Il Salmo 16(15) contiene accenti tanto pre che postpasquali. La prima predicazione cristiana ha visto in esso la figura del Crocifisso-Risorto.
Lo leggiamo più volte, specialmente nel tempo pasquale, ma è alquanto complesso e quindi adatto a più circostanze. Quale fu la sua origine e in quali circostanze?
Ovviamente, dobbiamo rituffarci in qualche momento prima di Cristo, accanto a un ignoto ebreo uscito da un’esperienza di peccato e di conversione.
Chi parlava in quel Salmo?
Un ebreo – forse il re Davide – che si era lasciato incantare in qualche momento dal culto agli idoli del suo paese o del suo “io” ritenuti più potenti e più utili di JHWH; agli dèi potenti andava tutto il mio favore: ma poi se ne era allontanato con decisione, forse anche perché il loro culto comprendeva anche sacrifici e libagioni con immolazioni e sangue di uomini o addirittura di figli e figlie: Io non spanderò più le loro libagioni di sangue.
Da quella triste esperienza nacque la conversione: Ho detto al Signore: Il mio signore sei Tu, solo in te il mio bene… Moltiplicano le loro pene quelli che corrono dietro a un dio straniero. Il Signore è mia parte di eredità e mio calice di buon vino… Proteggimi o Dio, in te mi rifugio… Per me la sorte è caduta in luoghi deliziosi, la mia eredità è stupenda. Benedico il Signore che mi ha dato consiglio, anche di notte ora il mio cuore mi istruisce. Io pongo sempre adesso davanti a me il Signore, non potrò vacillare.
Verso una gioia piena
Dalla conversione, una gioia nuova che coinvolge tutto del salmista: Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima, anche il mio corpo riposa al sicuro.
Interessante questa – sia pure ancora embrionale – distinzione tra il cuore (sede e fonte di pensieri e decisioni profonde non solo sentimentali), l’anima (quel qualcosa di interno a ognuno, invisibile eppure reale e distinto rispetto ai sensi e al sensibile) e il corpo, il mio io concreto con le sue capacità anche fisiche di azione di relazione: che cosa infatti potremmo fare senza mani, piedi, bocca, orecchie…).
Spesso troviamo anche spirito, simile a anima, ma altre volte sembra indicare piuttosto il complesso dei doni di Dio aggiunti all’anima o al corpo come forza vitale per entrambi, per l’uomo intero; quindi, non si può parlare sempre di terminologia chiara per il complesso umano che siamo noi. A parte le tante volte in cui la parola “spirito” indica la forza vitale dello Spirito Santo.
Ora, il salmo 16 precisa la nuova situazione del corpo dopo la conversione: Non abbandonerai la mia vita negli inferi (luogo immaginario di tutti i defunti senza ancora distinzione) né lascerai che il tuo fedele/santo (pur stato peccatore) veda la fossa, cioè la morte e la corruzione conseguente nella fossa. Anzi mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.
A quale tipo di vita, di gioia piena, di dolcezza senza fine pensava quel salmista prima di Cristo, quando le idee sul dopo-morte erano ancora molto confuse? Forse nemmeno lui lo sapeva. Lo intuiva soltanto. Intuiva una nuova presenza di Dio dopo la morte. Più efficace e gioiosa della presenza godibile nel tempio e nelle assemblee del suo popolo. Intuizione che rimaneva aperta a nuove luci. Queste sarebbero spuntate dopo una certa pasqua.
Con e dopo la pasqua di Cristo
Il Salmo 16 ebbe notevole risonanza non solo presso gli ebrei ma più ancora presso i primi cristiani. Negli Atti degli Apostoli, infatti, esso è richiamato espressamente in due discorsi. Uno di Pietro nella sua prima proclamazione del Vangelo a Pentecoste, l’altra con Paolo un sabato nella sinagoga di Antiochia di Pisidia.
Nella grande festa ebraica di Pentecoste, Pietro con il coraggio proveniente dalla forza infuocata dello Spirito Santo, proclama che quel miserabile crocifisso Gesù di Nazaret – “maledetto” secondo la legge mosaica – era tutt’altro che maledetto, era risorto da morte, asceso alla destra di Dio Padre, diventato Signore e salvatore di tutti.
Gli ascoltatori erano soprattutto ebrei, bisognosi anche di qualche conferma dalle loro sacre Scritture. A questo punto Pietro inserisce proprio un brano del Salmo 16, attribuito decisamente a Davide, ma per affermare che, in verità, non quel re scampò dalla corruzione della morte e della fossa, ma quel re crocifisso Gesù (At 2,22-34: testo interessante, anche perché almeno indirettamente conferma i Vangeli sul segno del sepolcro vuoto).
E qui Pietro invita tutti a quel tipo di conversione: credere in Gesù Cristo e su questa base unirsi alla comunità dei suoi discepoli, con i quali quel Crocifisso continuava a vivere e operare. Non era infatti un idolo morto, né un semplice libro di leggi e precetti, ma un Signore vivente e fonte di Spirito nuovo.
San Paolo, sulla scia del già convertito Pietro, un sabato – giorno caro agli ebrei, nel quale celebravano i ricordi del loro passato nell’attesa del sabato eterno con Dio – allarga il discorso di Pietro e sintetizza la storia appunto di Israele; anche Paolo rimarca in particolare la figura del re Davide, cita il Salmo 16 per proclamare anche lui che la vera liberazione da morte e corruzione del sepolcro avvennero solo con Gesù.
E conclude, in modo scandaloso per quella gente (solo per loro?), che nemmeno la pur santa legge di Dio ci rende giusti davanti a Dio, ma solo la fede in quel Crocifisso, è solo da lui che veniamo “giustificati-perdonati-salvati” e impariamo davvero anche ad amare. A questo punto anche ad Antiochia di Pisidia (attuale Turchia) spuntò una Chiesa, vivente dell’ascolto della Parola, della preghiera, della frazione del Pane, della vita comunitaria, con la gioia dello Spirito del Signore Gesù (At 13,16-51 e 2,42-47).
In queste riflessioni siamo partiti da un antico Salmo, sempre attuale già di per sé, e siamo approdati al messaggio pasquale, fondamentale per tutte le Chiese e per il loro cammino nel mondo, nel mondo anche di oggi, nell’attesa di gioia piena per il cuore, per l’anima e per il corpo nostro e dei nostri fratelli più o meno anche credenti o dubbiosi o mal credenti come diceva il card. Martini.
Intanto, specialmente in quaresima, liberiamoci da tanti idoli antichi e moderni, religiosi o secolari.
* Don Giovanni Giavini: email giavinigiovanni@libero.it