Cristologia in carcere: un’opportunità, anche per la teologia

di:

carcere

«Una conoscenza non può venir separata dalla esistenza nella quale è acquisita»
(D. Bonhoeffer)[1]

Nell’ambito del progetto di insegnamento della teologia a livello universitario presso il carcere di Bologna[2], nel secondo semestre dell’anno accademico 2022/2023 si è svolto un corso di cristologia per alcuni studenti detenuti che partecipano al percorso di costruzione di una presenza stabile dell’ISSR di Bologna presso la Casa Circondariale[3]. Ci è sembrata un’esperienza davvero utile per chi ha partecipato (come studente, come tutor o insegnante) e che forse può costituire un’ipotesi di lavoro per una teologia che cerca nuove strade per approfondire ed allargare il proprio sforzo di studio – comprensione, traduzione e trasmissione – della rivelazione evangelica nel nostro tempo[4]. Il percorso svolto può essere descritto attraverso alcune semplici domande: dove? chi? come? cosa? perché? Per rispondervi utilizzeremo diverse notazioni personali oltre che diverse citazioni dei report scritti dai tutor o, indirettamente, alcune considerazioni degli studenti[5].

Dove?

Per comprendere il dove riportiamo la descrizione svolta da uno dei tutor (Pietro Savioli):

«le biblioteche sono luoghi […] unici, avrebbero un’elevata potenzialità come spazi di attivazione culturale, spesso però poco riconosciuta. […] È proprio all’interno della biblioteca dell’area pedagogica di bassa e media sicurezza della Casa Circondariale di Bologna che ha preso vita il corso di teologia […]. Incontri a cadenza settimanale che devono la loro unicità al fatto di aver coniugato uno stampo accademico, dato dallo spessore delle lezioni e dalle conoscenze oltre che dalla formazione dei professori, a un clima che permettesse la piena libertà nel poter esporre e portare al centro del discorso propri personali interventi, riflessioni e interpretazioni.

In altre parole, intorno a un programma generale ben definito e chiaro, con relativi fulcri tematici da trattare volta per volta, i fili del discorso si sono ramificati in maniera inaspettata e non stabilita in precedenza, seguendo un flusso […] che, con saperi e urgenze differenti, si trovano a stretto contatto e costruiscono un linguaggio comune. Ritornando a quella paradossale difficoltà che si ha nel poter entrare in contatto con quegli spazi che dovrebbero essere di più semplice e libero accesso per la cittadinanza tutta, anche qui si sono sovrapposte delle complicazioni che hanno portato all’impossibilità di alcune persone di poter accedere al carcere e partecipare al progetto.

Ritengo che sia doveroso sottolinearlo per non dimenticare o tralasciare che, considerando ciò a cui facevo riferimento, ovvero che non è stata presente nessuna gerarchizzazione di ruoli, quel microcosmo che si è spontaneamente autogenerato avrebbe potuto includere ulteriori elementi al suo interno e di conseguenza generare ancor più connessioni. Questo disequilibrio riconosco però che ha influenzato anche in altre modalità, difatti penso che la presenza contingentata ma costante delle persone sempre presenti a ogni incontro abbia stimolato un clima molto intimo, a tratti familiare, in quell’ambiente così paradossalmente accogliente; in quell’unico ampio tavolo in cui tutti potevano entrare reciprocamente a contatto visivo».

Possiamo, quindi, parlare di un dove fisico – la biblioteca del carcere – e di un dove simbolico – un tavolo intorno a cui guardarsi negli occhi – quando indichiamo il contesto specifico di questo percorso sulla figura di Gesù di Nazaret.

Chi?

Hanno partecipato diverse persone provenienti da sezioni diverse del carcere (giudiziario e penale), con una differenza di età anche ampia (da chi appena ventenne a chi sessantenne) e con diversi degli studenti accomunati da pene detentive molto lunghe. Si tratta di studenti che nel tempo avevano manifestato più volte il desiderio di poter frequentare un corso di studi a livello universitario di teologia cristiana.

Il corso è stato così frequentato da alcuni studenti detenuti come uditori e da altri che hanno l’intenzione di partecipare come studenti ordinari alle attività dell’ISSR che inizieranno in maniera curricolare nell’anno accademico 2023/2024. Agli studenti si sono aggiunti alcuni professori con un background di studio ed insegnamento della teologia a vari livelli[6] e una coppia di giovani tutor, che con studi differenti alle spalle (scienze della moda, filosofia e mediazione culturale) sono accomunati dall’interesse per il sapere umanistico e per il contesto carcerario.

Come già sottolineato diversi professori e tutor non hanno potuto entrare per difficoltà di ottenimento dei permessi. Difficoltà che hanno complicato non poco lo svolgimento del corso che ha dovuto più volte essere riorganizzato e che però ha, in un qualche modo, dato verità ad un insegnamento svolto in un contesto difficile e complesso, dove in molti possono essere sottoposti a riorganizzazioni della propria esistenza, senza o contro il proprio volere.

Come?

Afferma una tutor (Clara Donini): «tutte le lezioni si sono svolte in forma dialogica e sono state parecchio partecipate. C’è stato un dialogo molto serrato sui temi, dialogo arricchito dal fatto che avveniva uno scambio tra chi è dentro e fuori». La possibilità di partecipare a «un corso di teologia in un luogo certamente non neutro, come invece potrebbe essere qualsiasi altra aula all’infuori della struttura detentiva ha dato un senso diverso al corso di cristologia».

Sul come alcune considerazioni – personali e teoriche – sono proposte anche da Pietro:

«aprendo una prospettiva personale, prima che fossero ben chiare davanti a noi le modalità del percorso che stavamo insieme costruendo e […] attraversando, avevo dei dubbi […] legati a quello che poteva essere il mio ruolo, ritenuto proprio limitato, in relazione a quel contesto […] poco tempo tutte queste mie problematiche sono svanite, lasciando spazio solamente a quella spontaneità che, come avrete oramai capito, è stata così centrale all’interno di tutto il corso.

Se finora si è parlato in modo […] evocativo degli eventi avvenuti all’interno di un luogo [in cui si è costruito un certo modo di procedere], penso sia corretto ritornare alle considerazioni su quelli che sono i vari […] temi trattati nel corso e, soprattutto, ai metodi utilizzati per l’analisi e il confronto sugli stessi. Per descrivere i metodi mi servo della teoria critica, applicandola sul campo, e cito qui due principali riferimenti […].

Mi riferisco al Bruno Latour de Riassemblare il sociale, per quanto riguarda la possibilità e lo sviluppo della capacità di vedere l’altro/a non passivamente, ma come co-creatore e co-osservatore; dunque come un soggetto attivo all’interno di una comunità, piccola o meno che possa essere. Si tratta dell’idea di una possibile decentralizzazione [e di una percezione più relazionale] dei temi e dei partecipanti e che riprende anche l’Actor-Network-Theory, di cui Latour è stato tra i fondatori. In relazione a ciò […] se questa teoria, appena citata, nasce per comprendere l’aspetto sociale della scienza e della ricerca scientifica, noi non abbiamo potuto non considerarla significativa anche in relazione alle religioni: considerando quanto sono centrali nella teologia, già dall’alba dei tempi, i discorsi tra l’umano e il non-umano, gli incroci tra storie e meta-storie e i lunghi cammini di riconoscimento della verità.

Il secondo pensiero a cui mi rifaccio è quello del concetto di Entanglement di Karen Barad. Fisica quantistica e teorica femminista, in Meeting the Universe Halfway la Barad riprende un concetto ben definito nel primo dei suoi mondi di riferimento per traslarlo in una prospettiva molto più ampia e accessibile. In italiano il termine si potrebbe tradurre con intreccio, ma sarebbe comunque limitato rispetto a tutto ciò che comporta. Quello che lei teorizza è che “essere intrecciati non significa semplicemente essere invischiati con l’altra/o, come nell’unione di entità separate, bensì di mancare di un’esistenza indipendente e autosufficiente”. Teorizza l’esistenza come una questione non individuale, dove gli individui non preesistono alle loro interazioni, ma piuttosto emergono attraverso e come legati dal loro intricato intra-relazionarsi. Alla base di ciò ci sono le intra-azioni che “operano a un livello di definizione stessa dei due o più agenti coinvolti. In esse si vanno a costituire simultaneamente osservante e osservato […]”. Tutto ciò la porta poi a riscrivere l’idea di tempo e spazio, quanto a sciogliere “i confini imposti dal binarismo normante e normalizzante, ovvero le polarizzazioni […] gerarchiche che sono sempre state presenti tra soggetto/oggetto, esterno/interno, micro/macro, natura/cultura”.

È qui opportuno specificare che queste teorie non sono state indagate direttamente durante gli incontri, bensì […] si è avuta la possibilità di metterle, di fatto, in pratica nel contesto e rispetto alle tematiche del corso […]. Tutto ciò ha portato a un fertile terreno di scambio e a stimolare i vari interventi, conducendoci a sviluppare diverse prospettive, a essere in grado di moltiplicare le narrazioni e i confronti».

Cosa?

In merito al contenuto «materiale» del corso riportiamo un utile schema di uno dei docenti (Michele Zanardi) che in alcuni punti sintetizza bene temi, attenzioni e prospettive:

I principali argomenti affrontati

(1) Una consistente introduzione alla storia della ricerca sul Gesù storico e la sua relazione necessaria con la riflessione cristologica

(2) Una rilettura attenta della «via» di Gesù secondo le narrazioni evangeliche (con carotaggi nei sinottici e nella tradizione giovannea)

(3) Un approfondimento del mistero pasquale in dialogo con i teologi e i biblisti che hanno aiutato a scoprire aspetti importanti della rivelazione della pasqua di Gesù

(4) Una attenzione alla storia della tradizione cristiana con un focus sul periodo dei grandi concili cristologici

(5) Una sosta sul nesso – più volte emerso – del legame tra riflessione cristologica, ricerca storica e dimensione etica

Attenzioni metodologiche

(1) Una forte cura della prospettiva storica:

  • nell’indagine sulla vita di Gesù, secondo il «canone della quarta ricerca» (apporti interdisciplinari, attenzione al contesto storico-sociale-religioso ecc.)
  • nella «storia della ricerca» sulla vita di Gesù (contestualizzandone gli sviluppi nelle rispettive stagioni teologiche/ecclesiali/confessionali)

(2) Una coltivata attenzione all’uso dei testi:

  • Sia verso il testo biblico e la sua fenomenologia:

(a) lettura dei luoghi neotestamentari più significativi e di alcuni riferimenti veterotestamentari (sebbene a volte in modo più esemplificativo che esaustivo);

(b) lavoro pratico e seminariale di ricerca/comparazione/analisi su alcuni testi;

(c) schematizzazione delle principali ipotesi sulla formazione dei Vangeli e del Nuovo Testamento in dialogo con la Dei Verbum e i documenti successivi.

  • Sia verso gli autori (teologi/biblisti) presi in considerazione, con la proposta della lettura di alcuni brani significativi e un’introduzione alle loro bibliografie

(3) Una cura per lo sfondo esistenziale-biografico

  • come supporto essenziale all’interpretazione delle vicende dei vangeli e del Nuovo Testamento
  • come sottolineatura di alcuni snodi teologici ben radicati nella vicenda personale dei protagonisti della ricerca teologica e biblica
  • come interesse in sé della ricerca teologica, nello specifico in un contesto detentivo
Peculiarità (non scontate) emerse dal «gruppo di studio»

(1) Un gruppo umanamente accogliente:

  • verso gli esterni (docenti, tutor)
  • verso i colleghi, con la disposizione a dialogare e a portare avanti insieme lo studio

(2) Un gruppo interessato al corso

  • quantità di interventi, domande
  • capacità di tenere il filo delle lezioni, degli argomenti e delle questioni di fondo man mano emerse

(3) Un gruppo desideroso di esprimersi

  • negli interventi emergevano con chiarezza competenze pregresse e sensibilità particolari
  • come anche, con il procedere del corso, la consapevolezza dei propri interessi individuali di ricerca

(4) Un gruppo che soppesa e valuta le parole che ascolta: di ogni frase fatta in «ecclesialese», di ogni filo logico spezzato, di ogni conclusione affrettata, di ogni spiegazione procrastinata […] quasi sempre ha chiesto conto.

Alcune questioni di fondo emerse

(1) Il triplice nesso ricerca della verità/ricostruzione storica/traiettorie del credere

(2) Lo studio comparativo delle tradizioni religiose

(3) La dinamica delle relazioni e degli assetti di potere (interni e verso l’esterno) nello sviluppo della comunità credente

(4) Il senso della giustizia altra rivelata dal messia Gesù e le forme della giustizia umana

Perché?

Sul perché e sull’orizzonte del corso e della possibilità di studio della teologia in carcere spero che potremo ritornare quando, una volta che sarà stabilizzata l’esperienza, si potrà fare una valutazione dell’eventuale rilevanza – personale e istituzionale – del percorso teologico per gli studenti detenuti. Ad ora ci pare che accanto all’accoglienza cordiale e appassionata da parte di diversi gruppi di studio – oltre quello di quest’anno anche l’anno scorso si è svolto un corso di introduzione alla teologia – si possano fare almeno due semplici considerazioni.

La prima riguarda la teologia. Da più parti si insiste che la teologia – senza abbandonare in nulla uno studio storico, critico e teologico, preciso e prolungato – deve trovare nuovi contesti e linguaggi entrando in contatto diretto con i vissuti dei contesti umani[7]. Si tratta del duplice movimento della teologia individuato da Lonergan nel suo Metodo in teologia: in ascolto della tradizione per discernervi l’evangelo ed in ascolto del presente per poter mediare lì la parola evangelica.

La lettura e l’attraversamento del presente ha così bisogno di abitare le frontiere, laddove il vivere insieme degli uomini mostra al vivo le proprie questioni più vitali e decisive. Quando questo contatto della teologia con le periferie – umane e del pensiero – non ha luogo, sembra avvenire una sorta di slittamento verso l’autoreferenzialità e l’assenza di respiro.

Afferma Bergoglio nel gennaio del 1980: «un’opera perde il suo vigore apostolico quando è incapace di volgersi apostolicamente verso la «frontiera» e, di conseguenza, quando non sa raccogliere in sé le problematiche e le persone che fanno parte di quella stessa frontiera. L’opera comincia allora a morire»[8]. La teologia in carcere potrebbe, forse, essere un modo di abitare una – drammatica[9] – frontiera umana, sociale, religiosa, etica. Esperienza che – crediamo – non può lasciare immutata la teologia e le sue procedure dandole nuova linfa e vigore[10].

La seconda considerazione è simile e riguarda nello specifico la cristologia. Jon Sobrino afferma:

«Non bisogna dimenticare che nella storia si sono avute cristologie eretiche, che hanno ritagliato e ridotto la verità totale di Cristo; ciò che è peggio, si sono avute cristologie oggettivamente nocive, che hanno presentato un Cristo differente, perfino oggettivamente contrario a Gesù di Nazareth. Ricordiamo che il nostro continente [Centro e Sud America] cristiano ha vissuto secoli di oppressione inumana e anticristiana senza che la cristologia, a quanto pare se ne sentisse interpellata e senza che ciò comportasse una denuncia profetica in nome di Gesù Cristo»[11].

Il rischio è sempre quello di proporre cristologie eretiche – non solo incapaci di ortodossia, ma anche incapaci di orto-prassi e di orto-patia – quindi nocive o inutili. Il confronto con le molte questioni esistenziali e istituzionali, giuridiche e morali, che pone il contesto del carcere – come del resto molti altri mondi umani – crediamo potrebbe contribuire a sviluppare una cristologia più matura, più saggia e più umile che non vuole tenersi lontana «dal nodo del dramma umano»[12].


[1] Cit. in T.R. Peters, Teologia dal luogo della prigionia politica. L’esempio di Dietrich Bonhoeffer, in Concilium 5 (1978), 122-132.

[2] Cf. http://www.settimananews.it/societa/teologia-in-carcere/ e http://www.settimananews.it/teologia/fare-teologia-in-carcere/

[3] Per l’attuazione concreta del progetto si ringrazia il sostegno di AlmaLaurea e del fondo di solidarietà FAAC; per l’incoraggiamento e la collaborazione il cappellano del carcere Marcello Matté, per il coordinamento tecnico l’associazione Insight.

[4] Cf. G. Rossi, La teologia rinasce in carcere, in Corriere della Sera, 27 novembre 2022; per un tentativo iniziale in questo senso si può vedere il corso Carcere e Teologia dell’ISSR della Toscana della primavera 2024 http://www.issrtoscana.it/carcere-e-teologia/

[5] Per una breve descrizione del progetto si veda https://www.youtube.com/watch?v=g1u2jg5e1nw&t=5s da 12’ 40’’.

[6] Ringraziamo qui Michele Grassilli, Michele Zanardi, Marcello Matté, Marco Bernardoni.

[7] Cf. Non c’è riforma della Chiesa senza riforma della teologia, intervista a Piero Coda di A. Monda e R. Cetera, in Osservatore Romano, 27 luglio 2023 http://www.settimananews.it/teologia/coda-sulla-riforma-necessaria-della-teologia/

[8] J.M. Bergoglio, Criteri di azione apostolica (Bolet. de Espiritualidad de la Compania de Jesus, gennaio 1980), in Papa Francesco/J.M. Bergoglio, Pastorale sociale, Jaca Book, Milano 2015, 63.

[9] Nei giorni in cui scriviamo la situazione delle carceri italiane è (ri)tornata all’attenzione pubblica a causa di una serie di suicidi drammatici di persone detenute, si vedano Il Manifesto del 12 e del 13 agosto 2023.

[10] Cf. T.R. Peters, Teologia dal luogo della prigionia politica, 128: «La prospettiva dal basso, radicalizzata in carcere, ha soprattutto una conseguenza cristologica nella teologia di Bonhoeffer. “Che Dio getti il suo sguardo proprio là dove gli uomini hanno cura di distorglielo […] tutto ciò un carcerato lo può capire meglio di altri; questa per lui è veramente una lieta novella, e avendo fede in ciò sa di trovarsi in quella comunità cristiana che fa saltare ogni barriera di spazio e di tempo […]”».

[11] J. Sobrino, Gesù Cristo liberatore. Lettura storico-teologica di Gesù di Nazareth, Cittadella, Assisi 1995, 10. Ringrazio della segnalazione il prof. Sergio Tanzarella.

[12] EG 270.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto