Dal mio punto di vista potrei esclamare: finalmente si parla di cose serie, ovvero del fondamento della nostra fede e della nostra teologia. Accade, infatti, che sulle pagine di ADISTA (che si qualifica come un cantiere per la costruzione di alternative Adista Documenti n° 15 del 24/04/2021) si affronti la tematica del post-teismo in relazione a quella del “soprannaturale” e della resurrezione di Cristo. Era ora!
Il soprannaturale
Una premessa di stile, ma non irrilevante, riguarda la prospettiva indicata da Gilberto Squizzato, come introduzione, polemica, alla sua riflessione, molto interessante, critica e stimolante vs la posizione di Ermanno Arrigoni in particolare sul tema del “soprannaturale”.
Scrive l’Autore dell’articolo: «Mi permetto di avanzare una sommessa obiezione a quest’ultima severissima affermazione di Arrigoni, precisando che io mi sono laureato in filosofia non alla Cattolica ma alla laica Statale di Milano e che per mezzo secolo ho dedicato gran parte delle mie indagini all’esegesi biblica e alle studio teologico come ricercatore “off limits”, anzi “borderline”, con estremo rigore metodologico ma senza mai aver superato esami o discusso tesi di laurea assoggettandomi alle autorità istituzionali ecclesiastiche cattoliche».
In tal modo mette il dito sulla piaga della separazione fra pensiero laico e cultura cattolica, imperante nel nostro bel Paese. Non si tratta, infatti, di dove si è studiata la teologia o il pensiero cristiano, ma di come. Non è questione di Facoltà Teologiche ecclesiastiche o Università statali, né di “sottomissione” ad alcunché: vi sono eccellenze (ed espressioni di libertà e onestà intellettuale) e mediocrità (servilismo e adulazione) dall’una e dall’altra parte. Finché questo pregiudizio ideologico non verrà superato, percorreremo mondi diversi e paralleli a discapito dell’Italia e della sua cultura.
La “severissima affermazione” che viene contestata ad Arrigoni riguarda il “soprannaturale”: «Il problema è che questi teologi negano il soprannaturale, ma senza il soprannaturale il cristianesimo è finito». Ho rilevato, non senza un certo imbarazzo, l’espulsione della voce “Soprannaturale” dal dizionario Teologia (ed. San Paolo, Ciniselllo Balsamo 2002, curato da Giuseppe Barbaglio, Severino Dianich e Giampiero Bof), al quale mi è stato concesso onere/onore di contribuire con la voce “Rivelazione”, invece nell’edizione del 1977 (Paoline, Alba – Nuovo Dizionario di Teologia, curato da Barbaglio e Dianich) la voce “Soprannaturale” era stata affidata proprio a Giampiero Bof. Sintomatica evoluzione/involuzione della teologia italiana e non semplice dimenticanza!
Resurrezione
Mentre da un lato si contesta il concetto di “natura”, ad esempio nelle sue aggettivazioni: legge naturale, diritto naturale, teologia naturale, dall’altro non si coglie che proprio il “soprannaturale”, autenticamente inteso, costituisce un luogo critico rispetto a prospettive naturalistiche ed essenzialistiche del divino e dell’umano.
E che c’entra la resurrezione di Gesù? Il punto di aggancio della nostra fede con l’esistenza umana concreta sta nella nozione di “corpo soggetto”. Se non si comprende e non si riprende tale orizzonte non si esce da una sterile dialettica naturale/soprannaturale.
Il testo di riferimento è sempre quello di 1Cor 15, 39-45 (testo greco, qui):
15:39 Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci.
15:40 Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri.
15:41 Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore.
15:42 Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile;
15:43 si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza;
15:44 si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale. Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che
15:45 il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.
La dottrina cristiana del corpo, non considerato soltanto come un modo determinato e contingente della nostra esperienza storica, ma come una realtà ontologica costitutiva della natura umana, comporta una serie di affermazioni sorprendenti, che secondo il filosofo Michel Henry hanno un senso solo se comprese alla luce della nozione di “corpo soggettivo”: “Solo se il nostro corpo è, nel suo essere originario, qualcosa di soggettivo, le brevi allusioni della dogmatica a proposito del suo destino metafisico possono essere altra cosa che delle concezioni stravaganti”.
Stravaganti, in effetti, dovevano necessariamente sembrare, agli occhi dei Greci, delle affermazioni come quella che sostiene la resurrezione del corpo. Ecco perché i Corinzi sghignazzavano allorché Paolo pretendeva di non riservare all’anima il privilegio di questa resurrezione. È chiaro al contrario che se l’essere originario del nostro corpo è qualcosa di soggettivo, esso cade, allo stesso titolo della nozione di “anima”, sotto la categoria di ciò che è suscettibile di essere ripreso e di essere giudicato.
Il corpo
È manifestamente al contenuto della teologia cristiana che Rimbaud ha improntato l’affermazione: les corps seront jugé. Mi preme allora ricordare come la distinzione fra “corpo oggettivo” e “corpo soggettivo” svolga un ruolo importante nella elaborazione di una antropologia ispirata all’ontologia trinitaria nell’opera più ponderosa di Edith Stein.
In questa prospettiva allora, il corpo di Cristo rappresenta una soggettività che in parte possiamo assimilare alla nostra, in parte risulta distante (“l’analogia è il più bello dei legami” – Platone) e proprio per questa peculiarità è soggetto della resurrezione e, in quanto supporto della soggettività del λόγος, non è destinato alla corruzione. Al contrario, i nostri corpi si corrompono, perché abitati da una soggettività meramente contingente e quindi, per noi, la resurrezione sarà una “nuova creazione”. In questo senso non si vede alcuna obiezione alla cremazione dei cadaveri anche in ambito cristiano.
E Dio che c’entra? Le formule più antiche che ci raccontano l’evento fondatore hanno come soggetto proprio Dio, il Padre, che risuscita il Nazareno dai morti. Lo risveglia e lo innalza. E ciò accade perché l’io di Cristo è profondamente innestato nella natura divina. Il messaggio per noi è che parteciperemo di questo risveglio/innalzamento, che trasfigura la natura umana in un oltre cui aspira e che persegue nella sua esistenza storica, attraverso l’arte, la scienza, la cultura e la religione.
Ho letto con interesse i testi diretti in questa pagina e di quelli indicati nei link. Molto umilmente vorrei dire anch’io cosa ne penso e di cosa vivo.
Secondo Paolo “la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rm 10,17) e anche se-condo Giovanni l’inizio della fede avviene come per “quelli che crederanno in me mediante la loro parola” (Gv. 17,20). In altre parole, Paolo e Giovanni indicano, alle generazioni successive a quella apostolica (che aveva anche il vedere la presenza fisica del corpo del Risorto), la Parola come luogo di incontro con il Ri-sorto, il quale cercandoci (come primo esempio Tommaso), possiamo accoglierlo e a nostra volta, cercarlo.
Ritengo che l’intreccio di questa ricerca, anzitutto con l’iniziativa primaria del Risorto e le nostre magari tardive risposte, sono l’evento per ciascuno oggi qui visibile, plausibile e praticabile, dove la fede ne è l’adesione fruttuosa a quell’intreccio che il Risorto ha innescato con la sua Pasqua.
Non sono in grado di dire “dove sia” quel “corpo” del Risorto ‒ così si chiedeva la Maddalena ‒, posso dire però cosa accada dalla generazione apostolica ad oggi: trovarsi assieme a “spezzare il pane” è l’occasione in cui ho/abbiamo la possibilità e la praticabilità di stare alla presenza del “Corpo di Cristo” e di riconosce-re che quanti si ritrovano in questa esperienza sono in un qualche modo una continuità del “Corpo di Cri-sto”.