Nella prima metà del III s. Origene, predicando a Cesarea sul passo di Lc 2,1, così si esprimeva: «Qualcuno dirà: Evangelista, a che ci serve questa narrazione che racconta del “primo censimento” del mondo intero al tempo dell’imperatore Augusto, del viaggio di Giuseppe… il quale andava come tutti gli altri, a iscrivere il suo nome sulle liste del censimento, e della venuta al mondo di Gesù prima della fine del censimento stesso? Per chi guarda più attentamente, tutto questo è il segno di un mistero: era necessario che Cristo fosse così censito in quel censimento universale, perché, iscritto tra tutti gli uomini, santificasse tutti; e, menzionato nel registro del censimento con tutto il mondo, a tutto il mondo offrisse la sua comunione; e, dopo questo censimento, censisse insieme a sé tutti gli uomini “nel libro dei viventi” (Ap 20,15) e chiunque avrebbe in seguito creduto in lui “venisse scritto nei cieli” (Lc 10,20)” (Omelia XI su Luca).
L’intuizione di Luca di far nascere Gesù nel momento in cui tutto l’impero, tutti i cittadini dell’impero sono chiamati a “iscriversi”, cioè a dare il proprio nome e così compiere quello che il censimento richiedeva, è intuizione che forse mai come in questo Natale 2020 si fa realtà!
Forse Luca, insistendo così tanto su quel «censimento di tutto l’impero» – che sembrerebbe storicamente mai verificatosi, o perlomeno non in una dimensione così universale – voleva far comprendere che quel Bambino che nasceva era Colui che, da Unigenito, diventava Primogenito di tutti i fratelli, e che, in certo modo, in Lui che nasceva c’erano già i “tutti” che sarebbero nati e che, in anticipo profetico, andavano a porre in Lui il loro nome, le loro persone.
E allora mi piace pensare che forse mai come in questo Natale ognuno è davvero invitato a nascere in Lui come nasce Lui, aprendo gli occhi come li ha aperti Lui e come li apre ogni neonato, su una realtà nuova, per tanti versi ancora tutta o quasi tutta da scoprire, come è nuova questa realtà della pandemia, realtà universale, che coglie tutti di sorpresa, di fronte alla quale ci troviamo tutti come neonati, a guardarci intorno scoprendo ad ogni apertura di occhi qualcosa che non ci saremmo mai aspettati di vedere.
Mi piace pensare che siamo questa intera umanità che sta giacendo in una mangiatoia perché il posto dove dovremmo stare non è ancora pronto, non può ancora accoglierci, non siamo ancora riusciti a renderlo disponibile per tutti: e finché non lo sarà per tutti, non può esserlo per nessuno.
E mi piace pensare che, in questo nostro stupirci e meravigliarci della realtà così nuova nella quale viviamo, una realtà così universalmente dolorosa e faticosa, imprevista e così difficile da vivere, possiamo anche noi scoprire che siamo tutti “amati dal Signore”, che è tutta l’umanità ad essere amata dal Signore, e amata adesso, trovandoci tutti in questa condizione; scoprire che fin da adesso, nascendo in Lui e come Lui, aprendo come ha fatto Lui gli occhi su questo mondo che ci appare così nuovo e irriconoscibile, possiamo udire quel canto di lode e di gloria che si elevò al Padre, stupendoci anche noi, come si stupirono i pastori, nel vedere «quella parola che è avvenuta e che il Signore ci fa conoscere» (Lc 2,15).