Esperienza spirituale cristiana e nuove forme di spiritualità: nasce da questo confronto un percorso che esplorerà le diverse istanze, linguaggi e percorsi che danno corpo alla ricerca di senso che da sempre abita il cuore l’uomo. “La spiritualità oggi. Forma, stili, pratiche” è il titolo del seminario-laboratorio di teologia spirituale promosso per l’anno accademico 2024/2025 dal ciclo di licenza della Facoltà teologica del Triveneto. Sarà guidato dai docenti Marzia Ceschia e Daniele La Pera, che abbiamo intervistato.
– Marzia Ceschia e Daniele La Pera, che cosa cercano le donne e gli uomini contemporanei?
L’uomo e la donna di tutti i tempi sono alla ricerca di senso, di un significato che resista alla fragilità, alla vulnerabilità di cui tutti facciamo esperienza, e che sia in grado di portare alla luce il valore inequivocabile, insopprimibile della propria esistenza.
Cercare il senso è anche cercare i criteri che orientino le proprie scelte, che fungano da punti luce, da indicatori.
Oggi la crisi dei quadri di riferimento, l’esaltazione dell’individuo e dei suoi bisogni, la precarietà delle esperienze in molteplici ambiti del vissuto umano (da quello relazionale a quello lavorativo, a quello religioso), la pretesa da parte della tecnica di rispondere a domande in passato ritenute prettamente religiose (ad esempio quella di una vita “eterna”) rendono questa ricerca più faticosa, talora persino drammatica.
– Quali sono i percorsi di senso, quali i linguaggi e le esperienze che caratterizzano il bisogno di dare significato, senso, orientamento all’esistenza?
È anzitutto da notare che oggi il termine “spiritualità” raccoglie istanze molto diverse con una grande varietà di linguaggi e percorsi.
Rispetto al passato le esperienze spirituali sono percepite di più come esperienze individuali, che non necessitano di mediazioni o di confronti istituzionali. Non esigono neppure il rapporto con una trascendenza.
La ricerca di senso tende a risolversi in una costruzione di significati immanente – sempre riformulabile – che può far coincidere lo “spirituale” con il benessere soggettivo.
Non ci sono, pertanto, approdi assoluti, definitivi, ma itinerari non normativi, che possono, di volta in volta, includere aspetti di religioni e spiritualità differenti. L’individuo ne è la misura.
– L’esperienza spirituale cristiana si trova a confrontarsi con la tendenza attuale di una spiritualità non religiosa, lontana dalle forme della tradizione cristiana. Quale immagine di Dio, del divino, del religioso veicolano le nuove spiritualità?
Sarà questo uno dei temi di indagine del seminario-laboratorio, in merito al quale esercitare uno studio privo di pregiudizi e capace di ascolto.
La questione dell’immagine di Dio e del divino è di fondamentale interesse, sia quella trasmessa dalle religioni tradizionali, sia quella veicolata dalle nuove spiritualità, con l’attenzione a cogliere continuità e discontinuità tra l’una e l’altra.
Le nuove spiritualità prediligono l’interesse a uno stile di vita più che a un rapporto personale con Dio. Il divino è percepito più nei termini di “energia”, di approccio al sacro, un sacro dai contorni mobili, che non include solo il “religioso”, ma può connotare il sapere scientifico, lo psicologico, vari ambiti e momenti della vita personale. Un sacro indubbiamente fluido e plurale, insomma.
– Quali sono i punti di contatto e quali le divergenze fra le forme e le pratiche non religiose e la prospettiva cristiana?
Certamente tra i punti di contatto è la ricerca di un senso all’esistere come al morire e la tensione a individuare percorsi, cammini di libertà e di crescita personale.
La prospettiva cristiana non può, ovviamente, rifuggire dal Dio di Gesù Cristo e da un rapporto personale-obbedienziale con il Padre nello Spirito. È una spiritualità che si incarna dentro una risposta, un libero consenso all’autocomunicazione di Dio, soggetto primo dell’esperienza, per entrare in una relazione trasformante che, nel Verbo Incarnato, trova il suo criterio e nella comunione-comunità la sua verifica.
– Le nuove spiritualità quali provocazioni lanciano alla Chiesa oggi?
L’attuale ricerca spirituale merita di essere profondamente ascoltata dalla Chiesa, in prima istanza per convertirsi a una vita sempre più autenticamente evangelica.
Molti oggi si rivolgono a pratiche e culti alternativi, non solo a religioni e a filosofie orientali ma anche, ad esempio, al mondo variegato delle medicine e terapie non convenzionali: più che temere o criticare questo trend è importante verificare la qualità della testimonianza cristiana ma anche i contenuti formativi che forse hanno dato poco spazio proprio a quello che la gente cerca altrove.
Dell’esperienza della preghiera, della meditazione, della concezione integrale del corpo, della mistica la tradizione cristiana ha moltissimo da raccontare. Secoli di esperienza da condividere. Ascoltando la sete, la domanda degli uomini e delle donne del nostro tempo, la Chiesa davvero può trarre «dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). Conoscere, dialogare e discernere è la sfida e anche la via da percorrere.
Bello soprattutto vedere accademici che si interessano di esperienze umane lontane dalle prospettive cristiane, ne colgono l’importanza, ne valutano la significatività e, anziché condannare tout-court, s’interrogano su cosa la Chiesa abbia dimenticato di comunicare della sua ricca tradizione spirituale.
Bello sarebbe annunciare ancora l’unicità della Chiesa Cattolica, l’unica nella quale c’è pienezza e salvezza. Ce lo ha insegnato Gesù
possiamo anche annunciarlo, ma poi questa ‘unicità e pienezza della Verità’ si vede o è solo propaganda?