Un “Gruppo spiritualità”, nato all’interno del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), offre le sue riflessioni in tema di sinodalità.
Il nostro gruppo è nato all’interno del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA). Il termine “spiritualità” come desiderio di andare oltre, sempre in campo aperto, senza escludere.
Partiamo dai vissuti per ascoltare, cercare di capire e poi ipotizzare.
Impegnati a cogliere la fatica dei più fragili e a trasformarla in politiche inclusive. Ognuno con vissuti di storia e di presente diversi, insieme cerchiamo di capire soprattutto con domande che facciamo vibrare prima di tutto all’interno di noi stessi.
Ricordiamo con piacere i testimoni di riferimento che ci hanno stimolato e motivato alla non rassegnazione.
Nei nostri incontri sono significativi anche i silenzi tra una considerazione l’altra. Per capire quello che ognuno dice, per non essere banali in quello che si desidera comunicare e anche per un po’ timidezza perché, quando si valorizzano le domande, le affermazioni hanno sempre molta trepidazione.
Ognuno orientato alla ricerca di senso, nell’armonia necessaria tra i bisogni di terra, di cielo e di unità. Ulteriormente motivati dall’impegno sinodale richiesto da papa Francesco.
Analisi di contesto
Dalla crisi al coraggio del cambiamento. La Chiesa – visto che il farne parte “I care” – promuove un cammino sinodale ingessato se la partecipazione è formale e, di conseguenza, i risultati già orientati.
Necessità di guardarsi attorno. Malattie e guerre, spaventose disuguaglianze senza percezione del dramma, politiche lontane, rapidi cambiamenti in tempi fragili, incertezze per non sapere verso e dove andare e spesso con prospettive di basso profilo.
Relazioni sfilacciate per assenza di empatia. Senza definire le esigenze fondamentali, anche le analisi e la definizione dei problemi finiscono per essere assurdi.
I giovani, obbligati a essere altro, sembra non abbiano le forze per essere contro. Anche la difficoltà a definire cosa possa essere “questo altro”. Per questo, doverosa la fatica di cercare insieme.
Tempo di spiritualità
Capacità di cogliere l’anima del presente per orientare verso il meglio per tutti.
Capire l’umano attraverso l’Incarnazione. Si può anche non credere in Dio, ma è sempre possibile l’intesa, quasi religiosa, con tutti coloro che cercano di capire l’umano.
Per la Chiesa è giunto il momento dei laici. Superare quindi l’ottica clericale-presbiterale rendendo effettiva la partecipazione e integrando lo spirituale con l’essere cittadini responsabili.
Gesù era sempre in cammino. Ogni tanto si fermava per far riflettere, per porre attenzione a chi stava male, per condividere la vita quotidiana e poi riprendeva a camminare verso il compimento della sua missione. Come Gesù, che diventa uomo e donna, in cammino per capire l’accidentalità della vita.
Spiritualità come ricerca di senso attraverso l’incontro con l’altro, la sorpresa, l’inedito, la riscoperta dell’essere umanamente viventi.
Per un Itinerarium mentis in Deum (san Bonaventura), il primo passo è quello di capire il mondo in cui si vive, per scoprire la presenza di Altro. Dalla teologia all’antropologia. Senza valorizzare le creature, riteniamo non possibile trovare i fondamentali delle cose.
Conversione come cambiamento di percorso attraverso l’intrattenersi in empatia. Un cammino percorribile in campo aperto, per non condizionare e ridurre le prospettive.
Ricerca di modalità coerenti
Come Gesù che insegnava attraverso le parabole della quotidianità e come i bambini che apprendono attraverso le immagini, anche noi alla ricerca di simboli. I porti come incontri aperti e variabili, le strutture oscillanti del Luna Park come l’incertezza delle cose umane, i ponti che congiungono e permettono di transitare le memorie.
Dopo le immagini, i verbi. Camminare, affiancare, accompagnare, condividere, capire la precarietà e il restituire come un dovere. Personalizzare la crescita e il prendersi cura (“I care” di don Milani) come modalità imprescindibile del camminare.
Uscire dalle nicchie per superare le dicotomie. Essere quindi liberi per intuire e valorizzare i piccoli segni di novità e di futuro.
Per transitare dalla memoria al “dopo di noi”
La dimensione della fatica, dell’incertezza e del disorientamento accompagna i vissuti di tutti tempi. In ogni momento di crisi i veri profeti hanno saputo e sanno cogliere i piccoli segni di novità e – soprattutto con coerenza – hanno saputo e sanno essere testimoni.
Questi segni si colgono nella comprensione del dolore, nei profondi desideri di giustizia e riconciliazione, nella ricerca del senso del vivere (unico modo per capire la morte), nel bisogno di pace interiore che le piccole e grandi guerre fanno dimenticare.
La comunità
Abituati ai tanti “non luoghi”, desideriamo luoghi di appartenenza per relazioni significative, valorizzanti, di ampie prospettive, per esperienze faticose perché reali. Condivisione di domande profonde, senza la paura di essere esclusi perché incerti su tante cose che troppi danno per certe.
Le domande e, come conseguenza, la ricerca hanno migliorato la storia.
La comunità che crede nel dono dello Spirito non può che abbandonarsi a questo Flusso. Quindi, anche una liturgia in cammino, che rafforzi lo stare insieme e accompagni a trovare senso profondo all’uomo trasformato dall’Incarnazione.