«Ricordati la gloria del Padre, e i divini splendori che tu lasciasti, esiliandoti sulla terra per riacquistare tutti i poveri peccatori. Oh, Gesù! Abbassandoti verso la Vergine Maria tu velasti l’infinita tua gloria e grandezza. Oh, Gesù, ricorda i pastori e i Re Magi, che ti offersero in gioia i loro doni ed il cuore: e la schiera degli innocenti, che ti dettero il sangue».
I versi di Teresa di Lisieux ricordano la sua “conversione” avvenuta la notte di Natale 1886 che segnò una svolta nella sua vita: riterrà quel Natale «il più bel periodo (della sua vita), il più colmo di grazie del Cielo». La trasformazione è tale che, nel giro di quindici mesi, la ex bambina piagnucolona di un tempo potrà prender posto fra le figlie di Teresa d’Avila, la quale esigeva per le Carmelitane persone robuste.
Si può allora comprendere l’importanza attribuita da Teresa alla «conversione» di quel Natale 1886.
È sintomatico che ella associ il Natale di Gesù alla schiera degli innocenti. Una macchia di sangue innocente, oggi come ieri, accompagna le luci e le dolcezze del Natale. Gli appelli di Save The Children si moltiplicano, per ricordare le centinaia di bambini vittime della sciagurata guerra aperta dalla Russia in Ucraina.
Già il rapporto del 2021, “Garantire il futuro dei bambini”, raccoglieva prove da 14 Paesi europei e forniva informazioni sulla povertà infantile e sulle famiglie in difficoltà, rilevando che milioni di bambini non hanno accesso all’educazione e alla cura, oppure ne hanno un accesso limitato e di scarsa qualità.
Intanto stiamo assistendo a una crisi alimentare che, sia per la pandemia, sia per gli effetti della guerra, sta colpendo e devastando giovani vite in tutto il mondo, la più grave del ventunesimo secolo: oltre 13,5 milioni di bambine e bambini con meno di 5 anni sono in pericolo di vita a causa della malnutrizione acuta e grave, mentre ben 59 milioni sono a rischio di essere gravemente malnutriti.
Dalla stessa fonte sappiamo che sono 452 milioni i bambini e le bambine in tutto il mondo – uno su sei – che vivono in aree colpite da conflitti; tra questi, 200 milioni vivono in zone di guerra ad alta intensità di violenze.
Questi dati gettano un’ombra pesante sul futuro e contrastano con l’attesa festosa del natale: il rituale consumistico degli acquisti è preponderante, rispetto al significato religioso della festa, che è quasi irrilevante agli occhi dei più. Ai più basta il pellegrinaggio verso i negozi, le luminarie del centro, i preparativi per la festa, le imminenti vacanze.
A fronte di questo vi è la sfida, tutta cristiana, che invita a riflettere sul senso cristiano del Natale e dare senso alla propria vita personale e sociale. Ogni Natale – l’attualità lo conferma drammaticamente – è sospeso tra due estremi: Betlemme e il Calvario, tra il nascere e il morire di Cristo. Ma il suo nascere diventa per noi un rinascere e il suo morire un risorgere.
Questo è il Natale cui tutti dobbiamo guardare, il Natale dei “convertiti”, come Teresa. È lo stesso Natale che celebrarono, con eguale stupore e sconvolgimento, Paul Claudel, Alessandro Manzoni e Charles de Foucault; un Natale che è vera Pasqua verso la vita nuova, nell’accoglienza finalmente “indifesa” di quel Dio che vuole farsi uno di noi.
Proprio su questo, per di più in un momento delicato della storia del mondo, si è tenuti a riflettere, puntando sul da farsi per sconfiggere il pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà, di gramsciana memoria, per fare ciò che si può ed al meglio; per combattere l’indifferenza che è odio, mancanza di amore, disprezzo dei valori morali; per ricordare ai cristiani, nonostante tutto, di amare, operare, testimoniare ed essere sale, luce e lievito; per accendere una fiaccola nell’oscurità, per riaccendere nuovi cominciamenti e nuove possibilità per noi e per l’avvenire.
Vale anche per la Calabria e per tutto il Meridione: non serve soltanto recitare, a mo’ di litanie, le statistiche che parlano di disoccupazione inquietante, emigrazione in ripresa, giovani in fuga, povertà in aumento. Neppure serve scomodare le cronache per avere contezza di quanto siano arrembanti la ‘ndrangheta e la corruzione.
È vero: si vivono giorni in cui, a volte, pare che il sole non trovi spazio, scacciato com’è tra le nubi di miseria umana e materiale, tra la prepotenza dei pochi e la disperazione dei più. Eppure, è proprio in questo terreno, all’apparenza arido, che la speranza attecchisce coi suoi semi già messi a dimora: accanto all’egoismo, all’indifferenza e alla vacuità di molti, c’è una moltitudine di persone che con umiltà, determinazione e senso del dovere, si dedicano silenziosamente ai miseri della terra, all’affermazione della legalità, alla costruzione di una prospettiva diversa.
Gli esempi non mancano, e dimostrano, come scriveva Anatole France, che «per compiere grandi passi non dobbiamo solo agire, ma anche sognare; non solo pianificare, ma anche credere».
È, questo, anche un auspicio per l’anno che sta per nascere insieme con il Bambino di Betlemme, affinché gli uomini e le donne usino meno le forbici della divisione e prendano invece tra le dita l’ago, infilandolo con i fili del dialogo in una matassina formata dai tanti colori dell’ascolto, dell’accoglienza, della solidarietà, dell’amore.