Nei giorni 12 e 13 maggio si è tenuto un convegno presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli (PFTIM) che ha avuto come tema: La sapienza dell’accoglienza. Fare teologia nel contesto del Mediterraneo. Si è trattato di un Convegno frutto di un percorso sinodale che ha visto impegnate tutte le diverse realtà accademiche afferenti alla PFTIM, sotto la supervisione del prof. Emilio Salvatore, preside della facoltà.
Sinergia sinodale
Una cosa certamente nuova, perché non abituale per le realtà accademiche, ma fortemente voluta, fin dall’inizio dell’ideazione di questo progetto di ricerca, sostenuto e sponsorizzato dal Servizio nazionale per gli Studi superiori di teologia e di scienze religiose della CEI. La sinodalità, infatti, tutt’altro che affare di semplice metodologia ecclesiale o – peggio ancora – mero frutto di un’ultima moda ecclesiastica, può essere considerata legittimamente come un’epifania della comunione trinitaria e, perciò stesso, fattrice – assieme all’annuncio e alla missione – di una sana e autentica «ecclesiogenesi».
Forte di tali convinzioni, questo progetto di ricerca ha coinvolto fattivamente tutti gli Istituti teologici e gli Istituti superiori di scienze religiose che compongono la PFTIM in vista di un ripensamento del far teologia. Si è infatti convinti che bisogna definitivamente uscire da logiche meramente autoreferenziali, in cui alcune volte la teologia versa quando si chiude, con il pretesto di un’«autentica» scientificità, dentro la propria torre d’avorio.
Attivare preziose sinergie con il concreto vissuto ecclesiale delle diocesi così come con le realtà culturali e universitarie delle città e dei territori di queste regioni del Sud-Italia (entrambi da considerare quasi alla stregua dei loci theologici) significa liberare la teologia da ogni “splendido” autoisolamento e renderla finalmente viva, perché capace di stare dentro gli scambi vitali della cultura.
Il Convegno che si è recentemente celebrato ha visto come relatori il prof. Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, Giuseppe Riggio sj, direttore di Aggiornamenti Sociali, mons. Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento, il prof. Alberto Melloni, ordinario di Storia del cristianesimo presso l’Università di Modena, e il prof. Severino Dianich, emerito di Ecclesiologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale. Le due giornate si sono articolate in tre aree: 1) teologia, città e territorio; 2) teologia e comunità ecclesiale; 3) oltre l’aula: fare teologia oggi. Vale la pena sottolineare tre elementi emersi dalle relazioni.
Mediterraneo e pastorale
Il primo riguarda il Mediterraneo (Manfredi e Riggio). Si è voluto con forza uscire da una logica nord-sud, in cui il meridione d’Italia risulta sempre sconfitto, come tutti i Sud del mondo, per focalizzare invece la nativa relazione che lo stesso meridione d’Italia ha con il Mediterraneo. Come risulta evidente, l’esito non è più quello di un sud-Italia deficitario, ma piuttosto pienamente inserito nei processi plurali e complessi, anche conflittuali, che disegnano non solo un Mediterraneo allargato (fino all’Etiopia e al Mar Nero) ma anche tanti Mediterranei, implicanti una policentricità di città e territori.
Ciò può mettere in discussione, anche nella logica teologica dell’incarnazione, la marginalità delle periferie a fronte di nuovi e strabordanti processi mondiali di urbanizzazione. Ciò implica, soprattutto, il passaggio da una concezione del Mediterraneo come semplice contesto in cui far teologia («nel Mediterraneo») ai diversi e concreti Mediterranei a partire dai quali si genera la riflessione teologica («dai Mediterranei»). Una teologia che, in ogni caso, assume come essenziale per la sua riflessione mediterranea la logica del «tra», dello a-tra-versare.
Il secondo tema riguarda la pastorale che si svolge nei territori interni (Accrocca). Le difficoltà analizzate concernono questioni inerenti alle situazioni socio-culturali di paesi e centri cittadini che vivono la complessità di un territorio, sovente marginalizzato, anche dalle stesse Istituzioni civili. L’incontro, che ormai si realizza da alcuni anni tra diversi vescovi impegnati in un cammino di ricerca in ordine alla messa fuoco di nodi problematici e all’adozione di comuni soluzioni dà a ben sperare.
A tal proposito, nel cammino sinodale che oggi le Chiese italiane stanno svolgendo, bisogna pensare che si possano e si debbano stringere rapporti stabili e continuativi tra le Chiese locali e le diverse Istituzioni accademiche per evitare pericolosi parallelismi che non giovano a nessuno.
Fare teologia «oltre l’aula»
Il terzo tema concerne l’attuale modo di far teologia oggi, che deve andare «oltre l’aula» (Melloni, Dianich). Ciò implica, da una parte, il recupero e l’accoglienza di un sapere pratico, sia nella metodologia sia nei contenuti, e, dall’altra parte, la fine di una separatezza tra sapere teologico e saperi «profani», sia nei termini di un «ritorno», dopo 150 anni, della teologia nelle aule delle Università di Stato sia nei termini dell’adozione di una necessaria e impegnativa metodologia trans-disciplinare.
Il recupero di una scientificità propria di una metodologia legata all’esercizio di una razionalità pratica, di un sapere pre-logico permette l’oltrepassamento del recinto della razionalità teorica e teorico-logica come solo luogo possibile dove poter fare scienza. Questo comporta l’assunzione di una vasta fetta di esperienza esistenziale di uomini e donne da parte della ricerca e della ricerca teologica e il riconoscimento di altre «cattedre» in altre «aule».
Il ritorno della teologia nelle aule delle Università Statali, grazie alle convenzioni strette tra singole Università degli Studi e le Facoltà Teologiche (in atto a Palermo e a Bologna), allarga in Italia le «aule» dove si fa teologia e impone un’apertura e un dialogo istituzionale con l’ebraismo e l’islamismo, che sfoci in sinergia di ricerca all’interno di un comune orizzonte di pace.
Indubbiamente, vista la preziosità del cammino sinodale svolto nel corso di due anni e la pregevole offerta culturale, donata dai relatori e dai partecipanti al Convegno, i suoi esiti non si pongono affatto dentro il genere letterario «conclusioni», ma piuttosto risultano importanti e imprescindibili punti fermi per la direzione futura dell’impegno di ricerca e di didattica di tutta la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.