Natale, la visita di Dio

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La storia travagliata delle culture ci dice come per l’uomo sia stata sempre una questione cruciale il passaggio dall’idea alla realizzazione, dal progetto al compimento. Accettarsi nella propria finitudine, nel sapersi “poco-onnipotente” è sempre stata per l’uomo una terribile sfida. La storia ci insegna e ci mostra come le soluzioni al problema ondeggino tra opinioni che vanno dal fatalismo all’idealismo, tra la capitolazione davanti ai limiti della propria umanità e lo slancio di una presunta soluzione.

La festa del Natale, letta con occhi di fede, è la soluzione al problema dell’uomo. La soluzione è tutta concentrata in quella nascita, in quel momento in cui la Vergine dona il Figlio-Dio. Dio bussa alla porta delle “stranezze” e debolezze umane per farsi aprire ed essere accolto. L’uomo è una persona visitata. L’accoglienza di questo Ospite converte la nostra realtà in vista di una qualità radicalmente nuova.

Il Natale è la festa della visita di Dio, più che una manifestazione, la festa della nascita di Cristo è un venire di Dio nella fragilità non del bambino ma nella fragilità dell’umanità. È paradossale come a Natale il vero essere fragile e debole non sia il bambino di Betlem, a cui mancano panni e fuoco, ma è l’uomo ormai affogato nel mare tempestoso dell’individualismo e del consumismo, dove non si accorge che ad essere consumato non sono le cose ma è lui stesso.

Se Natale è la festa della visita di Dio nella sua misericordia, nell’amore e nel perdono, non può essere superflua o banale. Non ci si può abituare a Natale, lasciandoci ammorbare e addormentare da una coreografia ormai ripetitiva e noiosa.

Il Natale – scriveva Alberto Moravia – «mi fa pensare a quelle anfore romane che ogni tanto i pescatori tirano fuori dal mare con le loro reti, tutte ricoperte di conchiglie e incrostazioni marine che le rendono irriconoscibili. Per ritrovare la forma, bisogna togliere tutte le incrostazioni. Così il Natale: per ritrovarne il significato autentico, bisognerebbe liberarlo da tutte le incrostazioni consumistiche, festaiole, abitudinarie, cerimoniose ecc…».

Abituarsi al Natale, ad un cliché ormai consumato è la cosa più brutta che possiamo fare. È come abituarsi all’amore, dimenticando la novità, la passione, la bellezza. Quando i cristiani si abituano al Natale, ne perdono il senso profondo che sta nella visita di Dio all’uomo. Lui, l’Eterno, abitando il tempo e la vita dell’uomo, si prende carico delle sue debolezze e delle sue potenzialità. Banalizzare il Natale oggi è facile come è facile perderne il vero gusto e significato. Da Betlemme sorge un grido per ridire la bellezza della festa quale dono dei doni, dove la vita divina diventa un tutt’uno con quella degli uomini.

Betlemme dice al mondo umiltà/grandezza del dono accolto e amato; Betlemme dice al mondo del Dio beato che tanto gli costò averci amato (sant’Alfonso); Betlemme dice la voglia che l’uomo ha ancora di aprirsi alla visita di Dio per non restare chiuso nella notte fredda dei tempi; Betlemme, infine, dice dell’impegno degli uomini a saper trovare e edificare strade di giustizia e di pace per la realizzazione delle promesse di Dio; Betlemme dice la novità come Dio ha bisogno dell’uomo per rinnovare la storia.

Uno scritto apocrifo del I sec. d.C. (apocalisse di Mosè e vita di Adamo ed Eva) parla della creazione di Adamo. Dio diede ordine ai quattro angeli della terra: Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele di prendere dai quattro angoli della terra fango. Così Dio creò l’uomo Adamo dove si trova il centro della terra: Betlemme. Lo creò puro, a sua immagine, con l’acqua dei quattro fiumi della terra.

Betlemme, la casa dove l’uomo nasce puro, umile (da terra), luminoso, per questo ancora una volta il messaggio di Betlemme è pieno di speranza per un mondo che sembra stanco di accogliere parole di fiducia e di impegno per la vita e la dignità degli uomini.

Paolo VI pellegrino in Terra Santa a Betlemme disse: «Se il mondo si sente estraneo al cristianesimo, il cristianesimo non si sente estraneo al mondo [….], la missione del cristianesimo è una missione di amicizia in mezzo  all’umanità, una missione di comprensione, d’incoraggiamento, di promozione, di elevazione; diciamo ancora di salvezza».

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