È uscito il nuovo numero di Studia patavina (1/2023), la rivista della Facoltà teologica del Triveneto, con un focus su Metafisica e teologia, a cura di Giovanni Trabucco (Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale), e un contributo di Adriano Pessina (Università Cattolica del Sacro Cuore) su Intelligenza artificiale e condizione umana. Un numero ricco contenuti, che toccano anche il rapporto delle famiglie con la chiesa, il tema della solitudine e silenzio nella poesia di Emily Dickinson e questioni di antropologia.
Metafisica e teologia
Il focus “Metafisica e teologia. Pensiero dell’assoluto e realismo della rivelazione” trova motivo di pertinenza e di interesse anche pastorale «nel riconsiderare il rapporto tra metafisica e teologia nel contesto attuale, connotato dalla riaffermazione della rilevanza del soggetto e, nello stesso tempo, dalla constatazione della sua debolezza», spiega il coordinatore Giovanni Trabucco.
La teologia medievale ha cambiato la metafisica – estendendola a un’istanza che la eccede – più di quanto abbia fatto di “nuovo” la teologia stessa. «L’apporto essenziale della teologia cristiana – spiega Trabucco – consiste nella ripresa e insieme nella modificazione della tradizione metafisica, che è essenzialmente quella platonica-aristotelica: la teologia rivelata funziona come medio concettuale di un’istanza ontologica, che fa valere un contenuto dottrinale irriducibile alla ragione e lo fa facendo astrazione dalla sua qualità rivelata. La molteplicità dei modelli dipende precisamente dall’eccedenza o dalla irriducibilità dell’istanza biblica alla concettualità utilizzata per pensarla».
Il problema del filosofo è quello di un approccio alla questione di Dio e dell’assoluto che mette tra parentesi la rivelazione. «La tendenza diffusa è di identificare metafisica e fede, attenuando perciò e persino annullando – oggi in modi diversi – la differenza tra filosofia e teologia. Si tratta, in un senso singolare e tipicamente contemporaneo, del problema della fine di una filosofia separata; o, più precisamente, della cosiddetta “fine della metafisica”. La “fine” della metafisica non è la fine della questione della metafisica. Occorre distinguere la metafisica come “dottrina” dalla metafisica come istanza o come questione; non lo si può fare se non interpretando le diverse letture, riprese e modifiche che se ne sono prodotte innanzitutto a procedere dall’influsso della teologia cristiana».
Il focus ospita l’autorevole contributo di Emmanuel Gabellieri (Università Cattolica di Lione), Le lien entre phénoménologie, métaphysique et praxis, condition d’une réarticulation entre philosophie et théologie, dove i diversi autori convocati convergono nella riformulazione della base fenomenologica dei concetti metafisici e delle loro mutazioni – massimamente di quello di amore – non in ordine a una diversa filosofia, ma in vista della restituzione della specificità della teologia.
Paolo Pagani (Università Ca’ Foscari di Venezia), nell’articolo Il respiro della metafisica. Un breve promemoria, argomenta in che senso anche oggi e forse oggi in modo particolare sia necessario, anche sul piano antropologico esperienziale, e perciò anche “pastorale”, un discorso sull’assoluto come assoluto dell’uomo e per l’uomo.
La metafisica non riesce a ricuperare la contingenza all’assoluto se o perché ne intende solo la dimensione privativa. Come mostra l’intervento di Claudio Avogadri (Facoltà teologica dell’Italia settentrionale), Il contingente liberato. L’immutabilità di Dio in Duns Scoto, sarà Scoto – proprio per ribadire l’“estraneità” o l’unicità della teologia – a introdurre la contingenza in filosofia, pensandola come parte della metafisica in quanto dimensione costitutiva della libertà.
Il problema dell’assoluto non è la negazione del contingente e la contingenza non è una privazione per e dell’assoluto, perché l’uomo è assoluto. A ciò rinvia il contributo di Giovanni Trabucco (Facoltà teologica dell’Italia settentrionale), Una filosofia cristiana? Blondel versus Gardeil e Gilson.
«Il problema – puntualizza Trabucco – rimane quello della competenza della filosofia a tematizzare ciò di cui si tratta nella fede, e dell’unicità della teologia allo scopo di preservare la singolarità e l’autonomia del soggetto e della sua azione. Serve la Bibbia per dire che il soggetto determina la verità; occorre cioè la rivelazione – intesa a sua volta non in senso contenutistico o concettuale – ma in quanto svela il carattere teologale del soggetto».
Il paradigma biblico instaura un modello nuovo nel quale la categoria centrale è quella del racconto: la verità di Dio non si può dire che tramite il racconto, a motivo della coimplicazione dell’atto nell’evento di Dio, che tocca la libertà e se ne lascia determinare e ne è riguardato.
Lo mostra il contributo di Sergio De Marchi (Facoltà teologica del Triveneto), Il Logos divenuto carne. La libera appartenenza dell’uomo all’evidenza di Dio. «La verità di Dio non è accessibile se non attraverso il racconto, nel quale anche la cristologia trae la sua universalità tramite l’iscrizione in un racconto che è un racconto totale non perché è solo di Dio, com’è invece per la metafisica, ma perché ha un rapporto con la storia di tutta l’umanità. La rivelazione – conclude Trabucco – scioglie l’enigma non risolvendolo o sopprimendolo, in quanto il suo “scioglimento” non è teorico; si tratta invece di un evento la cui presenza opera effettivamente nell’uomo tramite il suo atto, l’accesso alla cui evidenza non è a disposizione della filosofia, ma dell’uomo effettivo, e non lo è se non nella forma del suo proprio atto, che è veramente tale solo in quanto atto e in quanto suo».
Intelligenza artificiale e disincarnazione dell’esperienza umana
La rivista pubblica la prolusione per l’anno accademico 2022/2023 della Facoltà teologica del Triveneto, tenuta da Adriano Pessina (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) su Intelligenza artificiale e condizione umana. Questioni aperte. Il professore di filosofia morale ha affrontato il tema delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel loro impatto sui nostri stili di vita: la dimensione onlife, la dipendenza dalle tecnologie, l’uomo come “ente informazionale”.
Ha inoltre proposto una digressione teologico-filosofica che, accogliendo e sviluppando le proposte di Luciano Floridi, è giunta ad affermare che ciò che si sta oggi profilando, o meglio consolidando, è una nuova era storica, che Pessina ha definito della disincarnazione dell’esperienza umana. «Non c’è esperienza umana senza carne: nessun vivente può abitare uno spazio digitale» afferma. «Ciò, ovviamente, non legittima alcuna condanna teologica o filosofica della tecnologia, ma impone un ridimensionamento delle sue promesse e delle sue funzioni. Cercare nella rete ciò che non possiamo trovare nella realtà e viceversa, modulare la realtà in funzione della rete e delle nuove tecnologie, – ha concluso – comporta decisamente una perdita di realismo. Ma anche una perdita di carne e di incanto e, forse, di umanità».
Chiesa e le famiglie, spiritualità, antropologia
Studia patavina propone la seconda parte di un lavoro a quattro mani di Paolo Carrara (Facoltà teologica dell’Italia settentrionale) e Francesco Pesce (Facoltà teologica del Triveneto) su La fede cristiana e l’istituzione ecclesiale alla prova delle famiglie. Rinaldo Ottone (Facoltà teologica del Triveneto) propone un contributo su L’empatica come lucerna della vita. Il tratto unificante degli affetti relazionali, mente Cinzia Banterle (Facoltà teologica del Triveneto) affronta il tema Solitudine e silenzio, marginalità irriducibili nella poesia di Emily Dickinson. Alessandro Ravanello (Facoltà teologica del Triveneto) si sofferma su Un’antropologia a modello trinitario.
Completa il fascicolo una ricca sezione di recensioni e segnalazioni bibliografiche.