La soppressione della Comunità Regina Pacis di Verona ha suscitato vasta eco nella stampa e nella pubblica opinione. Per chi non conosceva questa realtà dall’interno, una tale scelta può apparire come un evento scandaloso, clamoroso e improvviso, un arbitrio ingiusto perpetrato da una Chiesa che vorrebbe cancellare ogni traccia di novità suscitata dallo Spirito.
La Comunità Regina Pacis era stata fondata a Verona per volontà di Luigia Scipionato e di don Lorenzo Fontana SDB con il consenso del marito di Luigia, il dottor Alessandro Nottegar, e la collaborazione attiva dei coniugi Granuzzo nel 1986.
Pensata all’inizio come realtà dove far convivere alcune famiglie, si era poi sviluppata nel tempo come esperienza nella quale venivano accolte persone nei diversi stati di vita, senza un progetto chiaro, senza una seria formazione spirituale e senza una finalità consapevole. Lo scopo sembrava quello di vivere tutti insieme sotto lo stesso tetto, famiglie, religiosi e sacerdoti, come le prime comunità cristiane (ammesso che queste vivessero davvero in questo modo stravagante).
Negli anni, inoltre, erano state aperte anche alcune case in zone molto povere del Brasile e in altri paesi, dove si servivano le persone più disagiate. Detto così, tale modello potrebbe sembrare affascinante e coinvolgente, così come appariva la comunità a chi vi si avvicinava. Ma una facciata così splendente nascondeva al suo interno delle gravi lacune e uno stile poco evangelico.
A causa di queste criticità, segnalate alle autorità competenti, nel 2017 è stata indetta una visita canonica con conseguente commissariamento della Comunità Regina Pacis, prima da parte del vescovo di Verona e, in seguito, da parte della Congregazione vaticana per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica.
Durante quattro anni di indagine e di accompagnamento, nei quali i visitatori prima e i commissari poi hanno potuto effettuare un ascolto attento e libero di tutti i membri della comunità, compresi alcuni tra i molti già usciti negli anni e delle persone vicine all’opera, sono emersi gravi problemi riguardanti il governo, le relazioni all’interno delle comunità, la spiritualità, la formazione dei membri e la morale.
Il Decreto di soppressione della Congregazione vaticana evidenzia l’assenza di «originalità e affidabilità del carisma di fondazione», così come la «scarsa consistenza dei testi ispirazionali, soprattutto in ambito ecclesiologico e della formazione dell’associazione», ovvero un’esperienza di vita sorta senza un vero carisma divino, ma per volontà umana dei fondatori.
Inoltre, il Decreto sottolinea come ci siano state delle «carenze istituzionali, soprattutto nel governo che di fatto risulta a conduzione più familiare che statutaria». Tale affermazione significa che la Comunità veniva portata avanti da Luigia e dalla sua famiglia, le quali avevano il controllo di ogni cosa. Non c’era ambito o decisione benché minima che non dovesse avere il beneplacito della fondatrice.
A tale proposito, infatti, il Decreto continua affermando che tale modalità di governo veniva portata avanti «con indebite ingerenze nella coscienza delle persone, nella vita coniugale e nell’esercizio della potestà genitoriale». È facile comprendere che la Congregazione vaticana sta affermando che ci si trovava davanti ad abusi di potere e ad abusi di coscienza, che condizionavano non solo i singoli membri ma addirittura le scelte dei genitori nei confronti dei figli.
La gestione del potere era tale da far sì che la fondatrice arrivava a sostituirsi ai genitori, tanto da sentirsi in diritto di allontanare i figli dalle loro famiglie quando questi non avessero corrisposto all’educazione da lei imposta. Una tale distorsione della realtà era resa possibile grazie a una raffinata mistificazione, che portava a spiritualizzare ogni situazione, facendo coincidere la volontà di Dio con la volontà della fondatrice. Tale processo, che chiamiamo abuso spirituale, ha creato grandi sofferenze in molte persone, minando la loro libertà di coscienza, la loro fede, la percezione di sé e l’immagine stessa di Dio.
Vi sono altri aspetti lacunosi e problematici che non possiamo affrontare in questo breve articolo. Ma non è difficile comprendere che laddove si verifichino abusi di potere si è lontani da uno stile di vita evangelico e si è lontani da una trasparenza nella gestione delle opere, a tutti i livelli.
Non si poteva tacere ancora di fronte a una tale aberrazione. Era necessario che questi errori venissero alla luce per poter evitare che altre persone ne dovessero soffrire. Non si vuole in alcun modo giudicare chi ha commesso tali abusi e le loro intenzioni. Ma il fine non giustifica i mezzi e le buone intenzioni non santificano gli errori.
Il lavoro del commissario pontificio, sr Marisa Adami, e del suo assistente, padre Amedeo Cencini, è stato encomiabile. Durante due anni hanno cercato di aiutare le persone rimaste nell’opera a diventare consapevoli del plagio subìto per poter eventualmente salvare la Comunità, con una rifondazione scevra degli errori emersi. Ma tale fatica si è rivelata vana e l’impegno profuso sterile, al punto che il Decreto della Congregazione vaticana afferma che «l’associazione Comunità Regina Pacis non mostra di aver acquisito una maturità carismatico-istituzionale che possa assicurare un sano sviluppo per il futuro».
Le attività caritative in Brasile verranno portate avanti fino alla fine dell’anno scolastico, cercando poi un modo di farle proseguire. Come ha scritto il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, siamo chiamati ad accettare questa decisione in spirito di obbedienza, «certamente riconoscendo il bene che è scaturito da questa esperienza di vita, ma riconoscendo e accettando in questa decisione della Chiesa anche un indirizzo chiaro di comportamento e di stile di vita. Così come ci ricorda anche sant’Agostino: «Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre».
Dio è capace di trarre il bene anche da situazioni ambigue e da intenzioni non pure, ma questo non ci esime dal cercare sempre la verità e dal condannare con chiarezza e fermezza gli errori, come ci insegna la Chiesa con questa dolorosa e coraggiosa decisione.
Mi taccio e non commento l’articolo… ma mi piacerebbe rivedere l’autore di questo articolo felice e radioso come negli anni in cui viveva in comunità…
Ho vissuto per diversi anni come membro interno di questa comunità. Posso tranquillamente affermare che tutto ciò che è scritto è vero. Mi considero una vittima e conservo i traumi di quel periodo. Ho anche avuto momenti felici e ho stretto amicizie per tutta la vita. Ci sono molte altre cose terribili che sono successe all’interno, ma che non saranno mai esposte alla luce. Lo stesso autore di questo articolo ne è stato testimone e complice, poiché ha accettato certe decisioni (sbagliate) senza opporvisi. Spero che tutti i membri dei cuori puri (di cui ho bei ricordi) possano trovare la via della felicità e della pace.
CONCORDO PIENAMENTE CON QUANTO DICE DEBORA… ANCHE IO HO FREQUENTATO LA COMUNITÀ E HO TROVATO UNA PACE NEL CUORE FANTASTICA… DOPO CHE PREGAVO LI…. QUINDI SOTTOLINEO LA RELIGIOSITÀ E VALORI IMPORTANTI CHE DIMOSTRAVANO TUTTE LE PERSONE CHE C ERANO…
Sono veramente dispiaciuta nel leggere queste notizie…io che ho frequentato la comunità come giovane posso dire che Luisa per me è stata sempre una mamma per tutti umile con stile evangelico e mai giudicante, piena di amore e misericordia e lo era per tutti che mettevano piede in comunità, io andavo sempre con gioia e ho sempre trovato aiuto comprensione e pace…non mi ritrovo con quanto scritto perché io ho ricevuto tanto e ho fatto esperienze profonde anche spiritualmente che ancora oggi mi guidano…e anche per i miei genitori e mia zia disabile…noi siamo sicuri che l’opera è di Dio risorgera’….
Si poteva procedere serenamente in modo diverso, senza sopprimere. Sono realtà troppo nuove che necessitano pazienza, prudenza e capacità di discernimento. Si accetta in obbedienza quanto la Congregazione ha disposto, sperando che adatti le procedure di discernimento.
Con riferimento agli articoli apparsi su diversi quotidiani e anche sul vostro Settimananews circa la soppressione per Decreto Pontificio della Associazione Comunità Regina Pacis desidero esprimere il mio dolore insieme ad alcuni pensieri.
Ho conosciuto Alessandro Nottegar e la sua famiglia partecipando al gruppo di preghiera che avevano iniziato insieme ad un sacerdote Salesiano.
Sempre insieme e sotto la guida del sacerdote la famiglia Nottegar con altre coppie ha dato inizio alla Comunità Regina Pacis.
La presenza del sacerdote era per me un segno di garanzia della presenza della Chiesa e così è stato.
Mi aveva colpito la storia di Alessandro che dopo aver percorso un tratto di studi presso i Servi di Maria, in seminario, aveva lasciato con scelta sofferta ma decisa questa strada e dopo aver conosciuto Luisa si era sposato e aveva intrapreso gli studi di medicina fino alla laurea.
Era un uomo molto umile e molto sensibile con una preparazione anche teologica data appunto dal percorso intrapreso in seminario.
Ma la cosa che veramente mi ha illuminato, allora io giovane fidanzato, è stato conoscere la sua storia di Marito Padre e medico che al termine della laurea in medicina aveva deciso con tutta la famiglia di andare in missione in Brasile, per 4 anni , proprio come medico a curare i poveri in una missione della Congregazione San Giovanni Calabria.
L’ammirazione che avevo si è poi fatta concreta con la nascita della Comunità sulle torricelle alla quale ho aderito con molto entusiasmo per la bella novità spirituale, sempre accompagnata dalla presenza del sacerdote, nell’intento di riunire famiglie e singoli in uno stile di vita evangelico che aiutasse tutti a percorrere un cammino di “santità” che fino ad allora , salvo pochi casi , era riservato ai consacrati.
In questo senso abbiamo iniziato un percorso di formazione , mai smesso, per conoscere e vivere il vangelo in modo concreto.
Da tutto questo, dopo la morte improvvisa di Alessandro, sono nate le prime opere missionarie in Brasile.
A distanza di pochi anni dalla missione della fam. Nottegar (1978/1982) è iniziata una nuova missione con la creazione prima di una scuola per l’infanzia e via via che i bambini crescevano , per non disperdere tale opera , sono nate di seguito la scuola primaria e la scuola secondaria che tuttora funzionano grazie all’opera dei fratelli interni ed esterni che da Verona si sono avvice,ndati nelle case aperte in Brasile a Quixada, Feira de Santana e Fortaleza.
Non so descrivere l’entusiasmo che hanno messo in queste missioni tanti fratelli e sorelle che ora sono stati in parte sostituiti da vocazioni brasiliane. In Brasile da più di 30 anni c’è una coppia di veronesi, Mario e Rita, che aiuta e sostiene tali missioni fin dalla loro nascita.
Queste opere sono state in gran parte sostenute prima dai fratelli e sorelle interni ed esterni e poi via via che la Comunità si è fatta conoscere, da tantissimi fratelli e sorelle della nostra Diocesi di Verona e di tutta Italia attraverso le adozioni a distanza.
Il nostro aiuto da Verona consisteva nel far conoscere l’opera e nell’organizzare 2 volte l’anno una festa missionaria che raccontava quanto si stava facendo in Brasile per i bambini poveri, accogliendo tutti coloro che avevano deciso per un aiuto concreto con le adozioni a distanza.
Nel corso di questi 30 anni le missioni hanno contribuito a formare umanamente e spiritualmente giovani brasiliani che oggi sono laureati e che forse senza questa opera non avrebbero avuto questa possibilità.
Ho appreso con sorpresa della decisione della Santa Sede di sopprimere l’Opera di Verona, associazione di vita evangelica con stile di vita di tipo religioso, casa Madre e inizio della Comunità e non intendo entrare nel merito delle motivazioni di tale decisione.
Voglio ringraziare tutti i fratelli e sorelle che in questi 35 anni hanno percorso insieme alla comunità un tratto di cammino dando la loro fattiva collaborazione.
Sono particolarmente vicino a tutti i fratelli e sorelle che in questo percorso di Comunità hanno emesso voti privati temporanei e perpetui nell’Associazione e che con questa decisione vengono a cessare.
Preghiamo e chiediamo preghiera e speriamo che tutto il bene fatto finora, che è la nostra gioia, non venga disperso o snaturato.
In particolare le missioni che in Brasile accolgono gratuitamente circa 700 bambini tra i più poveri, dai piccoli e fino ai 12/13 anni, crediamo debbano continuare perché sono un grande dono per quella gente e frutto visibile della carità e operosità di tanti fratelli e sorelle della nostra Diocesi con certezza che il bene seminato da sempre frutto.
Maria Regina della Pace Prega per noi.
Un fratello esterno
Le intenzioni del cuore le vede e giudica solo Dio, so che dalla Comunità è nato un gran bene, che non deve essere dimenticato e che deve continuare, soprattutto in Brasile… mi chiedo che cosa si possa chiedere di più ad una vedova, con tre figlie da crescere…chi di noi avrebbe speso tutta la propria vita per soccorrere i poveri? Se lei non avesse deciso per la Comunità, forse il relatore dell’articolo oggi non sarebbe nemmeno prete.
Ottima deduzione….forse l’autore avrebbe dovuto fare a meno di scrivere, proprio lui, un articolo del genere. Ma si sa, “nessuno è profeta in casa sua” e quindi neppure il Venerabile Servo di Dio Alessandro Nottegar che l’autore dell’articolo menziona come un normalissimo laico dopo che la Chiesa lo ha proclamato Venerabile! Questa è la verità e la vera “vergogna” visto che la chiesa locale ha fatto calare una coltre di fango e polvere e messo a tacere la santità di Sandro. Ma Gesù disse una volta “ anche se voi tacerete urleranno le pietre” e
Così sarà!
“facendo coincidere la volontà di Dio con la volontà della fondatrice”
Chissà perché questo modo di operare mi ricorda altri, nell’istituzione ecclesiastica, che però hanno fatto carriera.
Grazie per la delicatezza con cui è stato scritto questo articolo.