Di fronte al dilemma circa la scelta politica ed elettorale fra un partito e un candidato che si dichiara favorevole a una legislazione abortista e un avversario che, invece, ritiene che si debbano respingere gli immigrati, nel dialogo coi giornalisti di ritorno dal suo recente viaggio in Estremo Oriente, papa Francesco ha invitato a decidere in coscienza per il «male minore».
La questione è drammatica per il credente, proprio perché entrambe le posizioni – ha detto il papa – si rivelano contro la vita. La tentazione di non partecipare al voto, per il fatto che non esiste un partito che possa rappresentare in pienezza le posizioni cattoliche, può essere forte e costituire una scorciatoia di facile e comodo accesso.
Si comprende altresì che, per quanto la domanda sia sorta in occasione dell’attuale campagna elettorale statunitense, essa tuttavia riguarda anche i credenti elettori del nostro Paese e della nostra Europa.
Esclusa dunque la possibilità dell’astensione, anche il teologo non può non chiedersi quale possa essere il minor male e non credo possa sottrarsi dall’offrire il proprio contributo anche pubblico al discernimento. In caso contrario, verrebbe meno alla sua missione di intellettuale e al suo impregno nella Chiesa e nella società.
Interruzione di gravidanza
La riflessione che segue nasce con questo intento e appartiene all’opinione, che cercherò di documentare, di chi scrive, con l’intento che possa essere di aiuto alle scelte personali di ciascuno, anche magari solo come cartina di tornasole per optare diversamente.
Sia pur nell’orizzonte del rifiuto della vita che accomuna le due prospettive citate, mi sembra utile cogliere la differenza che riguarda il fatto che la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza non costringe nessuno a ricorrervi. Sarebbe una legislazione permissiva, ma non coercitiva.
Il che ci porta a considerare il fatto che come comunità credente, in alleanza con quanti condividono il nostro orizzonte antropologico, abbiamo da abitare, in una società pluralista, lo spazio della formazione delle coscienze, perché giungano a decisioni coerenti con la vita. Un impegno non da poco che, a livello politico, si dovrebbe esprimere, nelle sedi opportune, nel rifiuto a considerare l’aborto come un «diritto», in quanto il diritto non si può fondare sulla morte.
Altra cosa è la depenalizzazione di chi, spesso in circostanze drammatiche, ha compiuto tale scelta e la possibilità che essa non produca ulteriore mortalità o attentato alla salute della persona.
Respingimento dei migranti
A fronte di tale prospettiva «permissiva», il respingimento dei migranti assume invece una forma coercitiva e fortemente lesiva della vita e della dignità della persona. Nella campagna elettorale statunitense si è usato il terribile termine di «deportazione».
Per quanto i flussi migratori debbano il più possibile realizzarsi nella legalità, il rifiuto del soccorso in mare, il dirottare le imbarcazioni verso porti lontani da quello più agevole da raggiungere, il respingimento o il trattenere gli immigrati in strutture molto simili a delle carceri, assumono il volto dell’imposizione e quindi vanno rifiutati dal cittadino credente.
Tali opzioni non lasciano spazio alle scelte individuali né alla formazione di coscienze accoglienti, perché in capo a chi detiene il potere politico. Il singolo, in questa prospettiva, nulla può per contrastarla se non evitare di votare per chi persegue tali obiettivi.
La coscienza credente e teologica di chi scrive individua quindi in tal modo il male minore, con le motivazioni addotte, esponendosi al confronto e al dialogo con chi non condividesse tale opinione, che non omologa le due diverse posizioni politiche, mettendole sullo stesso piano, ma, proprio perché ritiene che si debba scegliere e votare, si impegna a cercare le ragioni della propria scelta elettorale nel caso del proprio Paese, simpatetica rispetto ad altri.
Il rimando alla «coscienza» da parte di papa Francesco risulta quindi fondamentale in occasione di scelte importanti per il futuro delle persone e della società e l’auspicio è che ciascuno si metta in ascolto di questa voce interiore illuminata dalla ragione e dalla Parola.
Qui si confonde “male minore” con “male AL minore”, inteso come smembrare un nascituro (creatura indifesa ed innocente per definizione).
” la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza non costringe nessuno a ricorrervi” . Ci mancherebbe! Ma costringe il bambino che vive nel grembo della madre a morire. Non è anche questa una costrizione e per di più a danno del più debole?
La ricerca del male minore che crea un grave caso di coscienza agli elettori americani si ripropone anche in tanti altri Stati fra cui l’Italia dove si è costretti a scegliere tra una destra egoista e razzista e una sinistra paladina del pensiero unico radical-agnostico-relativista portatore di conseguenze nefaste in ordine al rispetto della vita e alla famiglia. Non sarebbe finalmente il caso che i cattolici, superando le attuali contrapposizioni, si unissero in un movimento politico, non confessionale e aperto a chiunque ne condivida i valori di fondo, che metta al centro il valore della persona con tutti i suoi diritti fondamentali (difesa della vita, lavoro, educazione, sanità, solidarietà soprattutto verso i più deboli, difesa dell’ambiente e soprattutto il valore della pace, così dimenticata dai programmi
dei vari partiti)?
Il giochetto retorico del rapporto fra permissività (aborto) e coercizione (migranti), per considerare male “minore” il voto a una cedrta parte politica, non funziona per due ragioni. Nel primo caso si permette SICURAMENTE un’omicidio, nel secondo può solo “permetterlo” in certi casi non soccorrendo chi emigra, Tanto è vero che il numero di chi riesce a sbarcare è infinitamente maggiore di quanti soccombono. Inoltre l’elettore sceglie non solo in base alle due problematiche citate, ma sulle politiche complessive (fisco, giustizia, sicurezza, libertà,cultura, credibilità, ecc.) di un partito o di una coalizione. Dunque il criterio MALE MINORE si dilata assai. Infine chi sostiene la linea abortista, non la giustifica come espressione di LIBERTA’ (alias PERMESSO di) ma come DIRITTO di , con le conseguenze socioculturali ben note, che un cattolico difficilmente può condividere. La questione è quindi più complessa.