«Sorridi, anche se il cuore ti duole
sorridi, anche se si sta spezzando
quando ci sono nuvole nel cielo
ci passerai sopra
se sorridi attraverso
la tua paura e al dolore
sorridi e forse domani
scoprirai che la vita vale ancora
la pena di essere vissuta…».
I versi di Charlie Chaplin invitano a sorridere: l’infanzia di Charlie e del fratello Sydney era stata segnata dall’assenza del padre, dalla malattia mentale della madre e dai periodi trascorsi fra collegi e orfanotrofi. Eppure – sottolinea Chaplin – il modo di sconfiggere l’orrore è sorridere, cioè trasformarlo, tramutando la disperazione in una serie di gag.
Insomma, sorridi anche se il cuore ti duole. Sorridi, dunque, anche pensando alla Pasqua, al suo reale significato.
In ogni messa, con l’invocazione della rugiada dello Spirito Santo, la Chiesa implora perché i doni offerti diventino il Corpo e il Sangue di Cristo, e perché la vittima immacolata, che si riceve nella comunione, giovi per la salvezza di coloro che vi parteciperanno.
La teologia della riparazione e dell’espiazione, tuttavia, non esprime altro che il desiderio che i fedeli non solo adorino la Vittima immacolata, ma imparino a offrire sé stessi.
La devozione della Via crucis ci ha già proposto una meditazione, alternata con canti e preghiere, per ricordare le sofferenze della Vittima e insieme scoprirne la profondità, il mistero, dove si sommano il dolore umano nel suo più alto grado, l’amore nella sua espressione più generosa e più eroica, la morte nella sua più crudele vittoria e nella sua definitiva sconfitta.
L’apostola della risurrezione. Credendum est magis soli Mariae veraci, ricorda la sequenza pasquale: si deve prestare maggior fede all’unica che dice la verità, cioè a Maria di Magdala.
Di qui il rinnovato interesse della Chiesa per le donne, che ormai diventano ministre istituite come lettrici, accolite e catechiste. Come racconta il Vangelo di Marco, «Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala» (Mc 16,9).
Questa donna è così importante che su di lei fu redatto un vangelo apocrifo. Nei versetti apocrifi, un certo Levi rimprovera addirittura Pietro, puntualizzando: «Il Salvatore la conosce bene. Per questo amava lei più di noi». Ha ben scritto Patrizia Cotticelli: «Invito appena i lontani a riflettere che il Signore non ha elevato al suo rango di Dio un maschio, ma ha scelto, come collaboratrice dei suoi piani, una donna mortale. Insomma, un vero antesignano del movimento femminista, questo Dio!» (Napoli, 2022).
Insomma, anche per questa via straordinaria la parabola terrena di Cristo tratteggia i contorni della fede che l’immersione nell’esistenza umana rende nitidi per fecondarla, trasfigurarla, liberarla dalle ombre della schiavitù e del peccato.
Chi è nel tempio e ora canta e prega, dev’essere capace – una volta uscito in quel “cortile”, che è poi la vita quotidiana, che è il lavoro, la scuola, la società – di mettere in pratica quello che già secoli fa Pietro suggeriva ai cristiani: «Siate pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. E questo sia fatto con dolcezza, rispetto e retta coscienza» (1Pt 3,15-16).
Non esistono tecniche per fronteggiare crisi epocali come quelle di cui siamo testimoni, né ha senso gestirle attivando conflitti circoscritti, o pensando di ridurre l’impegno a pur nobili e necessarie prassi educative, comunicative, solidaristiche. Allo smarrimento dell’anima moderna, non si possono dare risposte funzionali, ma di senso.
E se la misericordia – alla quale papa Francesco richiama – non è la chiave per ottenere la soluzione dei problemi che ci affliggono, essa è comunque l’unico orizzonte per comprenderli. «A volte – osserva il santo padre – ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono».
È proprio questo il senso della risurrezione: non la mera rianimazione di un corpo, bensì il transito autentico di Dio nell’essere umano, per fecondarci e trasfigurarci, redimendoci così dalla schiavitù della corruzione, della morte, del peccato.
Di fronte a questa sorprendente concezione, si comprende la reazione dell’ebreo Kafka che all’amico Gustav Janouch, a proposito di Gesù di Nazareth, dichiarava: «È un abisso di luce. Bisogna chiudere gli occhi per non precipitarvi».
È la Pasqua. Quella genuina, autentica e luminosa di cui tanto c’è bisogno.
Di cuore, auguri. Buona Pasqua.