Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al fiordo. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare».
Tommaso gli dice: «Maestro, questa ce l’hai già narrata e spiegata ieri».
Ma Gesù risponde: «No, oggi vi parlo di un altro seminatore, il nemico.
Mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.
Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.
Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.
Un’altra parte cadde sulla terra e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda».
Gli si avvicinano allora i discepoli e gli dicono: «Maestro, questa parabola sembra proprio uguale a quella di ieri».
Ed egli risponde: «Ma questa volta è stato il nemico a seminare. Anch’egli è generoso nel gettare la semente: diverso è però il frutto che ne nasce. Voi dunque intendete questa seconda parabola del seminatore.
Tutte le volte che uno ascolta la parola del nemico, ma in lui è la speranza e il desiderio del Regno, non la può comprendere: un angelo viene e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore. Questo è il seme seminato lungo la strada.
Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l’uomo che ascolta la parola del nemico e la medita dentro di sé, sentendola vicina alle proprie paure; ma egli sa che nulla di ciò che l’uomo ha costruito è eterno, per cui non appena vede gli occhi di chi ha vicino a sé, creato a immagine e somiglianza di Dio, depone l’arma che il seme del nemico gli ha fatto imbracciare.
Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola del nemico e la fa propria, ma ha molti figli della luce intorno a sé. Questi hanno pazientemente costruito una rete fatta di consigli e divieti, leggi e governi; questa rete soffoca il germoglio e impedisce che maturi il frutto che il nemico ha seminato nel suo cuore.
Quello seminato nella terra è colui che ascolta la parola del nemico, la fa propria e ne diventa schiavo, senza che alcuno lo impedisca. Il frutto che nasce non è uguale per tutti: può essere fatto di parole di offesa, di opere di persecuzione, di atti di violenza. Ma il seme è lo stesso».
Pubblicato su Il Margine 31(2011), n. 17, col titolo “Il seminatore uscì a seminare…” (una versione apocrifa di Mt 13,1-23).