Pratiche di pellegrinaggio

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Notre-Dame de Pentecôte (Parigi).

Il pellegrinaggio come esperienza simbolica ed esistenziale è parte profonda della dimensione religiosa di tutte le fedi, ad ogni latitudine storica e geografica.

Gli antichi greci andavano in pellegrinaggio al santuario di Delfi, i latini al santuario di Diana Nemorensis presso il lago di Nemi; pellegrini induisti affollano le rive del Gange a Varanasi; i fedeli musulmani si accalcano nella città santa della Mecca; gli ebrei salgono al tempio di Gerusalemme in occasione delle feste di Pesach, di Shavuot e di Sukkot.

Nella storia del cristianesimo il rito del pellegrinaggio nasce intorno all’anno 327, con il viaggio ai Luoghi Santi compiuto dall’anziana imperatrice Elena, madre di Costantino; nel corso dei secoli altre rotte verranno poi tracciate, oltre a quelle verso la Terra Santa, e dalle tombe di san Pietro a Roma e di san Giacomo in Galizia le strade dei pellegrini andranno a portarsi in tutti gli innumerevoli luoghi delle apparizioni mariane.

Attraversamenti

Nella diversità e molteplicità delle motivazioni individuali che hanno spinto e spingono persone di ogni epoca, età, religione e orizzonte geografico, a mettersi in viaggio verso luoghi significativi per il loro vissuto di fede, alcuni elementi tornano come costanti a legare fra loro esperienze così differenti.

Prima di tutto, peregrinare è, sempre, un’azione che comporta un passare attraverso, un attraversare, altri luoghi e altre situazioni esistenziali. Il pellegrinaggio è sempre un attraversamento – di geografie, di mondi, di orizzonti culturali e spirituali.

Ma questo dinamismo proprio del peregrinare, questo passare per, questo attraversare, custodisce sempre in sé anche una disposizione passiva e ricettiva: perché nel pellegrinaggio il gesto dell’attraversamento non è impermeabile, chiuso in sé e in sé barricato e circoscritto, ma è, anzi, permeabile e aperto.

Nel pellegrinaggio si attraversano luoghi, esperienze, situazioni, e, nello stesso tempo, ci si lascia da queste attraversare: come in una sorta di battesimo per immersione, l’attraversamento presuppone la porosità, cioè la disposizione a lasciarsi attraversare e fecondare da ciò che si sta vivendo.

Parigi

È proprio con questo spirito che un gruppo di amiche e di amici della parrocchia di Longuelo, un quartiere della città di Bergamo, sono partiti alla metà di ottobre per un viaggio di tre giorni a Parigi. Una ventina di persone, animate da alcune domande di fondo sul vangelo, sulla Chiesa e sul tempo che stiamo vivendo, si sono messe in viaggio verso un luogo come Parigi, spinte dal desiderio di confrontarsi con alcune esperienze di fede vissute in un altro contesto geografico e culturale.

Il sottofondo è stato proprio quello del pellegrinaggio, vissuto come disposizione aperta all’incontro e al confronto – attraversare e lasciarsi attraversare – e come parte viva del cammino pastorale di una comunità cristiana che, alla luce dell’oggi, non può non interrogarsi sul futuro.

In questa prospettiva l’esperienza del peregrinare diventa passaggio trasformativo che trasfigura in fiducia consapevole e sguardo capace di visione le ansie disarticolate e inespresse generate da un futuro dai contorni sempre più incerti. Attraversamento come possibilità di dare direzione e prospettiva allo sguardo: questa è speranza.

Luoghi/Spazio

Il viaggio-pellegrinaggio a Parigi è stato proposto e vissuto come occasione per conoscere alcune significative soluzioni rispetto alla questione degli spazi del celebrare.

La chiesa di Notre-Dame de Pentecôte, nel quartiere de la Défense, racconta il paradosso di una pastorale che non può vivere la dimensione celebrativa della messa domenicale. Ogni giorno alla Defénse transitano per lavoro 180.000 persone, ma la sera e il fine settimana il quartiere degli affari si svuota.

L’unica forma di pastorale possibile è, perciò, limitata al tempo della pausa pranzo. La geometria esterna della chiesa è in piena corrispondenza con le ardite soluzioni architettoniche di questo avveniristico quartiere; ma una volta varcata la soglia della cappella, che può accogliere fino a trecento persone, ci si sente abbracciare dal calore del legno e della luce che filtra attraverso i vetri opachi di una grande vetrata orientata a nord-est e attraversata da linee leggere che disegnano una croce stilizzata.

Osando un assetto spaziale non usuale, che recupera, però, la disposizione celebrativa propria delle chiese primitive, la mensa del pane e la mensa della parola sono collocate l’una di fronte all’altra sullo stesso asse centrale.

La chiesa di Sant’Ignazio di Loyola è legata al Centre Sèvres, le facoltà di teologia e filosofia dei Padri gesuiti; costruita alla metà dell’Ottocento in stile neogotico, si affaccia sulla rue de Sèvres in modo quasi anonimo, senza elementi che la distinguano dagli edifici attigui.

Una volta entrati, si resta colpiti dalla plasticità degli spazi: l’altare è collocato al centro di una immaginaria circonferenza che si trova nel cuore stesso della navata; su questa circonferenza sono disposti l’ambone, la postazione del maestro del coro e quella del celebrante. In questo modo l’assemblea è chiamata “dentro” l’azione liturgica e invitata all’ascolto, al canto, e alla partecipazione attiva.

La scelta di ripensare l’organizzazione degli spazi celebrativi in un edificio dall’impostazione spaziale già definita, che prevedeva la classica collocazione dell’altare in fondo alla navata centrale, dice come spesso siano solo i nostri muri mentali ad impedirci di liberare la possibilità di un ripensamento degli spazi e delle forme del celebrare, mentre proprio rimodulando gli spazi diventa possibile una diversa e più attiva partecipazione dell’assemblea all’azione liturgica.

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Notre-Dame de Consolation (Le Raincy).

La chiesa di Notre-Dame de Consolation a Le Raincy, nella periferia nord est di Parigi, è la prima chiesa in cemento armato costruita in Francia negli anni 1922-1923.

Opera degli architetti Gustave e Auguste Perret, noto quest’ultimo per essere stato maestro di Le Corbusier, Notre-Dame du Raincy unisce al freddo rigore del cemento armato il luminoso colore dei vetri che, dalle tonalità chiare delle pareti laterali, attraverso una sorprendente progressione cromatica, conduce al blu profondo e avvolgente delle vetrate centrali – come un invito al raccoglimento e alla preghiera.

Testimonianze

Parigi è stato anche Christoph Theobald, gesuita e teologo di origine tedesca, docente di Teologia fondamentale e dogmatica presso il Centre Sèvres e membro della commissione teologica del Sinodo.

L’incontro con Theobald ha dato la possibilità di ascoltare una delle voci più significative del panorama teologico contemporaneo. Prendendo le mosse da una domanda decisiva – Sta davvero morendo il cristianesimo in Europa? -, Theobald ha sviluppato una riflessione sul concetto di “crisi” del cristianesimo, evidenziando come, lentamente, si stia preparando una nuova forma di chiesa, capace di costruirsi a partire dall’”elementare cristiano” e da nuove modalità di partecipazione.

Rispetto alle tre parole indicate da papa Francesco come parole chiave della sinodalità, Theobald ha evidenziato come comunione e missione, per quanto ben integrate nel vocabolario ecclesiastico attuale, corrano il rischio di rimanere parole fumose e astratte, se non viene data alla partecipazione la possibilità di prendere corpo e figura concreta.

La bellezza

Attraversare Parigi significa anche lasciarsi attraversare dalla bellezza che si esprime nelle opere d’arte. Le visite al Museo D’Orsay, al Museo Rodin e al College des Bernardins, un antico collegio cistercense risalente al XIII secolo, recuperato come spazio pubblico con uno straordinario restauro tra il 2003 e il 2008, sono state una vera e propria immersione nella bellezza.

Bellezza da guardare, ammirare, respirare. Bellezza frutto del lavoro delle mani dell’uomo. Tanto lavoro. Migliaia di pezzi: quadri, statue, architetture, continuamente pensate e ripensate in un incessante e mai scontato corpo a corpo col già fatto e con la tradizione.

L’immersione in questi luoghi così vivi, di arte e grazie all’arte, lascia nell’anima una sensazione di ammirato stupore per i capolavori che l’uomo è capace di realizzare, per la genialità che prende forma e può esprimersi anche grazie all’incrocio e allo scambio di esperienze. Lo spazio artistico come una grande officina che vive di continui rimandi e arricchimenti reciproci, di scambi che si traducono in nuove idee e suggestioni, in slancio creativo, in gesto di novità.

Cosa resta?

Tre giorni a Parigi con la parrocchia, per conoscere l’arte e la chiesa d’Oltralpe. Cosa resta? Tanto, sicuramente. Tra il tanto, anche la gioia di poter pensare le nostre parrocchie come officine aperte e vivaci, in cui la dedizione e la sensibilità di ciascuno diventano esperienza di tutti e per tutti.

La parrocchia come luogo vivo, in cui amici e amiche condividono cammini che hanno sapore di sinodalità e la passione per la bellezza dell’esperienza cristiana tocca e rigenera le nostre profondità spirituali.

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