Pubblichiamo qui la relazione conclusiva di due tutor del progetto di invito alla teologia in carcere di cui si è qui già trattato[1]. I due giovani tutor raccontano l’esperienza – iniziale – di riflessione teologica a livello universitario presso la Casa Circondariale. Esperienza organizzata negli ultimi mesi dall’Istituto superiore di Scienze religiose di Bologna e dalla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna[2]. Il racconto è arricchito con alcune interessanti osservazioni personali.
L’enfasi è posta sulla possibilità effettiva di scegliere quali azioni intraprendere,
quali traguardi realizzare, quali piani di vita perseguire e in questa libertà risiede il concetto di giustizia (A. Sen).
In questi giorni si è concluso il progetto di invito alla teologia e alla filosofia presso la Casa Circondariale di Bologna. L’esperienza ha coinvolto circa una decina di persone detenute e sette relatori che si sono susseguiti nello svolgimento degli incontri.
I cinque appuntamenti hanno trattato tematiche inerenti alla teologia fondamentale e biblica, alla filosofia della natura e alla storia della Chiesa. Nel dettaglio si è cercato di entrare a contatto con il tema della rivelazione divina, dell’interpretazione della Scrittura, del pluralismo religioso e del rapporto tra la giustizia di Dio e la presenza del male nel mondo.
Le ragioni che hanno portato a scegliere di intraprendere questo percorso sono duplici: da un lato, è stata un’esperienza voluta e richiesta dalle persone detenute, dall’altro, vi era il desiderio da parte degli organizzatori di creare nuove opportunità di studio anche all’interno del carcere.
Per loro natura le questioni teologiche si prestano bene a un’analisi introspettiva ed esistenziale e questa loro peculiarità ha permesso di trovare all’interno del contesto carcerario un terreno molto fecondo.
Una teologia che sa di vissuto
Le lezioni si sono svolte in maniera dialogica e seminariale: questo ha permesso di approfondire le questioni trattate alla luce di domande e osservazioni provenienti principalmente dalle persone detenute, che si sono mostrate interessate e stimolate dagli argomenti affrontati.
Colpisce, agli occhi di un osservatore esterno, la grande attenzione e curiosità dalle quali erano animate. Sono state formulate domande di senso sulle questioni principali della teologia come l’esistenza di Dio, il significato della vita e della morte, l’origine dell’uomo e dell’universo, arrivando ad approfondire e a riflettere su situazioni più attuali come il pluralismo religioso e l’utilizzo delle nuove tecnologie.
Tra le domande che ci paiono più interessanti, a titolo di esempio, riportiamo le seguenti: “Se il Creatore è uno solo, perché ci sono così tante religioni?”; “Perché esistiamo?”; “Ci ritroveremo con i nostri defunti?”; “Ma Cristo è risorto veramente? Come facciamo a sapere che ciò che dice la Chiesa è veritiero?”; “In che modo la Chiesa definisce e riconosce l’ispirazione di un libro biblico?”.
Questioni come queste sono state il leitmotiv degli incontri del corso e hanno permesso sviluppi a tratti inaspettati e originali.
Gli interventi dei relatori[3], ragionati e preparati precedentemente, non subivano rallentamenti dagli interrogativi dei partecipanti, ma al contrario le loro provocazioni permettevano un arricchimento della spiegazione e la possibilità per ciascuno di esprimere il proprio punto di vista. È a partire da questo che le domande espresse erano saturate del vissuto e delle esperienze degli studenti; di conseguenza gli incontri non vertevano su questioni astratte e intangibili, ma permettevano di percepire un forte risvolto personale e significativo di tutti i partecipanti.
Conclusioni
In sintesi, il percorso svolto in questi cinque incontri ha sicuramente riportato un esito favorevole. Da parte dei relatori l’esperienza è stata molto positiva. Grazie ad ascoltatori così interessati e stimolanti, i professori hanno trovato terreno fertile per i loro interventi e riflessioni.
Le persone detenute, da parte loro, hanno acquisito nuove conoscenze e avuto modo di rispondere ad alcune curiosità e ricerche personali.
L’incontro tra questi elementi si è mostrato singolarmente efficace e ha permesso la realizzazione di dialoghi molto costruttivi e significativi.
Per questo motivo l’idea preliminare di aprire la via ad una formazione accademica in scienze religiose rivolta a persone in detenzione risulta possibile, attuabile e auspicabile. Questo percorso di studio permetterebbe, da un lato, la possibilità di un processo di crescita culturale e personale per le persone detenute, dall’altro, il loro punto di vista – così attraversato dalla vita e dai suoi drammi – arricchirebbe sicuramente la riflessione teologica e filosofica.
[1] Teologia in carcere.
[2] Si ringrazia il fondo di solidarietà Faac che ha reso possibile questa e altre iniziative di ricerca e studio in ambito detentivo.
[3] I proff. Maurizio Marcheselli, Marco Casadei, Maurizio Rossi, Marcello Mattè, Marco Bernardoni, Marco Giovannoni, Fabrizio Mandreoli.
Molto interessante.Sarebbe stato anche per il.mio maestro amico Massimo Pavarini,penso