Il docente di teologia sistematica presso la Facoltà teologica di Sicilia (Palermo) segue la via pulchritudinis per commentare l’evento dell’Annunciazione riportato nel Vangelo di Luca. Il suo lavoro s’inserisce nel filone fruttuoso costituito dal commento delle opere artistiche anche come straordinario strumento moderno di evangelizzazione in un mondo segnato dall’ignoranza progressiva dei testi biblici e dei misteri celebrati dalla fede cristiana.
Egli commenta il quadro dell’Annunciata dipinta nel 1473 custodito nella Bayerische Staatsgemäldesammlung di Monaco e quello dell’Annunciata dipinta nel 1476, visibile nella Galleria Regionale presso Palazzo Abatellis a Palermo.
«Vola alta, parola, cresci in profondità». Questo verso di Mario Luzi funge da supporto a Naro per commentare il fatto che, se l’alto si oppone al basso e l’esterno all’interno, l’alto non si oppone all’interno. La parola di Dio dall’alto si incarna nell’intimo di Maria, la cui reazione e risposta all’annuncio dell’angelo è espressa in modo leggermente diverso nei due dipinti.
In quello del 1476 lo sguardo di Maria è verso il basso, con la mano sinistra a chiudere con pudore il vestito sopra il petto verginale, con le pagine della parola di Dio e del suo piano di salvezza che si squadernano dinanzi a lei mosse dal soffio dello Spirito. La mano sinistra (per qualcuno la più bella mano della storia dell’arte) è avanzata in avanti, ad esprimere il suo rispetto e timore dinanzi al messaggio angelico e alla straordinarietà del compito a cui è chiamata.
Nel quadro del 1473, invece, al libro chiuso dell’incredulità di Israele fa da contrappunto quello squadernato del progetto attuale di Dio, anch’esso smosso dall’alito dello Spirito, a cui Maria risponderà positivamente nella fede. Lo sguardo di Maria si volge all’angelo ma anche al di fuori del quadro, con le labbra socchiuse quasi pronte alla risposta. Le braccia e le mani sono incrociate sul petto, a descrivere il momento in cui la risposta sembra già data e Maria voglia già custodire il mistero di grazia e di vita che sta crescendo in lei. Maria sembra colta nell’attino di passaggio da timorosa a timorata. La paura e lo sconcerto dinanzi al messaggio dell’angelo diventano ossequio religioso di fronte alla grandezza di Dio e del suo disegno, a cui sembra già aver dato risposta positiva: «Eccomi», o – meglio «Ecco me» (Italo Mancini). Commenta il filosofo: «Un accusativo che toglie all’io la nota del protagonista e lo fa disponibile senza pretesa di reciproca» (citato a p. 35). È evidente che il testo evangelico sottolinea anche la difficoltà avanzata da Maria, espressa nella domanda: «Come avverrà questo?» (non più: «Come è possibile?», traduzione inesatta della CEI edizione 1974, ora corretta nell’edizione del 2008 ma ancora presente in Naro, p. 20, a commento del dipinto di Palazzo Abatellis).
L’avanzamento di una difficoltà e richiesta di chiarimento è presente in tutti i racconti di vocazione nell’AT. Non va dimenticato che il racconto dell’Annunciazione a Maria è un brano (e un mistero) che si situa letterariamente (e teologicamente) all’interno di un racconto di vocazione. Il compito vocazionale a cui Maria è chiamata è quello di diventare madre del Figlio dell’Altissimo, il Messia atteso da Israele e dalle genti.
Il volume di Naro unisce piacevolmente tratti di esegesi, di riflessione filosofica e di analisi artistica, evidenziando la ricchezza culturale dell’autore e la validità della via pulchritudinis a servizio della nuova evangelizzazione.
Massimo Naro, Le vergini annunciate. La teologia dipinta di Antonello da Messina, Collana «Sguardi» 53, EDB, Bologna 2017, pp. 92, € 9,50.