In preparazione al 52° congresso eucaristico internazionale a Budapest (originariamente previsto dal 13 al 20 settembre 2020, ma rinviato da papa Francesco al 2021 data la situazione globale per la pandemia Covid-19), il teologo ungherese Lajos Dolhai, membro della Commissione teologica internazionale, ha preparato il testo che proponiamo ai lettori. In esso il teologo mostra come nel “Messale Romano” siano molti gli insegnamenti riguardanti “Dio sorgente della vita” (che è il titolo del congresso).
La liturgia è un elemento costitutivo della Santa Tradizione (DV 8). Infatti, fin dal Medioevo la gnoseologia teologica l’ha definita come locus theologicus (cf. M. Cano, De locis theologicis, 1563). Dunque, non sorprende che la teologia cattolica, non soltanto nella sfera liturgica ma anche in quella sacramentale, faccia abbondante riferimento alle preghiere della Chiesa.
Il concreto lavoro teologico ci dimostra che l’assioma lex orandi lex credendi è ben noto, riconosciuto e accettato dalla Chiesa (cf. CCC 1123-1124). Conseguentemente, oggi sempre più libri e studi presentano la fede della Chiesa sull’eucaristia proprio a partire dalla liturgia, o dalle preghiere liturgiche (per es., C. Giraudo, Eucaristia per la Chiesa. Prospettive teologiche sull’eucaristia a partire dalla lex orandi, P.U.G, 1989; A. Grillo, Eucaristia. Azione rituale, forme storiche, essenza sistematica, Queriniana, Brescia 2019).
Anche la costituzione Sacrosanctum concilium incoraggia in questo senso (SC 48), sottolineando come sia necessario uno sforzo per comprendere sempre di più il mistero eucaristico attraverso i suoi riti e le sue preghiere (per ritus et preces id bene intelligentes).
Vale dunque la pena di esaminare l’eucologia dell’attuale Messale Romano, al fine di vedere le verità principali della nostra fede.
Il titolo del nostro saggio mette in evidenza il nostro scopo. Prenderemo in esame i testi eucologici del Messale Romano attuale. Leggeremo il testo latino, considerando però, allo stesso tempo, la versione ufficiale italiana. Inoltre, nell’esposizione dei testi, ci saranno molto d’aiuto gli scritti dell’Antico e del Nuovo Testamento, e gli insegnamenti dei Padri, che si riferiscono al nostro tema.
Oltre a ciò, ci permetteranno di approfondire l’argomento i Concordantia verbalia Missalis Romani, editi nel 1983 e 2002, e numerosi saggi soprattutto in Ephemerides Liturgicae, nella Rivista Liturgica, in cui troviamo un’analisi delle orazioni del Messale Romano attuale.
Presso di te, Signore, è la sorgente della vita (Sal 36,10)
Nell’eucologia del Messale Romano attuale compare 9 volte l’affermazione che Dio è la sorgente della vita.
All’inizio dell’anno civile cominciamo la benedizione solenne con questa frase: «Dio, sorgente e principio di ogni benedizione». Nella prima domenica del tempo ordinario come antifona di comunione leggiamo le parole ben conosciute del Salmo 36: «Presso di te, Signore, è la sorgente della vita, nella tua luce noi vedremo la luce» (Sal 36,10). Durante la festa della Praesentatio Domini, benedicendo le candele, sottolineiamo che «Dio è fonte e principio di ogni luce». All’inizio della Preghiera eucaristica VII rendiamo grazie a Dio perché è «creatore del mondo e fonte della vita», mentre, nel prefazio della IV preghiera eucaristica, professiamo che Lui è buono ed è la «fonte della vita».
Anche le orazioni, poi, ci ricordano che «Dio, è fonte della nostra vita corporale e spirituale» (Ordo ad faciendam aquam benedictam), che è «orgine e fonte di ogni paternità», (cf. Martyres in Vietnamia, collecta), da cui consegue che Dio è «fons totius misericordiae» (cf. Die 1 maii, S. Joseph opificis, super oblata).
L’eucologia, però, conosce anche la tipologia dei Padri. Nella colletta di una delle messe votive (cf. Missa votiva ad diversa, Pro remissione peccatorum, B, colletta), ci si riferisce alla storia dell’acqua scaturita dalla roccia (Es 17,1-17; Num 20,6-7). Secondo i Padri, il Signore è la Roccia dalla quale scaturisce l’acqua nel deserto, e si accosteranno al Cristo, l’«acqua viva» per coloro che credono in lui (Gv 4,5-42).
Già dalle prime pagine della Bibbia risulta evidente che la sorgente di ogni vita è Dio. Lui ha creato il mondo e vi ha introdotto l’uomo. Il suo alito di vita sostiene ogni singolo essere vivente. Da lui, dal suo amore creativo, viene l’universo. È lui che ci dà la vita con tutti i suoi doni. Ogni vita sulla terra è così un dono di partecipazione della vita divina. Gli alimenti, indispensabili per la vita terrena, sono suo dono.
Già nel racconto della creazione dell’uomo (Gen 2,4b-25) si sottolinea che Dio non solo lo crea ma, allo stesso tempo, conserva e governa con la sua Provvidenza tutto ciò che ha creato. Nelle parole del Salmo c’è anche un invito, un incoraggiamento a lodare e ringraziare Dio per la sua opera, per le meraviglie del cosmo e per l’uomo che è la sua gloria e l’unica creatura che sa dirgli: «È in te la sorgente della vita».
Infatti, non è bastato all’amore del Padre pronunciare la Parola con cui tutto è stato creato; ha voluto che la sua stessa Parola prendesse la nostra carne. Dio, l’unico vero Dio, si è fatto uomo in Gesù e ha portato sulla terra la sorgente della vita. La fonte di ogni bene, di ogni essere e di ogni felicità è venuta a stabilirsi fra di noi, perché l’avessimo, per così dire, a portata di mano. «Io sono venuto – dice Gesù – perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
È ovvio che per i cristiani la sorgente di vita è Gesù Cristo. Basandoci sulla tipologia biblica (cf. Nm 20,6-7; Gv 4,5-42), possiamo giustamente affermare che la persona di Gesù è una fonte speciale, è «la sorgente della vita»; anzi è sorgente dell’«acqua viva». Secondo il commento di sant’Agostino: «Chi è la sorgente della vita, se non Cristo? È venuto a te nella carne, per bagnare la tua gola assetata; sazierà chi spera, Colui che ha bagnato l’assetato» (Enarrationes super Psalmos, 36,10).
Non solo la persona di Gesù, ma la sua stessa vita, il suo insegnamento, la sua morte e risurrezione, la grazia della sua redenzione, tutto ciò è fons salutis. Per questo il giovedi della Settimana santa, durante la Messa del crisma, il vescovo chiede ai fedeli che preghino perché i sacerdoti «vi conducano a lui, unica fonte di salvezza».
La Trinità è la triplice fonte
Dio stesso, creando l’uomo a propria immagine, ha iscritto nel suo cuore il desiderio di vederlo. Perciò il Salmista confessa: «Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente» (Sal 41,2-3). Il paragone con la cerva pone in rilievo il suo anelante desiderio di essere vicino a Dio («vedere il volto di Dio»).
Dio vivente ci appare come sorgente e la pienezza della vita per gli uomini. Secondo san Girolamo, questo Dio è la Trinità: «Che il Padre sia sorgente, è scritto nel profeta Geremia: “Hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate che non tengono l’acqua” (Ger 2,13). Del Figlio poi leggiamo in un passo: “Hanno abbandonato la fonte della Sapienza” (Bar 3,12). Infine, dello Spirito Santo si dice: “Chi beve dell’acqua, che io gli darò… (questa) diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14). L’evangelista spiega il passo dicendo che questa parola del Signore si riferisce allo Spirito Santo. I testi citati provano chiarissimamente che il mistero della Trinità è la triplice fonte della Chiesa. A questa fonte anela l’anima del credente, questa fonte brama l’anima del battezzato, dicendo: L’anima mia ha sete di Dio, fonte viva (cf. Sal 41,3)» (dall’Omelia ai neofiti sul salmo 41).
In breve: «Dio è la fonte di vita per l’uomo e gli dà la forza di gioire nell’amore e nella fedeltà (Ger 2,13; 17,8). Lontano da Dio, l’uomo non è che una terra arida e senz’acqua, votata alla morte (Sal 143,6). Egli, quindi, aspira a Dio come la cerva all’acqua viva (Sal 41,2)».
Non è un caso che incontriamo il Salmo 41 cinque volte nelle antifone delle comunioni. Esso ebbe un ruolo speciale nella vita dei primi cristiani e nei Padri. Nelle decorazioni dei battisteri vediamo spesso Cristo raffigurato nelle vesti del Buon Pastore, circondato dal gregge, in uno scenario paradisiaco di alberi, fiori e fonti. Vi sono anche cervi che bevono alle fonti. Essi sono espliciti riferimenti al Salmo 41: «Sicut desiderat cervus ad fontes aquarum». Questo testo simboleggia la sete dei catecumeni di ricevere il battesimo.
San Girolamo, quando illustra Sal 41,2-3, subito dice che i cervi siamo noi, i cristiani, i battezzati; la fonte della Chiesa, poi, è la Santa Trinità perché è grazie alla Trinità che siamo rinati dal battesimo: «Dunque come quei cervi anelano ai corsi d’acqua, così anche i nostri cervi che, allontanandosi dall’Egitto e dal mondo, hanno ucciso il faraone nelle loro acque e hanno sommerso il suo esercito nel battesimo, dopo l’uccisione del diavolo, anelano alle fonti della Chiesa, cioè al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo» (dall’Omelia ai neofiti sul salmo 41).
Sant’Agostino voleva sottolineare che gli occhi interiori sono capaci di vedere questa fonte, e una sete interiore arde in noi, nel desiderio di lei. Allora consiglia: «Corri alla fonte, desidera la fonte. Ma non correre in un modo qualsiasi, come qualsiasi animale. Corri come il cervo. Che significa “corri come il cervo”? Che non sia lenta la corsa; corri veloce, desidera presto la fonte» (Enarratio super Palmos 41,2).