In un recente contributo il presbitero spagnolo Jesus Martinez Gordo ha voluto riproporre la tesi (a dir poco ardita) formulata dal domenicano Adriano Oliva nel suo pamphlet intitolato L’amicizia più grande. Un contributo teologico alle questioni sui divorziati risposati e sulle coppie omosessuali, Nerbini, Firenze 2015, uscito contemporaneamente anche in edizione francese, la cui seconda parte (pp. 91-136) intitolata «Considerazioni sull’omosessualità alla luce dell’insegnamento di san Tommaso d’Aquino» si può trovare riassunta in un articolo dello stesso autore disponibile on line.
Le risposte allo scritto di p. Oliva sono già state numerose e non mette conto qui ripercorrerle interamente:[1] basti sottolineare che tra queste spicca per autorevolezza un comunicato congiunto di cinque studiosi domenicani dell’Angelicum di Roma e della Dominican House of Studies di Washington D.C. pubblicato sul sito First Things.
La tesi fondamentale di p. Oliva ripresa da J.M. Gordo afferma come, secondo san Tommaso, «questa inclinazione [omosessuale], e quindi la ricerca del relativo piacere, pur andando contro la natura specifica e generale dell’essere umano», sarebbe «tuttavia “connaturale” o “secondo la natura” di questa persona individualmente considerata». Il presupposto di questa tesi è che non si dà «l’esistenza della natura umana in astratto, ma solo… nelle persone di carne e ossa». Vediamo cosa scrive in proposito lo stesso Tommaso.
Nel Commento ad Isaia egli afferma: «Il concetto di naturale e innaturale si dice in vari sensi. Ma ciò che è assolutamente incompatibile con il fine è del tutto innaturale (id quod nullo modo potest stare cum fine dicto est omnino innaturale) e non può mai essere un bene, come il peccato di sodomia»; nel Commento alle sentenze scrive che «Ogni peccato mortale è contrario alla grazia, ma alcuni sono contrari alla ragione come lo spergiuro; altri anche contro la natura, come il vizio della sodomia»;[2] nella Summa egli parla della sodomia in due quæstiones, sempre affermandone con la massima chiarezza il carattere contro natura.
L’argomentazione di padre Oliva si basa in particolare sulla q. 31, nella quale Tommaso scrive: «Può capitare che in un individuo uno dei principi naturali della specie subisca una corruzione (corrompi), per cui ciò che è contro la natura della sua specie diviene accidentalmente naturale a questo individuo (per accidens naturale huic individuo), come per l’acqua riscaldata è naturale riscaldare. Così può capitare che quanto è contrario alla natura dell’uomo, sia rispetto alla ragione, sia rispetto alla conservazione fisica, diventi connaturale per questo determinato uomo a causa di una corruzione della natura (huic homini connaturale propter aliquam corruptionem naturae) che in lui si verifica. E codesta corruzione può dipendere, o dal corpo – da una malattia, per es., che ai febbricitanti fa sembrare amare le cose dolci e viceversa; o da una complessione viziosa, per cui alcuni provano piacere nel mangiare la terra, il carbone, o in altre simili cose – oppure dall’anima: ed è così che alcuni a motivo di una disposizione viziata (per malam complexionem) provano piacere nell’antropofagia, nel coito con le bestie o con i maschi e in altre cose del genere, che non sono conformi alla natura umana».[3]
Evidentemente è indebito trarre da questa connaturalità per accidens affermata da Tommaso l’idea di un carattere congenito o innato dell’omosessualità nel singolo individuo, dato che egli la fa risalire ad una disposizione viziata. Nemmeno è onesto leggere del suo pensiero una qualsiasi intenzione di legittimazione morale per la sodomia (coitus masculorum): sarebbe altrettanto assurdo che attribuirgli l’intenzione di legittimare moralmente la bestialità o il cannibalismo, che completano nel medesimo contesto la sua esemplificazione. Non si intende ovviamente con ciò suggerire alcun genere di equiparazione fra le tre categorie di comportamenti, né dogmatizzare il pensiero dell’Aquinate, al quale non possiamo escludere a priori che nuove e più moderne osservazioni siano in grado di offrire nuovi dati e punti di osservazione: si tratta più semplicemente di non sovrapporre alle sue parole – per elementare correttezza ermeneutica – un pensiero che non gli appartiene in alcun modo.
Tornando all’articolo di J.M. Gordo, egli riprende ancora una volta il pensiero di p. A. Oliva per puntare decisamente alla legittimazione morale degli atti omosessuali: il duplice fondamento è costituito, da una parte, dal presupposto della loro connaturalità al singolo individuo (di cui abbiamo sopra mostrato la grave aporia concettuale), dall’altra, della loro auspicabile collocazione entro «una relazione unica, fedele e gratuita».
In realtà, non si vede come tali caratteri potrebbero togliere agli atti omosessuali i gravi limiti intrinseci rilevati dal Catechismo della Chiesa Cattolica: la preclusione al dono della vita e l’esclusione di una vera complementarità affettiva e sessuale (CCC 2357).
Quanto all’auspicio che tali relazioni assumano un carattere stabile, è quanto meno doveroso rilevare come diverse indagini empiriche dimostrino la ridotta incidenza statistica dei legami esclusivi e fedeli tra le coppie dello stesso sesso: nel 2007 M. Barbagli e A. Colombo giunsero alla conclusione che «la stabilità dell’unione [omosessuale] è tanto maggiore quanto più la coppia è aperta».[4]
Questa particolare instabilità delle coppie omosessuali era già stato indicata negli anni Ottanta anche da una ricerca statunitense: «L’esclusività sessuale tra queste coppie non è frequente, sebbene le loro aspettative di fedeltà siano alte. La fedeltà non è definita in termini di comportamento sessuale quanto piuttosto di impegno emotivo reciproco. Il 95% delle coppie hanno un accordo per il quale il partner può avere attività sessuali con altri per un certo periodo a determinate condizioni. Solo sette coppie [sulle 156 del campione] hanno una relazione sessuale totalmente esclusiva, e questi uomini sono stati insieme per meno di cinque anni. In altre parole, tutte le coppie con una relazione che dura più di cinque anni hanno preso accordi per attività sessuali esterne nelle loro relazioni».[5]
Anche una recente ricerca svolta ancora negli Stati Uniti ha riscontrato che circa la metà delle 161 coppie stabili intervistate non viveva la relazione di coppia secondo quello che potrebbe definirsi uno stile «monogamico».[6]
Infine, secondo l’epidemiologo M. Xiridou, le relazioni omosessuali durano in media un anno e mezzo e gli uomini con tendenze omosessuali hanno mediamente otto partner in un anno fuori dal rapporto principale.[7] D’altronde nella stessa «legge Cirinnà» (76/2016), il legislatore non ha ritenuto realistico inserire l’obbligo di fedeltà tra i doveri da rispettare da parte della coppia omosessuale.
Sia consentito, in conclusione, esprimere più di una riserva riguardo all’auspicio di J.M. Gordo secondo cui: «Quando la relazione omosessuale è vissuta in questi termini, è difficile non riconoscerla come abitata da elementi di verità e come una via di santificazione». Andrebbe invece sottolineato il carattere umano e umanizzante – quindi di per sé aperto alla grazia – dell’amicizia virile (quand’anche connotata da una certa sfumatura omoaffettiva), purché chiaramente e programmaticamente separata dal peccato di sodomia e dagli altri atti omosessuali. Questo non è diverso da ciò che si richiede a tutti gli altri cristiani, al di fuori della vita matrimoniale.
[1] Giovanni Cavalcoli o.p.; Luca Gili.
[2] Omnis culpa mortalis est contra gratiam; sed quaedam est contra rationem, ut perjurium; quaedam etiam contra naturam, ut sodomia. (4, dist. 14, q. 2, a. 5, exp. textus).
[3] Contingit enim in aliquo individuo corrumpi aliquod principiorum naturalium speciei; et sic id quod est contra naturam speciei, fieri per accidens naturale huic individuo; sicut huic aquae calefactae est naturale quod calefaciat. Ita igitur contingit quod id quod est contra naturam hominis, vel quantum ad rationem, vel quantum ad corporis conservationem, fiat huic homini connaturale, propter aliquam corruptionem naturae in eo existentem. Quae quidem corruptio potest esse vel ex parte corporis, sive ex aegritudine, sicut febricitantibus dulcia videntur amara et e converso; sive propter malam complexionem, sicut aliqui delectantur in comestione terrae vel carbonum, vel aliquorum huiusmodi, vel etiam ex parte animae, sicut propter consuetudinem aliqui, delectantur in comedendo homines, vel in coitu bestiarum aut masculorum, aut aliorum huiusmodi, quae non sunt secundum naturam humanam. (I-II 31. a. 7 e II-II 157, aa. 11 e 12).
[4] M. Barbagli – A. Colombo, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, Il Mulino, Bologna 2007, p. 217.
[5] D.P. Mcwhiter – A.M. Mattison, The male couple. How relationships develop, Prentice-Hall, Englewood Cliffs (NJ), 1984, p. 252.
[6] J.T. Parsons – T.J. Starks, Drug use and sexual arrangements among gay couples: frequency, interdipendence and associations with sexual risks, in «Archives of sexual behavior» 43 (2014), pp. 89-98.
[7] M. Xiridou, The contribution of steady and casual partnerships to the incidentice of H1V infection among homosexual men in Amsterdam, in «Aids» 17 (2003), pp. 1029-1038.
Meglio calare una pietosissima trapunta.
Non comprendo perché non mi è stata pubblicata una risposta che propone altre tesi , Santo Iddio questo è un sito cattolico del 11.11.2020 e non un Tribunale del 17.2.1600 Comunque l’ errore che commettono tutti ed incredibilmente anche i Domenicani ( e lo dico da umile Domenicante che mendica lo studio Domenicano secondo le sue poche possibilità) e di trattare ed affrontera la omosessualità come un evento unico e particolare in sé, e non invece all’interno del vasto fenomeno
-anche evoluzionistico- della sessualità intesa anche come “generazione” Lo ripeto oltre le deduzioni di P.Oliva ,in De Malo, San Tommaso ha anche insegnato che”Il maggior piacere dell’uomo è il piacere sessuale” , e questo deve essere interpretato
Non metto in dubbio la competenza che l’autore della recensione ha dell’opera tomista; aggiungo però che p. Adriano Oliva da parte sua è molto competente visto che presiede ormai da anni la commissione che cura l’edizione critica delle opere di Tommaso, cosa che Pieri ha omesso di ricordare; inoltre è vero che nell’ordo praedicatorum c’è chi ha cassato le tesi di Oliva, ma c’è anche chi le appoggia, come la provincia romana del medesimo ordine che pubblica un suo articolo nel proprio sito.
Per cortesia potresti mettere il link della Provincia Romana che appoggia la tesi di Oliva? grazie mille
pubblicare un articolo non vuol dire “promuovere” la tesi in esso contenuta
aggiungo
mi fa piacere che p. Oliva sia competente nelle opere tomiste… questo può essere un terreno di incontro, visto che anch’io le chiamo in causa
ma non ho mai avuto nessuna replica da parte sua…
Quando una “cosa” fa naturalmente parte della sessualità umana (che grazie a Dio è una realtà complessa, anche se qualcuno preferisce le astrazioni)… non è “sbagliata”. Forse quello che è sbagliato è disconoscere l’amore vissuto dalle persone; e pretendere di farlo in nome di Dio. Chi non vuole che le coppie omosessuali cristiane vivano un amore fedele? Non queste coppie (che vogliono vivere insieme l’amore secondo il Vangelo), ma chi nega qualsiasi forma di riconoscimento della loro unione, chi si è scandalizzato quando a queste coppie sono stati proposti percorsi sulla fedeltà. L’autore dell’articolo dimentica che l’obbligo di fedeltà era presente nella “legge Cirinnà”, ed è stato tolto solo per richiesta degli oppositori della legge, per cercare un compromesso. Preferisco una Chiesa che condivide la felicità delle persone che si amano, le sostiene e le accompagna.
L’omosessualità non fa “naturalmente parte della sessualità umana” ma è purtroppo una delle aberrazioni viziose che scaturiscono dal cuore degli uomini. Questo ci insegnano: le scritture, la tradizione e la ragione. Che la Chiesa possa anche solo pensare di dare accoglienza a questa pratica è una cosa di una gravità inaudita.
Ma posso chiederle con quale autorità fa affermazioni di livello? Che competenze ha?
Cari amici. Non sono discorsi né inumani, né fuori tempo massimo: se una cosa è “sbagliata” (contro natura, contro le leggi divine, peccato, chiamiamola come vogliamo) è “sbagliata”. Punto. Indipendentemente da quel che ne possono pensare gli uomini, inclusi i cattolici adulti e lo stesso Papa. Poi che il mondo vada in tutt’altra direzione, era già ampiamente previsto. Mundus vult decipi, ergo decipiatur.
Escludi che gli “amici” abbiano utili argomento evangelici per dire quello che dicono (Papa compreso). Per quanto possa meravigliarti i tuoi argomenti sono solo una parte del dibattito. Ti invito a cercare ancora.
É per questi ragionamenti inumani, nel senso di fuori dall’umano e per questo a me totalmente estranei, che davanti ai miei fratelli e sorelle omosessuali mi vergogno profondamente di definirmi cattolica.
Spesso anche io mi ritrovo a non riuscire a dirmi cattolico. Mi vergogno. Ormai dico solo cristiano o credente.
Piccolo consiglio: prima di vergognarsi butti l’occhio su un gay pride. Vedrà che la vergogna le passa in un attimo e altri sentimenti scaturiranno spontanei.
Al gay pride ci vado sempre con questo cartello: SONO ETERO MA NON PER QUESTO MIGLIORE
Il tipico consiglio che mi convince che faccio bene a vergognarmi… 🙁
Però non c’è bisogno di aspettare che il cattolicesimo cambi la sua dottrina: esistono molte confessioni cristiane in cui il pensiero omosessualista è diventato la nuova ortodossia
Che idea imbarazzante proporre di diventare protestanti come soluzione al problema.
la trovo del tutto logica e conseguente, per nulla offensiva
recentemente anche papa Francesco ha risposto alle richieste del Synodaler Weg negli stessi termini: “Non c’è bisogno di una seconda Chiesa protestante”
se ho detto il male, dimostrami dov’è il male
Ma non sono discorsi fuori tempo massimo?
Mi ricordano quelli di Gregorio XVI nella Mirari Vos contro la libertà di pensiero e di stampa.
Poi abbiamo visto come è andata a finire.
non vedo alcun nesso
Ecco Pietro,se mi posso permettere, proprio su questo argomento non mi è stato pubblicato un primo commento. La regione ecclesiastica Emilia&Romagna a cui appartiene Don Francesco Pieri, non ha in passato celebrato più congruo funerale al povero amico Maurizio Zanfanti, noto come Zanza, di Rimini. Ciò anche in distanza delle sue supposte pregresse libertà esistenziali, di non stretta dottrina. Però è da notare che queste pratiche giovanili non sono diffusamente con ragazze compaesane delle frazioni di Rimini, che neanche forse lo guardavano, ma per qualche altro motivo con ragazze del lontano Nord luterano dove ora è, per connessa motivazione, “nuova ortodossia” l’apertura omosessualista. Appunto il naturalismo di San Tommaso è universale anche “nel tempo”, se ora, per un cattolico anche che sia omosessuale, diventare protestanti per risolvere questo problema significa tornare con il proprio acquisito pensiero, indietro nel tempo . Davvero affermo che la questione deve essere inquadrata complessivamente iin tutti gli aspetti ed i significati umani.