Appare singolare che un uomo che ha dato contributi alla geometria, alla matematica e alla fisica del Seicento sia stato, al tempo stesso, uno degli autori dell’epoca moderna ad avere maggiormente influito sulla teologia: dalla fondamentale all’antropologia, dalla cristologia alla spiritualità e alla mistica.
Su questo aspetto di Pascal ha indagato Giuseppe Tanzella-Nitti (ordinario di Teologia fondamentale alla Pontificia Università della Santa Croce e direttore del Centro di ricerca DISF-Documentazione interdisciplinare di scienza e fede, già astronomo e ricercatore Cnr, nonché adjunct scholar del Vatican Observatory) nella lectio magistralis “Blaise Pascal fra libertini e post-modernità: sono le Pensées ancora attuali per l’odierna teologia fondamentale?”, tenuta il 14 dicembre 2023 a Padova per la giornata di studio “Una risorsa per pensare la fede nella modernità. Blaise Pascal tra scienza, filosofia e teologia, nel IV centenario della nascita” organizzata dalla Facoltà teologica del Triveneto.
«Il pensiero pascaliano possedeva una novità teologica che ne qualificava già nella sua epoca l’originalità. Con Pascal il discorso su Dio, l’analisi della condizione umana e la riflessione sulla salvezza migrano da categorie filosofiche astratte per approdare verso la condizione esistenziale e storico-concreta di ogni essere umano, chiamato a prendere personalmente posizione di fronte al mondo, di fronte a sé stesso, di fronte a Dio. Sulla carta, i destinatari delle riflessioni pascaliane sono i libertini, gli scettici e i razionalisti; nella sostanza, però, il suo interlocutore ultimo e più radicale è la coscienza di ogni uomo, credente o non credente, colto o illetterato, al quale l’autore delle Pensées non rinuncia a porre domande implacabili».
Non è difficile rilevare alcuni paralleli fra gli interlocutori di Pascal e gli uomini e le donne che abitano le società contemporanee del mondo occidentale. Fra gli elementi comuni si possono annoverare l’ammirazione per il mondo scientifico, ma anche la percezione di una certa ambivalenza della scienza; un cristianesimo che sembra procedere per inerzia, religione formale svuotata di slancio missionario; un diffuso disimpegno morale a favore della ricerca di una leggerezza di vita che faccia dimenticare i problemi dell’esistenza.
Il contributo di Pascal alla teologia fondamentale
«I Pensieri miravano a fornire ragioni per credere a chi ancora non credeva, ma intendevano anche aiutare a cogliere la ragionevolezza alle cose già credute» ha affermato Tanzella-Nitti. «Pascal impiega diffusamente il “problema antropologico” come preparazione all’ascolto della Rivelazione, come pungolo che fa riconoscere significative le risposte che la Rivelazione cristiana offre agli interrogativi sulla condizione umana. È questa la strategia che, ai nostri giorni, seguirà la Gaudium et spes del Concilio Vaticano II».
La teologia fondamentale segnala ulteriori convergenze con l’impostazione dell’Apologia che sarebbe nata dallo sviluppo dei Pensieri:
- un chiaro carattere cristocentrico – solo in Gesù Cristo il problema dell’uomo acquista la sua piena luce e solo nel mistero pasquale del Verbo incarnato l’intera storia della salvezza acquista coerenza e credibilità –;
- il tema della testimonianza – entro la quale Pascal legge la logica della credibilità e la stessa genesi della sacra Scrittura –;
- la trattazione dell’eccedenza e della trascendenza della dottrina cristiana;
- la prova patristica della storia religiosa del popolo ebraico come parte integrante di una via historica capace di tenere assieme antico e nuovo Israele.
Libertini e post-moderni
Pascal fa di tutto per risvegliare un interlocutore lacerato in una condizione umana che, per origine e dignità, sarebbe orientata a cercare una risposta ai grandi interrogativi sull’essere e sull’esistenza, ma che, per superficialità e disimpegno, vi rinuncia: gli mostra gli spazi infiniti del cosmo e lo fa riflettere sulla sua fragilità; gli ricorda la sua condizione finita, fugace, mortale, anzi quella di essere un condannato a morte per il mero fatto di esistere; gli manifesta l’irrazionalità di una vita che scelga di chiudersi consapevolmente alla trascendenza e alla possibilità di una rivelazione divina.
Una tale strategia sarebbe oggi ancora efficace?
«In favore dell’attualità di Pascal si potrebbe osservare che esiste una certa sintonia fra l’immagine da lui proposta di un Dio di consolazione e di misericordia, specie nei suoi passaggi più altamente mistici, e l’odierna sensibilità verso il mondo degli affetti e dei sentimenti, mai spenta anche nell’uomo disilluso e religiosamente indifferente. Tuttavia, per sperimentare la consolazione di Dio, Pascal passa e fa passare attraverso lo snodo della consapevolezza del peccato, attraverso il riconoscimento della propria “bruttezza senza Cristo”. L’uomo post-moderno, al contrario, non sembra più capace di cogliere il senso del peccato, né sembra voler respingere il nichilismo nel quale egli precipita rifiutando la grazia. Questa bruttezza e questo nichilismo egli pare invece celebrarli, esaltandoli e propagandandoli in modo sprezzante, quando non apertamente blasfemo».
Possono la misericordia e la consolazione di Dio fare ancora appello al cuore di un uomo in queste condizioni?
La condizione post-moderna non si presenta mai come totale incapacità di apertura alla trascendenza, quanto piuttosto come debolezza antropologica, più o meno camuffata, osserva Tanzella-Nitti. L’uomo post-moderno – se mostra disaffezione al tema di Dio, che gli appare assente o insignificante – non è per questo insensibile all’affetto e all’amore né indifferente verso gesti di donazione o di generosità, quando emotivamente coinvolto; inoltre, continua ad alimentare un desiderio di aldilà e un reale interesse alla vita dopo la morte.
«L’atteggiamento disimpegnato e indifferente, per quanto intensa sia la narcosi che lo provoca e lo mantiene in essere, non può protrarsi lungo l’intero arco di un’esistenza. Avvenimenti che riportano il soggetto al reale e che lo scuotono, nel bene e nel male, ponendolo di fronte alle realtà della morte e della vita, dell’innamoramento e della generazione, di ciò che fa soffrire e di ciò che rende felici, continueranno a svegliare l’uomo di tutti i tempi, e talvolta anche a sconvolgerlo. Le armi di Pascal potrebbero restare inefficaci per molti anni, ma avrebbero prima o poi, anche nel contesto della post-modernità, almeno qualche opportunità di tornare a ferire ad salutem».
L’uomo contemporaneo cerca anch’egli la felicità, come la cercavano i libertini di Parigi. Oggi come allora, egli resta insoddisfatto quando, drammaticamente, non la trova nei beni di consumo e nell’edonismo consumato, perché sempre spinto, proprio da tale insoddisfazione, verso l’ulteriore. Dignità del pensiero e bassezza delle proprie miserie, infinito e limite si contendono in una tensione polare.
«Ritengo che la condizione dell’essere umano sospeso fra due infiniti possegga un realismo intramontabile, sebbene possa essere percepita in modo più o meno facile a seconda del diverso rapporto con la natura oggi sperimentato e con ciò che tale rapporto evoca. La fragilità dell’essere umano di fronte alla potenza delle forze cosmico-naturali, e al tempo stesso la straordinaria capacità di pensare il cosmo e perfino di esplorarlo fisicamente, sono esperienze perennemente disponibili a chi partecipi del respiro della vita, della fugacità e della bellezza di questo dono».
Intercettare la “nostalgia” di Dio
Molto probabilmente le riflessioni che i Pensieri suscitano non sono oggi più sufficienti a individuare un percorso compiuto che sfoci nell’accoglienza della Rivelazione; anzi, potrebbero correre il rischio, se non affiancate da ulteriori aiuti e contenuti, di esaurirsi sul piano emotivo. Eppure, le riflessioni dello scienziato-filosofo di Clermont-Ferrand continuano a rappresentare un efficace punto di avvio, una leva, uno spazio di inserzione, mediante i quali la successiva evangelizzazione potrà prendere corpo.
«Laddove, come al giorno d’oggi, venisse a mancare la consapevolezza del peccato e il riconoscimento di un amore di misericordia, oppure risultassero offuscati i bisogni spirituali dell’uomo, rendendo così più difficile la ricerca di una soprannaturale consolazione, l’anelito di Pascal continuerebbe ad intercettare una “nostalgia di Dio”, mai del tutto sopita».
L’evangelizzatore contemporaneo dovrà allora rassegnarsi a «chinarsi sull’uomo anche quando solo ferito da questo amore nostalgico, se l’uomo non ravvisasse più nulla di cui voler chiedere perdono o non volesse rinunciare a nulla con cui ancora consolarsi. Come metterà in luce due secoli dopo Blondel, e Agostino aveva già magistralmente avvertito, proprio la spasmodica e inefficace ricerca di ciò per cui il cuore non è fatto dimostra ciò per cui invece il cuore è stato fatto. L’incontro con Blaise Pascal potrà ancora aiutare, ne sono persuaso, nell’importante compito di trasformare l’insoddisfazione in apertura e la nostalgia in desiderio efficace».