Nel tempo liturgico in cui si ricordano i Santi è d’obbligo il richiamo al versetto del Credo apostolico: credo nella comunione dei santi. In un’epoca in cui la formazione teologica pare scarsamente diffusa anche tra i cosiddetti credenti e praticanti, non è semplice spiegare tale confessione di fede.
Certamente ha a che fare con una comunità di persone altamente meritevoli presenti su questa terra (compresi i “santi della porta accanto”) o viventi in un altrove non precisato.
Persone i cui meriti sono legati a una scelta esistenziale simile a quella di Cristo, morto in croce per il bene di tutti. Il versetto giovanneo con le parole di Gesù è quello più illuminante a presentarli: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
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Storia e agiografia concorrono nel descriverli sia nella solitudine della devozione a Dio, sia in comunione con altri. L’immaginazione di grandi maestri dell’arte e della poesia ha favorito rappresentazioni eccellenti dove le singole individualità sono disegnate con parole, gesti e oggetti che indicano la loro qualità spirituale in vita o nell’atto estremo dell’esistenza.
In alcune epoche storiche è piaciuto allinearli secondo un preciso disegno teologico e così oggi li ammiriamo nei polittici presenti in chiese, sugli altari e in diversi Musei. Il pensiero (forse un po’ profano), mi ha accompagnata vistando la bella mostra di fondi oro presso il Museo del Tesoro del Duomo di Vigevano (aperta dal 5 ottobre al 29 dicembre e successivamente allestita nel Museo del Duomo di Monza).1
L’esposizione presenta diverse tavole con soggetti di santi e sante ma soprattutto propone la ricostruzione del registro inferiore di un polittico dedicato a Giovanni Battista, realizzato da Stefano de’ Fedeli nel 1478, commissionato all’artista dalla Confraternita di San Giovanni Decollato del Duomo di Monza.
Accanto alle opere esposte nell’ampia sala degli arazzi del Museo vigevanese, è possibile cogliere l’iter della parziale ricomposizione del polittico, dovuta a una serie di fortunate circostanze e soprattutto ad alcuni attenti osservatori. Si comprende così il legame intercorso tra le due città lombarde e una terza, Rosasco, sita in provincia di Pavia.
La storia dell’opera – almeno in alcune tappe finora note – è interessante. Smembrato il polittico in tempo remoti, il Tesoro del Duomo monzese riuscì a conservare solo due tavole del registro inferiore. In una è rappresentata la scena della decollazione e nell’altra compaiono la coppia degli apostoli San Pietro e San Paolo. Intorno al 1862 i coniugi Galeazzo Visconti di Saliceto (conte discendente di Bernabò Visconti) e Luisa Morelli di Popoli, collezionisti di opere d’arte, acquistarono sul mercato antiquario sei tavole lignee dipinte su fondo oro, risalenti al XIV e XV secolo.
Furono a lungo denominate “Fondi oro di Rosasco” poiché andarono ad abbellire la cappella dell’Asilo di Rosasco che gli stessi coniugi avevano fatto edificare per i bimbi del paese. A seguito della scomparsa dei conti e degli eredi, alcuni esperti d’arte posarono gli occhi su quei capolavori provvedendo al loro studio, restauro e tutela.
Tra costoro il prof. Miklos Boscovits che, nel 2008, attribuì una delle tavole al pittore lombardo Stefano de’ Fedeli e la identificò come anello mancante della parte inferiore del polittico monzese. Inoltre, lo stesso studioso propose attribuzioni anche per altre opere della stessa collezione, oggi in mostra nel Museo di Vigevano2 .
Così è stato possibile allineare ai soggetti delle tavole monzesi le figure di Santa Caterina d’Alessandria e san Benedetto da Norcia. Una ricomposizione che ha visto all’opera uomini e donne dai profili diversi ma accomunati da cultura e dal desiderio di valorizzare l’arte sacra.
Nel bel catalogo corredato alla mostra è possibile cogliere la fertile collaborazione tra gli studiosi di Vigevano (in particolare la dottoressa Nicoletta Sanna curatrice del Museo) e quelli monzesi che hanno analizzato il contesto in cui nacque il polittico e il percorso artistico di Stefano de’ Fedeli. Inoltre, la restauratrice Roberta Grazioli presenta una ricca relazione sullo stato conservativo dei fondi oro.
Immaginiamo molti sguardi (non solo di esperti d’arte) che hanno sostato su queste opere e ammirato i volti di uomini e donne dalle vicende singolarissime e in relazione stretta tra loro. Certamente l’oro che fa da sfondo ai loro corpi impreziosisce e illumina le singole personalità i cui sguardi e gesti richiamano fini analisi psicologiche.
Siamo infatti nel tempo in cui stava avanzando la lezione pittorica umanistica, per cui nel volto è ritratta l’anima. I Santi di Rosasco ri-allineati e ri–messi in comunione visiva sono esposti in sedi museali caratterizzati da specifici obiettivi.
I Musei d’arte sacra – piccole o grandi collezioni sparse nel territorio italianoiii – non si limitano a tutelare patrimoni artistici che rischierebbero degrado e dispersione ma consentono la valorizzazione di un cammino di fede secolare e collettivo. Alcuni musei diocesani, infatti, promuovono cultura a partire dallo studio delle opere conservate, allestiscono mostre, patrocinano scambi di capolavori senza mai dimenticare le istanze di fede che hanno favorito commissioni di opere e partecipazione religiosa.
Un’ultima battuta per sottolineare un altro significativo connubio. Due città lombarde, aventi in comune un passato legato alle dominazioni viscontea e sforzesca, si sono alleate quasi ricordando le committenze artistiche di cui furono oggetto nelle stagioni umanistica e rinascimentale. Il patrimonio di arte sacra di cui ancora godono queste città può essere una buona occasione per ripensare a una comunione tra credenti e non credenti. Come è capitato nella storia di molti santi, veri “operatori di pace”.
1 Vigevano e Monza. L’altare di Stefano de’ Fedeli e i fondi oro di Rosasco (qui).
2 Boskovits segnalò la possibilità di attribuzione al pittore trecentesco Paolo Veneziano di due tavole di Rosasco raffiguranti i santi domenicani Tommaso d’Aquino e Domenico di Guzman. Invece la tavola che raffigura tre Sante dai delicatissimi volti fu attribuita dallo stesso professore alla bottega del Bembo e fu restaurata – come le altre opere – da Pinin Brambilla Barcillon nel 1963. I Fondi oro rimarranno in comodato per alcuni anni presso lo stesso Museo vigevanese, in seguito ad un accordo stretto tra lo stesso Museo e l’amministrazione comunale di Rosasco.
3 Esattamente tre decenni fa, con il redattore de Il Segno rivista della diocesi di Milano, presentavo in sei fascicoli un nutrito elenco di musei e collezioni ecclesiastiche in Italia. L’allora responsabile dell’Ufficio per i beni del culto della diocesi ambrosiana, monsignor Giancarlo Santi, aveva voluto censire un patrimonio molto consistente di spazi museali e collezioni religiose in Italia. Sarebbe auspicabile continuare e aggiornare tale censimento cui per parecchi mesi provvedettero due volontarie, insegnanti di scuola media superiore, Erminia Giacomini e Paola Mariani e, per la situazione in Lombardia, monsignor Pierangelo Facchinetti (a cura di Antonella Cattorini Cattaneo e Claudio Mazza, Musei e collezioni ecclesiastiche in Italia, Il Segno, settembre 1994 -aprile 1995).