca singoli, strutture e istituzioni, in vista di scoprire sempre meglio la propria identità. Un passaggio decisivo di trasformazione è quello del distacco dalla propria famiglia, senza perdere le radici. Una trasformazione fondamentale avviene alla mezza età e si tratta non di mutare stili di vita, ma di passare dall’esteriorità all’interiorità, dall’ego al , dall’apparire all’essere.

La Natività di Maria ci fa pensare alla nostra nascita e alla nascita di Dio nella nostra anima di cui parlano i mistici. «Dio stesso, nascendo in noi, ci mette in connessione con la nostra immagine originaria, impossibile da distorcere» (p. 353).

Cambiare non è perdere, ma fare chiarezza sulla propria identità, a cui possono concorrere anche la rabbia e il dolore.

Il passaggio al pensionamento può far scoprire chi sono, a prescindere dal ruolo avuto in precedenza. Una malattia, anche grave, può far scoprire la possibilità di una vita più intensa, il prendersi tempo per la lettura, l’ascolto della musica, il passeggio lento, la quiete. Solo ciò che è stato accolto in sé nella vita può essere trasformato: si valorizzano i propri talenti, ma si impara anche a capire chi è diverso da noi.

Una metamorfosi può essere favorita da un’esperienza dolorosa o da una emarginazione. Sono un invito ad avere maggiore fiducia in sé, a sviluppare le proprie energie e a riconciliarsi con la solitudine.

L’Esaltazione della croce trasmette un simbolo di trasformazione, dà energia, un’energia spirituale. Cristo ci abbraccia, includendo tutte le opposizioni. Cristo crocifisso guarisce dalla fuga dalla morte; dalla paura fa passare a fiducia e speranza. I sette dolori di Maria Addolorata, espressi nella Pietà di Michelangelo, ci danno fiducia che, con la morte, non cadremo nel sepolcro ma fra le braccia materne di Dio.

La vita si presenta come un flusso continuo tenuto insieme dal senso di coerenza. Dò valore a tutto ciò che accade, mi apro a Dio e alle persone, e non mi fisso nel ruolo della vittima. Anche il dolore è merce preziosa e divenire pienamente umani è trasformare le ferite in perle (cf. Ildegarda di Bingen). Nell’eucaristia c’è la trasformazione del pane e del vino, ma anche di noi stessi.

Jung vede cinque immagini di trasformazione: da pane di fatica a pane disceso dal cielo; la sofferenza si tramuta in salvezza; l’amarezza in dolcezza; il calice dell’afflizione diventa calice di consolazione; il vino mischiato all’acqua diventa metafora del fatto che eleviamo a Dio un miscuglio di sentimenti, perché li trasformi in amore e trasformi la nostra esistenza pervadendola con lo Spirito di Cristo.

Saulo rappresenta un esempio di cambiamento all’improvviso grazie a un’esperienza molto intensa. Anche noi rinunceremo a opporci a ciò che in realtà già ci affascinava. Gesù ci ha insegnato che Dio ci accoglie senza condizioni.

L’Esodo racconta come Dio tramuta la roccia e la terra arida in acqua. Il cuore indurito per soffocamento dei sentimenti, dovrà essere battuto dal bastone della consapevolezza e dell’intelligenza: entrare in dialogo con quei sentimenti pietrificati per convincerli a trasformarsi.

La misericordia con cui Gesù guarda a Levi/Matteo trasforma le persone. Misericordia verso noi stessi e gli altri. Le proiezioni psicologiche possono avere effetti magici negativi. La fiaba dei sette cigni insegna che l’amore della sorella trasforma i suoi fratelli diventati cigni. L’amore incondizionato di qualcuno ci trasforma facendoci assumere la nostra vera forma, essere veramente noi stessi.

Anche il profeta Elia ha vissuto la trasformazione della sua idea di Dio. Ha imparato a restare immobile per prendere coscienza dell’opera silenziosa che Dio stava compiendo nella sua anima. Da gradassi assetati di successo, anche noi verremo trasformati in umili cercatori di Dio, capaci di scoprire Dio nella quiete. La Bibbia è piena di racconti meravigliosi che hanno la capacità di trasformarci. Riconosciamo noi stessi e scopriamo la via che può condurci alla vita buona.

Nicola di Flüe, patrono della Svizzera, è un esempio di profonda trasformazione. Il processo di trasformazione del è, per Jung, una perenne trasformazione, grazie soprattutto ai riti che ci plasmano.

Prendersi del tempo sacro ci fa entrare in contatto con il Sacro che abita al fondo della nostra anima, là dove siamo sani e integri e ci sentiamo coperti e protetti, a casa nostra.

Maria a Cana rappresenta l’anima nostra, il lato femminile della nostra interiorità. L’anima fa gustare all’animus che tutto vuol controllare il nuovo gusto della vita, il dolce sapore del vino.

Gli Atti degli Apostoli parlano del potere trasformante della preghiera: gli ambienti sono scossi dal terremoto e le catene delle costrizioni interiori cadono, cosicché smettiamo di sentirci prigionieri. La preghiera trasforma la paura in fiducia, la ristrettezza in ampiezza, la prigionia in libertà.

Gli arcangeli accompagnano il nostro cammino: rappresentano Dio difensore, Dio che rivela i suoi progetti e che ci accompagna nel cammino. Nel roveto sterile e vuoto, fallito e consumato del deserto, Dio si manifesta nella sua gloria che splende dentro di noi così come siamo. Sperimentiamo la nostra umanità in tutto il suo splendore, nella speranza che Dio possa irradiarsi da noi sugli altri, rendendoci capaci di condurli verso la libertà.

Mollare la presa

Ottobre è posto sotto la metafora del “mollare la presa”. Santa Teresa di Lisieux testimonia che Dio – e non il controllo – sana ogni cosa, anche le tenebre, dando tranquillità e pace. L’angelo custode custodisce il nucleo più profondo di noi, perfino dalla morte. Potranno avvenire danni profondi alla nostra vita, ma l’angelo mi richiama alla memoria che il mio autentico non potrà essere offuscato o ferito da nessuno.

I colori dell’autunno ci rammentano il fatto che anche noi assumiamo magnifici colori: nell’invecchiamento diventiamo più teneri e benevoli. San Francesco è pervaso dallo Spirito di Gesù ed è esempio di mitezza, rispetto del creato, della bontà e dell’amore verso tutti.

L’autunno, col deperire della natura, diventa simbolo della capacità di “mollare la presa”, il potere. Ci invita a chiederci chi siamo, a cercare altri settori in cui cercare il riconoscimento, mollando la presa sul nostro ruolo e relativizzando quel desiderio. La pianta si rinnova lasciando cadere le foglie e i frutti. La nostra esistenza si rinnoverà se saremo pronti a mollare la presa su ciò che si era sviluppato da noi. Sapersi distaccare allena a “mollare tutto” con la morte, sapendo che verremo raccolti e trattenuti dalle dolci mani di Dio.

Per Jung, a partire dalla mezza età, rimane vitale soltanto chi è già pronto a mollare la presa sulla vita, senza volersi aggrappare ad essa cercando la massima quantità di esperienze. Il cumulo di eventi fa da surrogato a una vita non vissuta.

Il “non trattenere” si riferisce anche ai beni materiali, da donare finché si è vivi e non come eredità, che spesso è surrogato per una mancanza d’amore, pensando di procurarsi la certezza di esserci ancora, di essere importanti, che gli altri abbiamo bisogno di noi. Bisogna dare finché nelle mani c’è calore, diceva la mamma dell’autore. I salmi ricordano che non potremo portare con noi alcunché oltre la morte. Occorre esercitarsi allora a lasciare indietro le cose, perché chi si aggrappa ad esse avrà vita dura. Chi tiene stretto il borsellino fino alla fine, avrà un cuore sempre più di pietra. Occorre rinunciare anche alla salute, senza volerci fissare spasmodicamente ad essa, procurandoci ansia. La salute non va adorata: significa mettersi al posto di Dio.

È necessario anche lasciar andare il lutto, promuovendo la vita e trasformando il dolore in amore verso chi ci circonda. Teresa d’Avila insegna che solo Dio basta, ci spinge a essere liberi dalle cose e ad avere fiducia che Dio adempirà i nostri desideri più profondi.

Le foglie autunnali sono dorate. L’oro è il segno dell’amore di Dio. Il nostro oro viene alla luce con splendore particolare poco prima della morte. Il fuoco che affina l’oro ricorda la nostra purificazione attraverso la morte. Scenderemo nelle mani amorevoli di Dio. L’oro è simbolo dell’amore ma anche della sapienza. Nello splendore delle foglie autunnali percepiamo la nostra unione profonda con l’oro che abbellisce la natura ma anche con l’amore che pervade ogni cosa e che, dal profondo di noi stessi, ci connette al resto dell’umanità.

L’evangelista Luca, medico e artista, fine narratore, fa sperimentare l’effetto terapeutico del linguaggio e ci insegna l’arte di una vita sana. Ci invita ad annunciare il vangelo, perché anche oggi i cuori toccati da Gesù ne escano trasformati.

La sequela di Gesù esige il rinnegamento non di sé ma la liberazione dal narcisismo, dalla dittatura dell’ego, per poter vivere il nostro vero . Seguiremo Gesù «mettendo una croce sopra», ogni giorno, ai nostri progetti. La caduta delle foglie suggerisce la capacità di mollare la presa non a tutto in assoluto, ma al nostro modo di agire.

Nella sua predicazione H. Nouwen suggeriva l’atteggiamento di essere a servizio di un messaggio e delle persone, e non del proprio successo. “Lasciare andare” via il proprio ego permette di aprirsi a un vero dialogo con le persone e arrivare all’unità. Chi prova empatia verso le persone saprà superare i conflitti, accettando le differenze e cercando una scelta operativa che stia bene a tutti. Liberandomi dal mio ego, svilupperò la capacità di ascoltare gli altri, le loro sofferenze e rabbie, aumentando l’attenzione, la vicinanza e la dedizione.

Lasciare andare il mio ego porta all’umiltà che san Benedetto raccomandava come il più importante degli atteggiamenti interiori. L’umiltà (Demut) porterà al coraggio (Mut) di immergermi in me stesso, riconciliandomi anche con la mia parte più prosaica. Evagrio Pontico invita a scrutare umilmente la verità di noi stessi, e con questo ci passerà la voglia di giudicare il prossimo.

Nouwen ricorda come una scalata libera dall’ego, fa vivere qui e ora, senza voler essere sempre più avanti. Anche la stanchezza può essere l’occasione per lasciarsi andare ed essere liberati dall’ego. La stanchezza lo fa al posto mio. La morte è l’ultima esigenza di mollare tutto e di lasciarci cadere nelle braccia amorose di Dio.

San Volfango suscita la speranza della pace sociale e che anche nella politica e nella Chiesa si sviluppino nuove idee.

Oscurità

Novembre è posto sotto la metafora del “tempo di oscurità”. I santi sono icone della speranza nella buona riuscita della nostra esistenza. In essi traluce qualcosa della gloria e della bontà di Dio, della sua misericordia e del suo amore. Ci incoraggiano ad affrancarci dal potere di questo mondo, dalla tirannia dell’ego e a dare testimonianza di quel autentico che ci è stato dato da Dio. I santi sono i veri “illuminati”, immersi in un Amore più grande, capace di risanare e liberare.

Commemorare i morti è ricordare che ora essi vivono al cospetto di Dio e che l’amore è più forte della morte. Ci ricordano la fugacità della vita, da vivere intensamente e consapevolmente.

La nebbia può essere deprimente, perché getta un velo su tutte le cose, ci separa dalle persone e rimanda alla nebbia che sta nei nostri cuori e nelle nostre anime. L’esperienza della solitudine è però altrettanto indispensabile al cammino umano per riconoscere l’oscurità. E questo rende saggi. Passeggiare nella nebbia può renderci più presenti a noi stessi, ricordarci la transizione verso la dimensione eterna e a dissolvere ciò che è rigidamente definito per immergerci nell’infinità di Dio.

Il freddo e l’umidità possono indurre all’autocommiserazione, ma anche a portare a uno sguardo più consapevole sulla nostra esistenza inforcando gli occhiali della gratitudine.

Novembre potrebbe mandarci in depressione. Essa è un grido di allarme dell’anima di fronte a immagini di sé stessi troppo esasperate e insostenibili. Essa ci invita a essere persone e basta, riconciliandoci con noi stessi così come siamo. Le forme che mi privano di energia invitano invece a prendere un po’ di tempo per sé stessi e a fare un passo indietro.

Il dolore per la morte dei propri cari ci invita a rielaborarlo trasformando il dolore che nega la vita in un dolore che promuove la vita. Ci aiutano i riti che ci riconciliano con l’amore, con le energie vitali e con la forza della fede dei nostri cari. Il lutto va elaborato riconciliandosi con le persone scomparse e con le ferite inferte e subìte, ricordandosi del bene ricevuto, soprattutto dai genitori.

San Martino invita alla condivisione e alla riconciliazione. Fu un ottimo paciere perché in profonda pace con sé stesso.

Novembre invita a presentare a Dio i sensi di colpa verso le persone defunte. Abbiamo fiducia che Dio irromperà nei nostri sensi di colpa per purificarli. Non bisogna rimanerci imprigionati. Si deve trasformare il dolore recuperando il messaggio dato dalle persone e così riprendere l’esistenza. Il lutto è teso a costruire un nuovo rapporto con i propri cari defunti. Sappiamo che l’amore è più forte della morte e non si arresta. I miei cari continueranno ad accompagnarmi. L’amore non va mai perso e possiamo continuare a vivere grazie a tutto ciò che di amore abbiamo ricevuto da loro.

Il lutto è anche un’occasione per ripensare il rapporto con sé stessi. Ora chi sono io? Che cosa devo ancora diventare? Varie persone rifioriscono dopo una perdita, sviluppando nuove energie.

In Germania, il 17 novembre, è la Giornata nazionale del lutto. Affrontare il dolore per la perdita in seguito a eventi bellici e di ingiustizia impedisce di irrigidire i cuori. Non bisogna però fissarsi sul passato, sottraendosi al presente: è un atteggiamento che mutila e consuma.

La penitenza appartiene alla nostra essenza come sfida a migliorarsi. È legata alla preghiera, in cui offrire a Dio ciò che affiora dentro di noi e pensare che in tutto questo Dio irrompe adesso per trasformarlo.

La leggenda delle rose collegata a santa Elisabetta di Ungheria ricorda che la rosa è simbolo dell’amore ed Elisabetta irradiava un amore capace di affascinare le persone, che ne sperimentavano non la forza ma la bontà e la leggiadria. Senza la carità della Chiesa verso i poveri, l’atmosfera della società diventerebbe fredda e arida.

Il dolore e il lutto mandano in tilt la nostra idea di Dio. Una realtà che va accettata. Egli è un mistero incomprensibile, ma è amore inconcepibile. Pensando ai nostri cari defunti sentiamo Dio vicino, un Dio dal volto umano. I nostri cari sono ora accanto a lui e in lui. Dopo la morte c’è la dimora preparata da Gesù e i nostri cari ci portano già con loro nell’eternità e ci vengono incontro.

Nella Pietà di Michelangelo, Maria è come un prisma in cui risplende il Dio-Madre. Al momento della morte Dio-Madre ci stringerà fra le sue braccia e ci farà sentire amati e protetti.

Santa Felicita è come un’imperatrice libera, con una dignità regale perché radicata in sé stessa.

Se daremo fiducia alla misericordia di Dio, ammettendo tutto, attraverso la morte incontriamo Dio con il suo amore misericordioso e anche noi saremo in paradiso come il buon ladrone.

La ruota associata al martirio di santa Caterina d’Alessandria ha vari significati simbolici: i chiodi rimandano ai raggi solari; è la donna illuminata, mistica, libera dagli ingranaggi esistenziali. La ruota del destino può infrangersi! Il latte che sgorga dal capo tagliato è simbolo della sapienza, con la quale Caterina vinse cinquanta uomini. Una volta saltato il vecchio schema di vita, verremo iniziati alla conoscenza dell’essenza delle cose, la scienza della vita. Come Caterina, scopriremo cosa sta realmente al centro della nostra esistenza.

Nel Vangelo di Luca, Gesù che muore in croce si “nasconde” in Dio, si abbandona al suo abbraccio. È un evento “teatrale” che conduce alla catarsi, alla trasformazione interiore: i presenti trasformano la paura in fiducia, il dolore in amore.

La morte di Stefano raccontata da Luca mostra che, oltre la morte, ci attende non solo la gloria di Dio ma anche Gesù come compagno di gara e giudice che conferisce la medaglia della vittoria. Per Luca, Gesù è promotore di vita, aiuta ad attraversare le difficoltà. Maria incoronata, redenta, è icona della speranza che, alla fine della corsa della vita, anche noi verremo incoronati.

Il libro dell’Apocalisse mostra che, nella liturgia, si partecipa alla vita della città ultraterrena. Avremo la cittadinanza eterna nella Gerusalemme celeste. Dio rinnova tutto. L’amore ci terrà uniti. Per Paolo la morte è essere con Cristo, la partenza verso un’altra vita, essere in comunione con Cristo e con le persone conosciute in terra. Tutti uniti tra noi, in Dio. La pace eterna è un evento dinamico. Cresceremo in Dio. Rivivremo, vedremo, ameremo, loderemo. È un abbandono in Dio, che ci attirerà sempre più a sé.

Il desiderio

Il mese di dicembre è posto da Grün all’insegna del desiderio. L’Avvento è attesa che mette a contatto col nostro desiderio. Avvento è anelito, nostalgia, desiderio di trasformare le dipendenze (che sono desiderio represso) in desiderio, che fa pregustare ciò a cui si mira, ci mantiene vitali aprendoci al mistero che ci avvolge, aprendoci a Dio. Il desiderio (da sidera, stelle) fa scendere il cielo in terra, fa sì che non smarriamo la stella, il Mistero. Siamo a casa solo dove abita il Mistero, l’amore di Dio (anche qui Grün gioca con Heimat, Heim, Geheiminis).

I simboli dell’Avvento ci lasciano percepire qualcosa del mistero che abita in mezzo a noi. Soffocare il desiderio e il bambino che è in noi fa mancare freschezza, creatività, vitalità, delicatezza interiore, l’infanzia interiore, l’immagine originaria che Dio aveva di noi. Rende le persone dure e inavvicinabili.

Santa Barbara è modello di realizzazione di sé, con indipendenza dal padre. Sacerdotessa, custodisce il fuoco sacro, preserva il fuoco perché non si spenga nel gelo del mondo. Porta a tutti Cristo, luce nelle tenebre, con vitalità.

Per A. Stadler la speranza è un sinonimo di anelito, di nostalgia. In tutti è radicato il desiderio di amore e di sicurezza e, in ultima analisi, del mistero di Dio.

San Nicola è una figura paterna che condivide i propri doni, le opere di carità. Interviene quando le persone sono in un vicolo cieco, aiuta nelle difficoltà maggiori. È un punto di riferimento per i padri che si mettono in gioco per rafforzare gli altri e creare spazi vitali.

Secondo il terapeuta Klaus Renn, il desiderio è un salutare metodo per raggiungere la pienezza di vita, il fertile fondamento dell’anima. Occorre attraversare tutti i sentimenti, anche cupi, per raggiungere la base della nostra anima, la sorgente della gioia.

L’Immacolata Concezione trasmette un messaggio e un’idea ottimistica dell’umanità. In noi, come in Maria, esiste un abisso non influenzato dal male: è il fondo più abissale dell’anima. Lì siamo puri e luminosi, liberi dalla colpa. Non bisogna negare o bypassare le nostre colpe, ma attraversarle per raggiungere il fondo dell’anima, lo spazio del silenzio esente dal peccato e dalla colpa, uno spazio sacro che, a dispetto di tutti gli errori e fratture della nostra esistenza, ci offre la possibilità di preservare la nostra identità. Il desiderio fa estendere il mio cuore ristretto, in modo da farmi crescere verso la forma unica, sorgiva, che Dio ha voluto per me.

L’Avvento è il tempo propizio per protendersi verso Colui che viene a prendere dimora in noi e a colmarci del suo Spirito.

Le delusioni affettive sono segno di un desiderio di amore assoluto, tengono desto il desiderio a trascendere le esperienze concrete, ci aiutano a relativizzare ciò che facciamo. Col desiderio siamo liberati dallo stress dell’idea che i rapporti interpersonali debbano a ogni costo realizzare il nostro sogno di una società migliore. Diremo addio alle delusioni. È normale che esistano, ma serviranno a ridestare in noi il desiderio del vero amore, della patria definitiva, della sicurezza totale, della pienezza.

Il desiderio può fiorire da qualunque cosa ammirata: il paesaggio, una rosa, una panchina, un pasto gioioso ecc. Dio ha posto in ogni cosa una tensione verso la pienezza. Le cose sono simbolo di una realtà più grande. I profumi del Natale riaccendono in noi il desiderio profondo che avevamo da bambini: desiderio di casa, di amore, di sicurezza e di mistero. Nelle cose (un profumo, l’incenso, l’aroma che viene dal forno ecc.) è racchiusa una promessa che le trascende, Dio.

Se vuoi costruire una nave, insegna alle persone a sognare il vasto, infinito mare. Nella vita occorre un anelito che vada oltre il piano visibile e sia sorgente di creatività.

La poetessa Nelly Sachs affermava che tutto inizia dal desiderio. Era convinta che Dio ha seminato persino nella sabbia il sogno che ne derivi qualcosa di nuovo. Gli oggetti quotidiani sono per lei «prodotti di scarto del desiderio». In essi cova il desiderio di ciò realmente implica una stufa o una culla: il calore, la casa, il senso di comunione.

Le Antifone in “O” ardono di desiderio, sono colme di immagini tratte dall’AT e riferite a Gesù, e vogliono imprimere sempre più profondamente la sua immagine nei nostri cuori. Desideriamo sapienza, forza, dolcezza. Quando arriva Cristo-Sapienza, cresce in noi la capacità di scrutare il mistero della nostra esistenza, scorgiamo la strada che porta alla realizzazione del nostro desiderio più profondo. Troveremo la pace in noi quando consentiamo che la persona amata o i nostri successi fanno scaturire in noi quel desiderio profondo che ha per ultima destinazione Dio.

I canti di Avvento (Grün cita un canto tedesco) danno voce al desiderio che la nostra vita possa cambiare grazie alla venuta di Gesù: Gesù è il consolatore che dona capacità di resistenza e speranza, ma anche il sole che disperde le tenebre e penetra la nostra solitudine per affrontarla con noi (consolatio rimanda a solus, la solitudine).

Un altro canto tedesco (“Maria ha attraversato una foresta di spine”) riecheggia la nostalgia dell’Assoluto, il desiderio che la foresta di desolazione si trasformi in un campo di rose. Con Cristo “sotto il cuore” attraverseremo i rovi dell’esistenza trasformandola in un bosco di rose.

Il canto “Arriva una barca carica” esprime il desiderio di arrivare a un porto, a una nuova situazione di vita. La barca è simbolo dell’incontro di due mondi: mare e terraferma, cielo e terra, Dio e umanità. È stata interpretata come simbolo di Maria che porta a noi Gesù o simbolo dell’anima. L’amore di Dio mette in morto la barca e la fa giungere al porto che siamo noi. È il viaggio spirituale della parola di Dio fino al cuore umano, dove poi nascerà Dio. Maria, per Taulero, è immagine dell’anima credente che si apre all’incarnazione del Figlio di Dio.

L’anelito è verso Dio che abita i cieli, ma che è anche dentro di noi, santifica la nostra dimensione più intima: a Natale celebriamo la nascita di Dio dentro di noi, nella nostra anima. La natività nel cuore colma il nostro desiderio più profondo, significa un contatto con l’immagine di Dio inscritta in noi, immagine che è in noi da sempre e che nulla può deformare.

Dio scende nelle profondità dell’anima umana, trasformando le tenebre in luce; grazie a quell’amore di Dio siamo diventati umani fino in fondo.

Maria è simbolo dell’amore materno di Dio. Nell’incarnazione del Figlio, Dio si mostra in tutta l’intensità del sentimento che prova per noi, il fondo del cuore di Dio. Il Bambino che nasce è luce che illumina gli angoli più riposti del nostro corpo e della nostra anima. Luca descrive con parole amorevoli la nascita di Gesù e spiega il mistero in termini dolcissimi (Magnificat, Benedictus). Gli angeli cantano l’Incarnazione, annunciano l’eudokia di Dio, la sua benevolenza, verso l’intera umanità.

Il Prologo di Giovanni sottolinea teologicamente che, nel Figlio Gesù, Dio pronuncia la propria parola, e in lui ci sono la vita e la luce. Nella Parola brilla la luce che fa sì che camminiamo nella luce. È un desiderio radicato in noi da sempre: essere illuminati e, in quella luce, rinnovarci senza rimanere incollati al passato, e poter cominciare di nuovo. La gloria di Dio risplende in un uomo, il Bambino. Da lui Dio irradia su di noi luce e amore; per questo «il Natale è una festa dal forte effetto benefico» (p. 500).

Dopo il Re entra in scena il soldato, Stefano, che muore. La pace non domina ovunque solo perché è Natale. Ma le aggressioni e le ferite non potranno mai separarci dall’amore di Cristo, che dà una forza per resistere a qualunque traversia.

La festa di san Giovanni evangelista ci presenta l’apostolo dell’amore che torna continuamente sulla luce e sull’amore che hanno brillato in Gesù Cristo. Contemplando il Verbo/Parola di Dio nell’uomo Gesù, verremo risanati in lui. Chi ama passa dalla morte alla vita. «Amatevi gli uni gli altri»: si dice che Giovanni abbia ripetuto solo questo, dopo aver smesso di predicare.

L’amore impotente che si irradia dal bambino Gesù è più forte di tutte le potenze della terra. Erode vuol tenere tutto sotto controllo, il bambino nella mangiatoia invece è colui tramite il quale Dio farà fiorire la vita di cui essere grati.

Contemplare l’evento dell’incarnazione raffigurato in grotte, rovine o stalle ci fa bene. Dio ci ha scelti come luogo della sua nascita, così come siamo. Non siamo costretti a essere perfetti. Dio ripristinerà le nostre rovine, trasfigurerà il mondo rappresentato dalla grotta, grembo materno ma anche simbolo delle viscere della terra. Il mondo non è abbandonato alle forze del male, ma «resta pervaso dalla vita divina che, tramite Cristo, è penetrata nel nucleo stesso della Terra. Per questo il Natale rafforza in noi la speranza che il mondo non sia perduto» (p. 506).

Gesù che nasce sul nudo suolo trasforma il mondo col suo amore. La mangiatoia rappresenta il nostro cuore in cui far nascere Gesù. Le fasce che lo avvolgono lo fanno giacere su una specie di altare. Il Natale si ricollega al mistero eucaristico: «Dio a Betlemme ci dona suo Figlio, che poi rimane sempre presente tra noi nell’eucaristia. La quale non sta, quindi, soltanto in rapporto con la morte e risurrezione di Cristo, ma anche con la sua nascita» (p. 507).

L’ultimo giorno dell’anno invita a rivisitare il bello e il doloroso vissuto nei suoi giorni. Mi riconcilio col passato, sono riconoscente perché custodito da Dio. «Ho la sensazione che adesso, sì, posso congedarmi dall’anno e riaffidarmi alle mani di Dio; fiducioso che, quand’anche il passato non sia sempre stato il massimo, verrà sempre trasformato in benedizione» (p. 508). Dialoghi e condivisioni di vedute fra parenti e amici faranno apprezzare la bellezza della differenza.

Un pranzo solenne e la preghiera lenta del Padre nostro possono sigillare degnamente l’anno che si chiude.

I riti sono importanti per Grün, che, nelle sue riflessioni, tiene sempre strettamente unito lo spirituale e l’umano concreto. Egli è convinto che la fede cristiana può davvero dare un grande contributo perché ogni uomo possa «vivere ogni giorno con fiducia».

  • ANSELM GRÜN, Vivere ogni giorno con fiducia (Scintille dello Spirito), Ed. Paoline, Milano 2023, pp. 5512, € 28,00, ISBN 9788831556057.
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