Amare è verbo di libertà. Nella simbolica pasquale che significa la storia e la rende salvezza, in questi giorni a Palermo si è celebrato il già e non ancora del Regno di Dio, regno di giustizia e di verità, nella lotta tra il bene e il male, tra il riscatto e il perdersi, con la consumazione della storia evangelica della vita e della morte di fra Biagio Conte e l’arresto di Matteo Messina Denaro.
Uomini di vangelo
La stampa e il mondo dei media hanno guardato alla nostra terra di Sicilia, alla carne offerta di Biagio, alla memoria delle vittime di giustizia, cono di luce che attraversava le tenebre del volto del boss mafioso, chiedendosi se la giustizia, la verità, la libertà, la dignità dell’umano riscattato nel nome delle vittime e dei poveri, fossero ancora a credito con la storia. Caino e Abele, la storia ha la stessa costituzione del cuore umano.
Biagio Conte è nome di speranza. Ora, la sua vita diventata morte, la sua storia diventata notizia, è occasione favorevole perché la sua libertà e la sua scelta di vivere per e tra i poveri diventino eredità. Ma la morte di Biagio, richiama alla memoria-eredità del popolo di Dio palermitano anche un altro uomo di vangelo, Pino Puglisi. Un laico e un prete, volti veri e liberi dell’unico popolo di Dio che vive a Palermo.
Entrambi uomini del Regno di Dio. Biagio Conte, uomo libero, discepolo del Risorto, che ha lasciato tutto per rivestirsi della carne dei poveri. Fino alla fine. Tra qualche mese ci sarà il trentesimo anniversario del martirio di Pino Puglisi, altro uomo libero, discepolo del Risorto, che è disceso tra gli inferi delle prigioni mafiose per riscattare i figli e restituirli alla vita giusta e buona. Sino alla fine.
Uomini liberi che hanno vissuto sino alla fine il legame pasquale del Verbo fatto carne con l’umanità che vive a Palermo. Allo stesso modo del Maestro.
Le cattedre del Regno
E tutto questo ha qualcosa da dire anche alla Facoltà Teologica di Sicilia, che vive proprio a Palermo la sua esperienza di fede e di studio?
Credere e pensare sono verbi di libertà. Chi a Palermo vive l’esperienza dell’intelligenza interiore della Rivelazione attraverso la teologia, chi a Palermo cerca la verità con tutto il cuore e la mente, non può non porsi in ascolto di queste due cattedre del Regno di Dio.
Cercatori di verità, discepole e discepoli, capaci di discernere i segni dei tempi, posti in ascolto della loro mite narrazione di storie evangeliche, per riconoscere nell’umanità di questi due testimoni il credito di giustizia, di verità, di libertà che il Vangelo pone nella storia.
Essi dicono teologicamente che il Vangelo può essere vissuto, può essere praticato, sino alla fine. Restituiscono a tutti la proposta del Vangelo come vita, perché la loro vita è Vangelo. Allo stesso modo di quelle donne, come Maria di Betania o la donna samaritana al pozzo, o di quegli uomini, come il centurione a Cafarnao o Simone il Cireneo, che sono stati umanità di Vangelo, riflesso dell’umano dell’incarnazione.
I riflessi pasquali dell’incarnazione che questi due uomini palermitani di Vangelo emanano sono luce per il discernimento teologico del Regno di Dio, che è compito e missione dei discepoli e delle discepole nella nostra piccola Facoltà. Nomi di vangelo, legami liberi di prossimità, di pensiero, di fede con il nome di Dio, occasione favorevole per passare dal fratello in Dio, e riconoscere in essi gli stessi lineamenti del Figlio di Dio, del volto di Dio, e ricordarli.
Ci sono volti che sono memoria di vangelo, per questo il mondo ascolta molto più volentieri i testimoni che i maestri, secondo quella profonda intuizione di vangelo di Paolo VI.
Vito Impellizzeri è docente di Teologia fondamentale presso la Facoltà teologica della Sicilia e direttore dell’ISSR di Palermo. È autore de Il Vangelo e la strada. Palermo come Gerico (San Paolo, 2021) e di Chi è l’ultimo? La dignità della misericordia (Dario Flaccovio, 2017).
Arrivederci a fratel Biagio che, come il Cristo, sosteneva i malati affinché guarissero e amava gli ultimi sapendoli primi nel regno dei cieli
Questo con buona pace di chi vede il vangelo nei primi e non negli ultimi, nei sani anziché nei malati non percependo il ribaltamento radicale delle dinamiche evangeliche rispetto alla visione clericale di questo mondo.