Mi basta una lamentela. Il Vangelo di Pasqua descrive la scena di Maria e dei discepoli che vanno a fare visita al cimitero ma Gesù non si fa trovare nella tomba! Singolare l’atteggiamento di Maria: convinta che la sua consolazione sia piangere un morto e quando non lo trova si dispera.
Cercano un cadavere su cui piangere e affliggersi, lamentarsi e provare quella dolce nostalgia. Ma trovano un vuoto, Gesù è assente! Quell’assenza li spiazza, li sorprende, li invita a interrogare la loro rassegnazione: ci basta realmente un cadavere su cui piangere?
Ci basta cercare tra le cose di quaggiù (Col 3,1-4), tra le cose basse, tra le assenze e i sepolcri puzzolenti? Non è forse vero che ogni peccato o debolezza nasconde un’assenza con la quale non ci siamo riconciliati? Non è forse vero che ogni assenza ha scavato in noi un senso di tristezza quasi normale che solo Gesù ci aiuta a oltrepassare (Pasqua è “passare oltre”).
L’assenza che ci sfida. Molti vuoti e assenze nella nostra vita ci interrogano, ascoltiamo seriamente le loro domande: cosa mi spinge a cercare questo vuoto? Questa assenza quali desideri e bisogni dischiude? In questa assenza non c’è forse il desiderio di essere amati, di essere riempiti di considerazione e di essere riconosciuti? Quante assenze ci parlano di questi desideri buoni?
Il pericolo in agguato è quello di rassegnarci all’assenza, rimanere paralizzati di fronte al vuoto: pensiamo al disagio di molti giovani senza punti di riferimento. (Il sociologo De Rita oggi – 8 aprile 2013 – sul Corriere della Sera ha dichiarato: l’Italia è un paese che galleggia, a basso tasso di relazioni interpersonali e ad alto tasso di egocentrismo, senza nascite e molti novantenni).
Un’assente presente. Maria e i discepoli vedono un’assenza e credono in una presenza: così inizia il cristianesimo. Vedono il sepolcro vuoto e credono che è Risorto. Un’assenza che indica una nuova presenza. Scoprono di non esser fatti per l’assenza ma per la presenza, per le relazioni, per il contatto vivo con Dio, per amare ed essere amati. Siamo fatti per cercare in alto (Col 3,1-4): cioè cercare gli altri e non solo noi stessi. Cercare il meglio e non il buono.
Cercare di più e non di meno. Cercare in Dio e non nel mondo. Cercare nella bellezza e non nella meschinità. Cercare ciò che libera e non ciò che illude. Cercare amore e non consumismo. Oggi anche noi siamo chiamati a vedere nelle assenze e nei vuoti della nostra vita, presenze diverse di persone e di fatti nuovi. L’assenza accende il desiderio e la creatività: senza delle quali ci rassegniamo, ci adeguiamo all’abitudine e al male.
Una splendida canzone del calabrese Dario Brunori, ci invita a raccontare la nostra storia, la realtà e la società con parole nuove: piene di presenza, di vita e di speranza.
Ma vedrai che andrà bene
Andrà tutto bene
Tu devi solo metterti a camminare
Raggiungere la cima di montagne nuove
E vedrai che andrà bene
Andrà tutto bene
Tu devi solo smettere di gridare
E raccontare il mondo con parole nuove
Supplicando chi viene dal mare
Di tracciare di nuovo il confine
Tra il bene ed il male.