Ci sono cose semplici del quotidiano che ti raggiungono come una folgorazione. Non subito, ma dopo un po’ – quando ritorni con semplicità sulle dinamiche di quello che hai appena vissuto. Quasi sulle sue evidenze, direi, se non fosse che sono talmente lì a portata di mano che puoi mancarle completamente come fossero mai state.
Così, tra un lavoro e l’altro, tra una chiacchierata e l’altra, ieri mi sono improvvisamente reso conto di attraversare una stagione della vita in cui hai ancora tanto da imparare dai tuoi maestri di sempre e, al tempo stesso, apprendi oramai a piene mani (quasi con stupore lieto) da quelli che sono stati i tuoi primi discepoli.
Questo tempo di apprendistato al vivere e al pensare, incastonato tra le generazioni che ti hanno preceduto e seguito, è prezioso e godibile al tempo stesso. È leggero e ne apprezzi con soddisfazione tutti i risvolti. Vedi che i tuoi maestri ti staranno sempre avanti di un passo, ancóra sicura a cui fare riferimento in tempi di confusione e smarrimento. E al tempo stesso vedi che i tuoi discepoli ti indicano la via su cui li puoi seguire, imparando cose che non avresti mai appreso altrimenti.
Ed è giusto e bene che sia così, godendosi questa fase avvolgente della vita – che ha la libertà del dono e il gusto del premio.