Nel Vangelo di Giovanni la prima ad incontrare il Risorto è lei, Maria di Magdala. L’annuncio della risurrezione risuona là dove si vive un affetto e un amore singolare capace di sfidare la morte. Maria è stata molto amata e ha corrisposto all’amore ricevuto con un grande affetto. Per questo è la prima ad essere raggiunta dall’annuncio della risurrezione, lei che ha seguito il suo Signore fino ai piedi della croce, che non si è separata dal Maestro anche nel momento oscuro della morte.
Poi, certo, ci sono le apparizioni ai discepoli, ma la prima è Maria. Perché lei è la prima? Gli incontri di Gesù con i discepoli hanno un profilo più ufficiale, quasi istituzionale; a partire da questi incontri inizia il cammino della Chiesa dopo la Pasqua, inizia la storia dei “discepoli della via”, di coloro che seguono la via di Gesù e raggiungeranno i confini del mondo, perché il Vangelo risuoni nel cuore di ogni uomo.
Ma prima, c’è quest’incontro che sembra quasi riservato, intimo, singolare e personale. Come è la storia di fede e di amore di ogni credente.
Come quando Gesù incontra la Samaritana, oppure il cieco nato che, proprio quando è solo, incontra di nuovo il Signore. Ci sono di questi incontri quasi segreti, dove il Signore si rivolge a qualcuno con una voce unica e particolare. Qualcosa che parla da cuore a cuore, nell’intimo della coscienza dove nessuno può entrare se non chi vive un momento di personale e unica relazione.
Maria si è sentita rivolgere uno sguardo così, particolare, unico e singolare, come unica e singolare è stata la storia d’amore tra lei e Gesù. Prima di essere un annuncio rivolto a tutti gli uomini, quello della risurrezione è un annuncio personale e singolare, attiene all’unicità della storia di ogni credente, a quella relazione personale e unica che ciascuno ha intessuto con i Signore, che, come ogni storia, è unica e particolare. Per Maria, Gesù è il “suo” Signore.
Per questo, all’inizio, Maria rimane come inchiodata al sepolcro vuoto. Non può accettare una perdita così grande. Le sue lacrime sono il segno di una ferita che le spezza il cuore. Come può vivere senza il “suo Signore”? Senza nemmeno un corpo su cui piangere una perdita indicibile? Senza il “suo Signore” nemmeno lei può vivere ancora, quella mancanza le toglie il respiro, le spegne l’anima. E così attende, davanti al sepolcro vuoto, nel dolore di una mancanza incolmabile, che quella voce risuoni ancora. Ma un amore così grande non può finire.
Tutto, infatti, ricomincia con un nome che di nuovo risuona: Maria! Che cosa si può sentire nell’evocazione di un nome! Come dice il canto: “quante volte un uomo con il nome giusto mi ha chiamata, una volta sola l’ho sentito pronunciare con amore”.
Per Maria tutto era iniziato così, con un nome pronunciato con amore, con una chiamata che l’aveva liberata dal male. Perché questa è la forza dell’amore: libera dal male – i sette demoni di cui parla Luca a riguardo di Maria di Magdala – che tengono prigioniero il cuore.
La sua relazione con Gesù era stata una storia di bene che libera dal male, perché solo il bene può vincere i demoni della paura, che ti fanno sentire di non essere amata; i demoni della paura di non valere, di essere perduti. Non solo la parola di Gesù l’aveva liberata dal male ma aveva liberato in lei la capacità di amare, di rimettersi in cammino, di seguire il Signore fino alla fine, fin sotto la croce. Per lei era iniziata una vita nuova.
Ora quella voce la chiama ancora. L’annuncio della risurrezione è come il rinnovarsi di una chiamata alla vita e all’amore. Solo quella voce la può schiodare dal sepolcro.
Ma deve voltarsi, e voltarsi per due volte. Deve risorgere anche lei, non restare inchiodata alla tomba, non lasciare che la morte trasformi la sua vita in un cimitero. E poi deve voltarsi per riconoscere, in quello che ha scambiato per un giardiniere, il nuovo volto di Gesù.
Perché il Signore non era lontano, non poteva restare prigioniero del sepolcro. Era vicinissimo, e la sua voce si faceva prossima in quella di un incontro così vicino da non essere subito riconosciuto.
Così è per noi. Ci sono incontri quotidiani, presenze vicine, che ci ridestano dal dolore, parole che ci chiamano ancora alla vita, che si rivolgono a noi con tenerezza, con il nome giusto e con un amore nuovo. In queste chiamate il Risorto ci viene incontro, ci chiama ancora alla vita. Perché solo l’amore risorge, vince la morte, è capace di nascere di nuovo e farci rinascere ogni volta, perché sia ancora Pasqua.
Non credo che i cristiani abbiano ben capito questa cosa … Ti sono perdonati i tuoi tanto peccato perché tanto hai amato… È chiaro che è l’amore che sai dare che ti salva e non l’obbedire alle regoline? È chiaro che non è la perfezione a salvare ma con quanta generosità sai spezzare la tua vita per gli altri? Secondo me non è chiaro per nulla e lo si capisce molto bene dai tanti interventi al limite del fariseismo che leggo su questo sito specialmente sulle tematiche sessuali.