“Alla Chiesa non deve mai mancare il coraggio di proporre la preziosa virtù della castità, per quanto ciò sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune. La castità (prima del matrimonio) va presentata come autentica alleata dell’amore, non come sua negazione». È un’affermazione (n. 57) del documento Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le Chiese particolari pubblicato — con la prefazione del papa — dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.
L’insistenza sulla castità non viene dall’incomprensione dei tempi che viviamo – come sostiene qualche teologo a la page – ma dal convincimento che si tratti di una scelta di vita ancora oggi possibile e di una «condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale» (Amoris laetitiae, n. 206).
Castità ed educazione dell’intelligenza erotica
Agostino di Ippona (354-430) è stato il primo pensatore dell’occidente che ha parlare di tre libidines insite in ogni essere umano. Libido sentiendi, libido sciendi, libido dominandi, mentre secondo Pascal, che di Agostino fu fervente ammiratore, ci sono tre libidines la libido dominandi, la libido possidendi e la libido amandi).
Ognuna di queste libidines può generare pulsioni idolatriche ed egocentriche che ci alienano e contraddicono i nostri rapporti con noi stessi, con gli altri e con le cose. Infatti, uno dei primi fronti di lotta del cristianesimo fu proprio contro i costumi sessuali idolatrici che caratterizzavano i vissuti del mondo pagano. Ne troviamo testimonianza nei testi paolini e nelle numerose opere dei padri della Chiesa dedicati alla virtù della verginità.
Pertanto è quanto mai opportuno “addomesticare” (educarle) queste libidines perché, secondo l’autore de Il Piccolo Principe, “non si conoscono le cose che non si addomesticano”.
La pulsione non “addomesticata” crea nell’uomo un’introflessione verso di sé e i propri presunti bisogni e desideri, secondo una logica che non è più quella iconica, dell’uomo cioè che, in forza del suo essere fatto a immagine e somiglianza di Dio si fa memoria attiva di Dio sulla terra che gestisce in suo nome, ma piuttosto autoreferenziale e caricaturale.
L’uomo, infatti, così non fa altro che trasformare Dio stesso in una orrenda caricatura, che deforma il volto del Dio-amore. Questo crea, inoltre, un disequilibrio nell’uomo stesso, perché le “passioni-energie”, in sé buone e necessarie, vengono rivolte verso di sé, piuttosto che verso l’esterno. È come se ci si ritrovasse all’interno di un’esplosione di difese immunitarie. E così nascono i vizi capitali, nella fattispecie la lussuria.
Siamo consapevoli che l’uomo trova il senso della sua vita nell’amare. L’eros è la pulsione fondamentale che lo abita, è parte integrante della sua fame d’amore. Tuttavia anch’esso deve trovare dei limiti, deve cioè essere attraversato dalla dinamica del desiderio. L’eros deve accettare la differenza e la distanza. La libido amandi consiste innanzitutto in quell’impulso che ci spinge a vivere seguendo unicamente ciò che provoca in noi sensazioni di piacere.
Questa libido trova evidentemente una manifestazione privilegiata nella sfera erotica, dove la perversione del desiderio sessuale può giungere a fare del partner un mero oggetto.
Lungi dall’essere ridotto a bisogno da soddisfarsi immediatamente, l’eros dovrebbe invece essere traversato dalla dinamica del desiderio: ciò significa accettare la sfida della differenza e della distanza, restare aperti al rischio dell’incontro con l’altro. L’intelligenza erotica deve praticare la distanza per amare meglio.
La volpe esprime a parole un desiderio di essere educata, vuole essere addomesticata, portata nella domus, dentro la casa dell’anima del Piccolo Principe. La castità è la domus in cui la libido amandi si “umanizza” e si trasfigura in autentico dono di sé da vivere poi per tutta la vita nella vocazione matrimoniale (dono esclusivo) o nelle diverse vocazioni di apostolica vivendi forma (dono inclusivo).
Castità via all’amare maturo
L’amore ha bisogno di consegna ma anche di autonomia. Se c’è troppa distanza, non c’è legame ma, se c’è troppa vicinanza, non c’è più connessione. C’è fusionalità. La separatezza è essenziale alla salute del legame affettivo, altrimenti ci si trova di fronte a comportamenti compulsivi nell’esercizio sfrenato della propria sessualità e nell’utilizzo del corpo altrui.
L’erotismo e la passione hanno, invece, bisogno di distanza per rimanere vitali. Il fuoco ha bisogno di aria per bruciare e una coppia ha bisogno di essere formata da due individualità distinte e in crescita personale dinamica per essere viva. Abbiamo bisogno di mistero per desiderare.
La dominante dell’eros deve fuggire la cosificazione dell’altro e la perversione del desiderio, per tornare a essere dinamismo di incontro e immissione nel mistero di comunione in cui l’uomo e la donna esprimono il loro amore, fino a celebrarlo in quella che Giovanni Paolo II osava chiamare la «liturgia dei corpi». In questo cammino occorre esercitarsi all’ascesi umana, alla lotta contro la spersonalizzazione della pulsione e la reificazione della sessualità. Ecco che la castità si rivela virtù liberante e quanto mai generativa per la relazione.
Quando l’intimità conosce solo il linguaggio della fisicità diventa arida. “Quando, infatti, come spesso accade, la dimensione sessuale-genitale diventa l’elemento principale, se non l’unico, che tiene unita una coppia, tutti gli altri aspetti, inevitabilmente, passano in secondo piano o vengono oscurati e la relazione non progredisce” (n. 57).
Quando esiste solo lo spazio fisico condiviso e non quello personale, non ci si sta amando: si è solo in un delirio possessivo che rischia di fissarsi sulla “strumentalizzazione fisica dell’altro” (n. 57). La castità ha “una dimensione positiva importantissima di libertà dal possesso dell’altro” (n. 57).
L’esercizio della castità esige però una lotta. La lotta esige qui la capacità di disciplinare la pulsione sessuale per non pervenire a un’assolutizzazione che ne imponga l’immediata soddisfazione.
La lotta interiore è il cammino attraverso il quale, nello spazio della libertà e dell’amore, si apprende l’arte della resistenza alla tentazione e l’arte della scelta. Avere un cuore unificato, un cuore puro, sensibile e capace di discernimento, un cuore che custodisce e genera pensieri d’amore: ecco lo scopo del combattimento e della resistenza interiore, arte davvero appassionante. È necessaria una grande lotta antiidolatrica per essere liberi di servire e amare ogni uomo, ogni donna, ogni creatura; insomma, per giungere a fare della nostra vita umana un capolavoro.
La tragedia dell’idolatria è quella narcisistica dell’autoaffermazione. L’idolatra non si china sugli altri, li ignora. Persegue solamente il suo Dio. Gli sfugge che non è lui il Creatore e non è lui il Salvatore. Gli sfugge il limite che lo connota come creatura. Gli sfugge che ciò che dà senso pieno alla vita è l’essere per gli altri. L’eros bramoso e affascinante (per la promessa di felicità), dovrà sempre più cercare la felicità dell’altro, altrimenti con il tempo muore.
L’eros indisciplinato non conduce a Dio, ma degrada l’uomo. L’eros ha bisogno di disciplina e purificazione per dare all’uomo non il piacere di un momento, ma il pregustamento del vertice dell’esistenza, della beatitudine a cui tende. Il fascino dell’amore è che promette eternità, promette qualche cosa di più grande del quotidiano. Ma solo l’amore purificato e maturo mantiene questa promessa. La castità è via all’amore purificato e maturo.
Affinché l’eros mantenga la promessa d’eternità deve aprirsi alla trascendenza, fatta di ascesi, rinuncia, guarigione, purificazione e maturazione. La trascendenza è lo strumento affinché l’eros si purifichi in agape. Solo così l’amore potrà durare nel tempo e oltre il tempo.
Mi domando se in certi casi non si potrebbe catalogare determinati “peccati” come quelli nei confronti del 5 e 6 comandamento, a grossi peccati veniali, copribili però con ettari di carità. Mi spiego meglio. Per vivere la castità prima del matrimonio occorre essere in due: due fidanzati, appartenenti alla comunità cristiana (movimenti, associazioni ecc) che si innamorano e scelgono di sposarsi. Altrimenti, l’altra via indicata nell’articolo é quella del celibato apostolico, per chi non si sente chiamato alla prima. Ma per chi non vive un’appartenenza così profonda nei confronti della chiesa? Per chi non fa parte in modo così vivo di un popolo, di una comunità, ma in modo molto singolare (singolo) compie i suoi passi di fede? Magari non si sente chiamato né alla prima vocazione (perché non ha nemmeno una ragazza così cristiana di cui innamorarsi) ma per ovvi motivi nemmeno alla seconda. E cosa fa? Forse non é stato chiamato ad essere cristiano. Oppure bisogna tratteggiare nuove prospettive di appartenenza. (Tornando all’articolo, unirsi a una ragazza non cristiana, avere dei rapporti sessuali con lei e sperare passo dopo passo di avvicinarla alla fede, sarebbe considerabile un tradimento del vangelo, o una via più lunga per il suo raggiungimento?) Probabilmente la prima.
Bisognerebbe capire che quello che la chiesa insegna, è ciò che Dio vuole , e che la chiesa è guidata dallo spirito Santo , Dio ci vuole santi perché lui stesso è santo.. santo il padre santo il figlio santo lo spirito, e la via per la santità è quella stretta quella in cui Dio prova la fedeltà di comunione di amore dei suoi figli e lo fa attraverso le prove, che certamente non sono giochi per bambini come vorrebbero coloro che non hanno voglia di abbandonare i loro piaceri e le loro abitudini divenute il loro stesso Dio , perché difatto pongono esse davanti al volere dell’Altissimo..
L’amore si prova anche nella sofferenza e nelle rinuncie dei piaceri mondani, altrimenti tutti saremmo santi, perché basterebbe dire ti amo ti amo Signore…
Colui che ci ha creati è sapiente ci accresce nella fede, e ci dona le grazie necessarie per elevarci a lui , ma ci chiede di essergli anche fedeli e di impegnarci a metterlo veramente al primo posto..
e per farlo bisogna essergli obbedienti , e lo si fa obbedendo alla chiesa e al padre spirituale..
Gesù stesso ci ha mostrato la via , obbedienza al la volontà del padre , pesino ai suoi carnefici , è obbediente ai sacerdoti lo è stato con i suoi genitori..
È l’unica via.. evitare tutto ciò recherà all’anima molta sofferenza che dovrà espiare .. espiare le mancanze di amore verso il Signore suo Dio in purgatorio, se per misericordia divina avrà la grazia di non dannarsi .
Invito voi tutti a leggervi il diario di Santa Maria Faustina Kowalska , vi aiuterà a capire meglio l’importanza della Santa obbedienza.
Com’è difficile essere cattolici.
Castità assoluta fuori dal matrimonio.
Fedeltà totale al coniuge.
Apertura alla vita e cioè divieto di contraccettivi e aborto.
Impegno ad amare i nemici come gli amici.
Ragazzi non è facile.
Si capisce che tanti vogliano sfuggire a tutto questo.
Si capisce ma non si giustifica.
Gesù ha detto così poco sull’argomento che forse ha spinto tanti a voler colmare i vuoto. La chiesa ha parlato per secoli e secoli si sessualità e guardate come siamo ridotti. E non certo perché la gente è cattiva. Semplicemente perché si è capito che la chiesa col sesso non ci azzecca tanto. Dopo secoli di prediche, documenti e discussioni non sarebbe meglio tacere per un po’?
Il problema è che chi vuole ridurre l’altro a un oggetto per soddisfare le proprie voglie non solo non tacerà assieme a noi, ma urlerà più forte…
Concordo ma allora distinguiamo con chiarezza. Invece si spara nel mucchio. E si trattano allo stesso modo rapporti patologici da rapporti non patologici ma semplicemente avvenuti fuori dal matrimonio. Anche no.
Dispiace constatare che per difendere un documento vaticano, assai discutibile, si debba gettare discredito su un “teologo a la page” che non ha fatto altro che esprimere un’opinione, peraltro fondata sulle Scritture. Scomodare il “libertino” Agostino e “Il piccolo principe” per supportare tesi che sono pertinenti in un discorso di educazione sessuale, ma non hanno nulla a che fare con i rapporti pre-matrimoniali. Una caduta di stile che, per la verità, ridimensiona il giudizio, inizialmente positivo, che si poteva nutrire leggendo gli articoli pubblicati su questa veneranda e onorata rivista. Impareranno i preti cattolici e le religioni in genere che non spetta a loro gestire la sessualità degli uomini e le donne?
L’opinione del teologo, fondata sulle Scritture, cui qui si allude, riguarda il termine biblico “conoscere” che è anche sinonimo di avere rapporti sessuali. Dunque, per accogliere l’altro pienamente devo prima conoscerlo. Ecco quindi legittimati, anche dalla Scrittura, i rapporti pre-matrimoniali.
Con tutto il rispetto per questa lettura, vi vedo una fallacia logica, ma ancor più esistenziale. Davvero la conoscenza piena e intima dell’altro precede la sua accoglienza (uso volutamente questo termine entrato nel nuovo Rito del Matrimonio)? Se fosse davvero così, data la molta “conoscenza” nei rapporti inter-umani del tempo odierno, mi aspetterei molta più stabilità e profondità dei legami affettivi. Sinceramente, non mi risulta.
Vedi Angelo….