La pandemia ci ha fatto riscoprire l’esperienza della paura. Alla sua origine c’è la paura di Dio. È tempo di imparare a credere fidandosi.
Quello della paura è contagio antico, che accompagna la vicenda umana da sempre, specie come paura dell’altro. Forse è il vero peccato originale dell’uomo: la paura persino di chi gli aveva dato la vita rendendolo un prodigio, paura che ci fosse dietro qualcosa d’oscuro e ingannevole, paura-sospetto-sfiducia-rifiuto-fuga…, in un séguito repentino e inarrestabile.
Innescato da colui, lo spirito del male, che per primo ha ceduto alla paura di Dio, e con le sue stesse mani s’è condannato alla paura eterna, in cui cerca di trascinare la storia dell’uomo, non potendo sopportare di vedere la creatura così libera di lasciarsi amare da fidarsi del Creatore, e godere d’un bene da lui perduto per sempre. Satana abita un inferno di paure,
La madre di tutte le paure
Sto scrivendo queste note nella domenica del “vangelo dei talenti”, in cui un servo, gratificato da un gesto d’incredibile fiducia da parte del padrone, gli risponde in modi e parole sfacciatamente contrarie: «ho avuto paura di te» (Mt 25,25).
La paura di Dio, “la madre di tutte le paure”! Sempre gravida. Quella che spiega tutte le altre e vi si nasconde; che assume un’infinità di volti e nomi (le mille cangianti iridescenze del serpente), o sfrutta l’angoscia di turno (ce n’è sempre una a ogni giro d’epoca), che ha pure un aspetto credibile e ragionevole, s’appella alla prudenza e persino al rispetto, degli altri e di te stesso, ma alla fine ti rende sospettoso e pure nemico d’entrambi, ti fa sentire solo dinanzi a un presente drammatico e in ansia per un futuro che non sai se ci sarà, arrabbiato con la vita che t’ha tradito, e con chi avrebbe dovuto garantirti dal pericolo, chiuso nel tuo personalissimo lockdown della paura!
In realtà, da un lato, non basta saper gestire l’emergenza sanitaria, bilanciare prudenza e esigenze varie (economiche o relazionali), o pretendere che altri provvedano e risolvano a suon di Decreti.
D’altro canto, con la paura non si scherza: soprattutto quando non è riconosciuta nel suo senso più profondo, essa t’impedisce di capire quel che succede, amplifica o minimizza i problemi, ti fa fare cose assurde e irrazionali o ti soffoca e paralizza. Ecco perché è importante coglierne la radice, e capire tutti, credenti e non, che, alla sua origine, c’è sempre (anche) la paura di Dio.
Un dio che non esiste
È strano e paradossale, ma tale paura potrebbe essere una sorta di terra comune o punto d’incontro tra chi crede e chi no (o non crede più o crede poco): i credenti per purificare la loro fede e l’immagine di Dio che hanno in cuore, i non credenti per scoprire che non credono in un dio che… non esiste davvero, se non negl’incubi o fantasie malate di chi ha proiettato sul divino un’immagine solo umana.
Sarebbe il padrone duro e spietato del terzo servo della parabola di Matteo, maschera di tante paure umane e, assieme, fantasma maligno che si agita dietro a esse. Ma che non ha nulla in comune con il Dio vero, il Padre rivelato dal Figlio, che non vuole esser temuto, ma liberamente amato, che c’invita a prender parte alla sua gioia e, assieme, vede l’affanno di chi sente mancargli il respiro, è accanto a chi muore solo e a chi resta solo, anche e in modo speciale a chi ancora non crede in lui, ed è solo con le sue paure.
Dalla fede alla fiducia
In altre parole: siamo tutti un po’ non credenti o credenti in un dio-che-non-c’è, ma che è all’origine di tante nostre paure che non ci aiutano a vivere né a credere. E allora questo tempo così complesso e difficile può divenire tempo salutare per scoprire l’inganno, e liberarci da quelle paure che offendono Dio e mortificano l’uomo.
Allo stesso tempo siamo tutti credenti, poiché l’essere umano è fatto in modo tale da credere fino a fidarsi di qualcuno; di chi o cosa lo sceglierà il singolo, ma in ogni caso non può farne a meno. Infatti, non esiste alcuno che non si fidi di niente e di nessuno, magari senza rendersene conto (vedi il mercato dell’occulto), e ritrovarsi poi ancora con un sacco di paure.
Fidarsi è l’unico o il più autentico modo di credere, quello che elimina le paure.
E allora il tempo della pandemia può esser il tempo salutare per imparare tutti a credere fidandosi. E dunque a passare dalla fede, poca o tanta che sia, con le sue contaminazioni e contraddizioni (paure comprese), alla fiducia, come atteggiamento di chi apprende a fidarsi proprio nell’impotenza e nella disperazione, come accade oggi, del Dio affidabile, perché è l’unico che può sconfiggere ogni paura e il virus della paura.
Dalla fede come atto dell’uomo, quasi resa obbligata dinanzi all’Onnipotente che incute timore, alla scoperta inedita del Dio che si fida, lui per primo, dell’uomo, e lo rende libero di scommettere sul suo amore.
Dalla fede come gesto convenzionale e di gruppo, alla scelta soggettiva e pacificante di abbandonarsi a questo Dio che è Padre, mettendo la propria vita nelle sue grandi mani, le più sicure oggi in circolazione…
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