La dimensione invisibile della cura

di:

ammalto

In passato, il tema della cura dei malati era strettamente interconnesso col contesto religioso e spirituale: le persone si affidavano alla benevolenza divina, spesso intrecciando il percorso della loro guarigione con quello della salvezza dello spirito, e pertanto risultava naturale affidarsi alle figure religiose, alle quali era demandato il compito di curare i corpi, così come le anime.  Col passare del tempo si è sviluppata una separazione sempre più netta tra i due ambiti, quindi tra figure dedite agli aspetti fisici della malattia (professionisti sanitari) e sacerdoti o assistenti spirituali, dedicati alla cura dello spirito.

Nella contemporaneità, i mutamenti nel modo di interpretare la malattia, il passaggio da un modello basato sul trattamento (cure) a uno centrato sull’assistenza (care), e la crescente necessità di adottare un approccio olistico che ponga la persona al centro del percorso assistenziale, evidenziano non solo l’infondatezza su un piano teorico della divisione tra le cure fisiche e spirituali, ma anche come la salute e il benessere delle persone siano sempre più legate ad elementi che comprendono la sfera religiosa e, in senso più ampio, la spiritualità.

Oggi sappiano che religione e spiritualità esercitano un forte impatto sulla salute: le ricerche illustrano il ruolo ricoperto dalle credenze spirituali e religiose nel modellare lo stile di vita e ciò si lega al fatto che le diverse fedi religiose e spirituali contribuiscono ad una considerazione del corpo che inevitabilmente influisce sulle indicazioni fornite per preservarne la salute.

Ancora, diversi studi documentano un’influenza delle credenze spirituali e religiose sulla percezione della malattia, della disabilità, dell’invecchiamento, della sofferenza, generando un impatto sulle decisioni che ruotano attorno alla salute e sull’adesione alle cure, soprattutto in ambiti che riguardano aspetti legati alla nascita (scelte contraccettive, procreazione medicalmente assistita, test genetici prenatali, interruzione di gravidanza) e la morte (nutrimento artificiale, eutanasia). Specifiche credenze spirituali possono avere un impatto sulla salute pubblica (si pensi, ad esempio, al tema dei vaccini o delle trasfusioni).

In generale si può dire che persone con elevata spiritualità e religiosità tendono ad avere migliori condizioni di salute, sia fisiche sia mentali.

Perché? Spiritualità e religione sono risorse fondamentali di adattamento e aiutano ad affrontare le condizioni di malattia e disabilità. In altre parole, le persone che vivono già una situazione di benessere spirituale esperiscono una maggiore tolleranza rispetto alla sofferenza, sia a livello emotivo sia fisico. Viceversa, l’incertezza legata alla malattia − che obbliga a sospendere molte delle attività che danno significato alla vita quotidiana mettendo la persona di fronte ai cosiddetti «affari irrisolti» − non di rado porta a interrogarsi sul senso e sul significato della propria vita, avvicinandola, anche per la prima volta, ai temi della spiritualità o rafforzando la fede religiosa.

Chi si ammala matura quindi specifici bisogni spirituali che, se non soddisfatti, possono dare origine a quello che in letteratura viene definitivo «distress spirituale», una situazione che aumenta la sofferenza delle persone.

Nonostante numerose evidenze di letteratura diano conto di questo forte legame tra spiritualità, religione e salute, il tema della cura spirituale non riceve ancora l’attenzione necessaria nei contesti di cura in quanto risulta ancora eccessivamente limitato ad alcuni ambiti clinici specifici, in primis alle cure palliative e al fine vita e, in secundis, alle patologie cronico-degenerative. Tutto questo mentre gli esperti ci suggeriscono di estendere la riflessione anche ad altre aree (ad esempio, la nascita, la disabilità e la salute mentale).

Nel complesso, alcuni studi ci dicono che le cure spirituali vengono erogate raramente. Gli infermieri si occupano di spiritualità solo nel 13% dei casi, e i medici nel 6%. Eppure, il 66% dei professionisti clinici ritiene che la dimensione spirituale eserciti una influenza forte o molto forte su aspetti che riguardano la salute. Gli ostacoli principali all’erogazione delle cure spirituali dichiarate dal personale sanitario sono legati alla mancanza di specifiche competenze e al deficit di tempo da dedicare alla relazione di cura.

È tempo di aumentare il dibattito sui benefici delle cure spirituali. Le evidenze del loro impatto positivo sono difatti molteplici e significative. Promuovere una maggiore consapevolezza e integrazione delle cure spirituali nei contesti sanitari può portare a una cura più completa e centrata sulla persona.

Linda Lombi è Professoressa Associata di Sociologia presso l’Università Cattolica di Milano. Si occupa di salute digitale, Medical Humanities, medicina partecipativa, aspetti sociali delle patologie cronico-degenerative (con un’attenzione in particolare alla malattia di Parkinson). Attualmente è Segretaria presso il RN16 – Sociology of Health and Medicine dell’European Sociological Association (ESA). Il suo ultimo libro è La cura spirituale (Vita e Pensiero 2024).

  • Pubblicato sul quindicinale online VP Plus+, 4 maggio 2024
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