Quaresima, metaverso cristiano?

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Quaresima. Perché? Possiamo provare a viverla come qualcosa di straordinario che il Signore ci dà oggi la Grazia di sperimentare, nonostante l’isolamento da pandemia e la tragedia della guerra in Ucraina?

Conversione? Vita nuova – da bruco a farfalla, cammino di santità – dura tutta la vita, su questa terra e l’altra. La vera conversione la si raggiunge quando non siamo più dominati da egoismo e desideri incontrollati, ma dal vero liberante amore divino.

Alla vita ordinaria si prospetta una seconda diversa vita. Anche dal mondo tecnologico ci viene prospettata una seconda vita, indicata anche da una parola carica di curiosità, metaverso, un sistema per interconnettere il mondo reale e  quello virtuale mediante un doppio di noi stessi, come si dice un avatar.

Il prefisso meta ci è caro nel pensiero cristiano e anche nella letteratura. Siamo abituati a termini come metafisica o metamorfosi. Se metafisica apre a qualche cosa di altro e di oltre rispetto al fisico, cioè a quanto si vede e si tocca, metamorfosi ci ricorda la trasformazione a cui Ovidio, per esempio, sottopone alcuni personaggi della mitologia. Una proposta di pensiero alternativo, dunque, un meta-pensiero, anzi, alla lettera, una conversione, cioè un cambiamento radicale di prospettiva.

Lasciarsi guidare dall’acqua

«Uno dei Padri del deserto diceva: Come è impossibile che un uomo veda il proprio volto nell’acqua torbida, così anche l’anima, se non è stata purificata da pensieri estranei, non può pregare Dio assorta nella contemplazione».[1]

Ma oggi si crede ancora nella vocazione soprannaturale dell’uomo? Affinché il cammino quaresimale sia per noi un limpido percorso di avvicinamento all’essenziale, è necessario liberare la nostra esistenza da ogni ingombro.

Che cosa ingombra la nostra esistenza individuale e sociale? Non c’ingombra, per caso, anche la saturazione, l’overdose di informazioni (vere e/o false) provenienti dalla società massmediale e ipertecnologica? Non c’ingombrano i troppi prodotti di consumo?

Già Seneca, parlando di ingombri che possono renderci intemperanti, osservava: «Il grammatico Didimo scrisse quattromila libri: ne avrei compassione se solo avesse letto una simile mole di inutilità».

Ben più della sapienza filosofica, il Catechismo della Chiesa cattolica insegna che «la temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà» (n. 1809).

Quale mondo?

Conosciamo oggi un tipo di cultura in cui non conta la verità. Anche se apparentemente si vuol fare apparire tutta la verità, contano solo la sensazione e lo spirito di calunnia e di distruzione. Contro questa cultura diciamo “no”.

Ci sono come due mondi: uno apparentemente vero, l’altro veramente vero; uno menzognero e costruito artificialmente al di là del mondo veritiero, l’altro invece vero e buono, che è possibile scoprire e a cui attingere.

La stessa via quaresimale ha il suo primo iter nel di qua dell’anno liturgico e della vita ordinaria, il suo secondo iter nel di là degli strumenti simbolici e sacramentali che riempiono di senso la vita reale. Si può star bene di qua e di là, senza votarsi al male.

Ecco la necessità in quaresima di rientrare dentro noi stessi, dell’appartarci, dell’entrare nel metaverso quaresimale, non tanto per sfuggire ai nostri doveri, ma per compierli meglio, grazie al silenzio, al raccoglimento, alla mortificazione, alla salmodia, alla preghiera e alla lectio divina.

 

+ Vincenzo Bertolone,
arcivescovo emerito di Catanzaro-Squillace


[1] Cf. Detti dei Padri del deserto scelti e presentati da Thomas Merton. Titolo originale “The Wisdom of the Desert”, Traduzione di Caterina Licciardi, Tea edizioni, 2003, XXIV.

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