Fare piazza pulita di tutte le preoccupazioni quotidiane per immergersi nella realtà di Dio e parlare solo con lui: per molti anni la preghiera ha rappresentato questo con il risultato di tagliare fuori tutti quei laici che di preoccupazioni quotidiane ne avevano a valanga e, di conseguenza, si ritrovavano inadeguati e frustrati.
Altro è la quiete di un monastero, altro la realtà quotidiana di chi si districa, come può, tra famiglia e lavoro. Ma da qualche anno si è aperta un’altra strada per la spiritualità laicale e, nello specifico, familiare: perché mai tutta la realtà in cui uno vive non dovrebbe essere il punto di partenza per un discorso con Dio?
Ecco allora diversi testi che tentano un approccio di questo tipo dimostrando come uno si presenta al cospetto del Signore così com’è, come si trova nella sua realtà quotidiana, non altro.
Uno di questi è fresco di stampa per i tipi dell’editrice Queriniana di Brescia e l’autore – Luigi Gioia – è un teologo fondamentale, già docente al Sant’Anselmo di Roma e attualmente ricercatore al Von Hügel Institute e Visiting Scholar presso la Facoltà di teologia dell’università di Cambridge.
«E se imparassimo a considerare il rumore non come qualcosa nonostante cui pregare, ma qualcosa a partire da cui pregare?» è la tesi da cui dipana il suo testo dimostrando come tutte le attività laicali, anche le più mondane e profane del nostro quotidiano, possono diventare il punto di partenza per una vita improntata alla preghiera.
E ciò che potrebbe, forse, mettere in crisi quanti erano convinti del dover fare piazza pulita del proprio vissuto, è che questa non ha connotati di una preghiera minore, una preghiera di seconda mano: è una preghiera autentica con tutte le caratteristiche del discorso con Dio per il semplice motivo che uno si presenta di fronte al Creatore nella sua interezza, anima e corpo, incarnazione al cubo.
Dillo a Dio. Alla ricerca della preghiera è allora un testo che i laici apprezzeranno proprio per la sua concretezza nel quotidiano. A partire dalle preghiere bibliche, i Salmi, e poi da quelle di Gesù, finiamo per scoprire la nostra identità di figli di Dio.
A dirlo è Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, nella prefazione dove aggiunge: «Scopriamo che pregare non è fare sforzi per bussare alla porta di un Dio troppo indaffarato o distante per ascoltare, si tratta, al contrario, di rispondere a un Dio che ha già iniziato a conversare con noi. Un Dio che non vuole altro che passare del tempo con noi, aiutarci a crescere e sorprenderci».
«La prova che la tua preghiera è autentica consiste nell’imparare a trasformare ogni cosa in preghiera» ha detto un giorno un monaco benedettino all’autore aggiungendo per farsi capire meglio: «Ogni pezzetto di legno può diventare fuoco».
Ci saranno così i momenti di bisogno e quelli di ringraziamento, ogni relazione è unica e irrepetibile e anche quella di ciascuno di noi con Dio non può essere altrimenti. Per padre Gioia esistono però alcune condizioni, tanto semplici, quanto efficaci, basta provare: mantenere la propria preghiera semplice, frequente e vera.
Non è la lunghezza di una preghiera ciò che conta, quanto la sua intensità. E non occorre mettere una sveglia per pregare: ogni momento è buono se «niente di ciò che fai, pensi, ami, odi, soffri, che ti piace, che speri, temi, ti spaventa, desideri – niente è indegno di Dio – non c’è nulla che non possa essere trasformato in preghiera».
Perché c’è solo una regola – conclude Gioia –, un modo semplice per riuscire a pregare: «semplicemente dillo a Dio». Appunto.
LUIGI GIOIA, Dillo a Dio, Alla ricerca della preghiera, Queriniana, Brescia 2019, pp. 216, € 18,00, EAN 9788839931917.