I giovani studenti e adulti dehoniani, giunti in Polonia per la Giornata mondiale della gioventù (GMG), erano circa 250 da quattro continenti (esclusa Australia). Per la verità, le indicazioni geografiche vanno strette. I giovani del Texas, ad esempio, erano latini; parlavano e cantavano in spagnolo. Se al mattino prevaleva lo spirito gregario del gruppo linguistico o nazionale, a sera già le frontiere erano state superate nella composizione dei capannelli spontanei.
Si sono radunati a Stadniki, dove c’è lo studentato dehoniano, trovando ospitalità nelle famiglie. Ospitalità cordiale e squisita del popolo polacco. Già dopo un solo giorno dispiaceva separarsi.
Lunedì c’è stata una giornata di incontri: preghiera, riflessione, eucaristia sul tema «È tempo per la misericordia». La riflessione è stata guidata da p. Heiner Wilmer, superiore generale dei dehoniani.
La parola misericordia
È iniziata con il richiamo alle parole di papa Francesco che, inaugurando l’Anno della misericordia, ha ricordato l’etimologia della parola: miseris-cor-dare, dare il cuore ai poveri. Il riferimento per entrambi è stato il capitolo 25 del Levitico, dove si profila l’anno del Giubileo. In particolare, la parte finale dove si invita il popolo a ricordare d’essere stato forestiero in terra straniera, e dunque adottare un atteggiamento accogliente e misericordioso verso il forestiero.
Imparare la misericordia
L’episodio dell’incontro di Gesù con la siro-fenicia ha fatto da fulcro alla riflessione. La misericordia è frutto di ascolto, di apprendimento. Alla misericordia si viene educati. È stato così in un certo senso anche per Gesù. Egli cambia idea, cambia il paradigma della sua missione per l’incontro con questa “migrante”, che incarnava in sé tre motivi di esclusione: donna, straniera e pagana. Questa donna accetta di essere considerata come un “cane”, da un Gesù sorprendentemente brusco, prospettandogli di poter ricevere, come i cani, almeno le briciole di ciò che avanza. Gesù “si converte”, cambia sguardo e amplia l’orizzonte della sua missione: non più una élite esclusiva, ma l’intera umanità. Gesù ha avuto come insegnante una straniera di altra religione.
Decidere per la misericordia
Il dialogo sulla croce con i due ladroni è stata la terza icona. Prima il soldato e poi il ladrone deridono e sfidano Gesù: «Se sei il Figlio di Dio, salva te stesso e anche noi». L’altro ladrone, invece, si appella a Gesù perché si ricordi di lui quando sarà nel suo Regno. E Gesù gli fa dono di una promessa. I due ladroni, nel momento culmine della loro parabola di vita, scelgono diversamente da che parte stare. La gioventù è il tempo delle scelte. Si può vivere l’esperienza di sentirsi derisi o marginalizzati per la propria fede. Oppure ci si dichiara credenti, ma la fede non incide realmente sulle scelte della vita.
Comprensione e compassione
La misericordia del buon samaritano percorre lo spazio che va dalla comprensione alla compassione. Deve prima vedere, toccare, ungere le ferite, prendere sulle sue spalle, farsi carico a sue spese della situazione del malcapitato. Solo attraverso l’esperienza fisica dell’incontro la compassione che matura in lui è genuina e non falsamente pietosa. Non basta vedere e conoscere come non basta commiserare. La misericordia tiene insieme comprensione e compassione.
Diceva il p. Dehon: «abbiamo bisogno di dottori, di apostoli e di santi». Abbiamo bisogno di gente che sa leggere e studiare la situazione (comprensione), di gente che esce da se stessa per farsi prossimo (compassione), di gente sa vivere la santità nel suo senso biblico, cioè di marcare lo scarto della carità (misericordia), saper fare la differenza.
Una sorprendente sintonia con l’invito che papa Francesco avrebbe rivolto ai 600.000 qualche giorno dopo nel parco di Blonia (Cracovia). «La Chiesa oggi vi guarda, il mondo vi guarda e vuole imparare da voi. Io vi domando: le cose si possono cambiare? … La misericordia ha sempre un volto giovane. Un cuore misericordioso sa andare incontro agli altri, riesce ad abbracciare tutti, sa essere un rifugio per chi non ha mai avuto una casa o l’ha perduta, sa creare un ambiente di casa e famiglia per chi ha dovuto emigrare, è capace di tenerezza e compassione, sa condividere il pane con chi ha fame, si apre per ricevere il profugo e il migrante. … Sa fare in modo che le cose siano diverse».