«Nego decisamente le accuse rese pubbliche. A mia conoscenza non ho mai posto in essere gesti inappropriati verso chicchessia, minori o adulti. La mia anima e la mia coscienza sono in pace davanti ad accuse che rifiuto. Mi impegno a rispettare il processo dell’azione collettiva in corso». Sono le parole del card. Gerarld Cyprien Lacroix, arcivescovo di Quebec e primate del Canada.
Il 30 gennaio un’onda di shock ha attraversato la Chiesa locale per le accuse di una donna, allora diciassettenne, che denuncia «toccamenti» da parte del porporato nel 1987 e 1988, quando ancora non era prete.
È una delle ultime denunce di una azione collettiva che interessa 147 vittime di un centinaio di uomini di Chiesa della diocesi del Quebec fra il 1940 e il 2018. Da più di un anno il gruppo di avvocati incaricati delle vittime è impegnato in una soluzione extragiudiziale con la diocesi. Ma con il coinvolgimento del cardinale essi ritengono difficile evitare il confronto in tribunale e hanno interrotto il confronto.
Aria pesante
Da parte sua, mons. Lacroix ha deciso «di ritirarsi temporaneamente dall’attività nella diocesi. Non sono dimissioni, ma una sospensione temporanea per permettere di meglio valutare i passi da compiere e le decisioni da prendere».
Convinto sostenitore della necessità di denunciare gli abusi e di rispondere alle attese anche finanziarie delle vittime, il porporato aggiunge: «Avverto la loro collera. Essa mi “abita” e mi spinge a fare il possibile per favorire il loro cammino verso la pace interiore. Siamo determinati a prenderci cura gli uni degli altri, a vigilare e ha impedire che si riproducano situazioni di abusi».
Il presidente della conferenza episcopale del paese, mons. William McGrattan, e la diocesi interessata hanno avviato le procedure canoniche previste: «Benché resti un può sfuocata la natura di ciò che si imputa (al cardinale) e l’identità della persona accusatrice resti segreta i responsabili della diocesi hanno avviato i processi interni previsti dal motu proprio Vos estis lux mundi. Il fatto è già stato segnalato al santo Padre e attendiamo lo svolgersi del processo canonico».
Anche davanti all’interruzione dei colloqui extra-giudiziari i responsabili diocesani intendono collaborare e riaffermano la volontà di contribuire alla guarigione delle vittime, sempre aperti anche alla ripresa dei colloqui con gli avvocati.
Diocesi gravate
Mons. Gérald Cyprien Lacroix è nato nel 1957, ha partecipato a lungo all’Istituto Secolare San Pio X. È stato missionario in Bolivia per quasi un decennio, prima di tornare per dirigere l’Istituto. Nominato vescovo nel 2009, è arcivescovo metropolita del Quebec dal 2011 e cardinale nel 2014. Fa parte del consiglio dei nove cardinali chiamati ad accompagnare il papa in ordine alle questioni più rilevanti.
La questione degli abusi grava sulle diocesi canadesi, ulteriormente appesantite dalle denunce in ordine agli istituti di formazione che accoglievano fino agli anni Sessanta del Novecento i bambini dei popoli indigeni di cui si sono scoperte migliaia di sepolture attorno alle istituzioni, proprietà dello stato e gestite in buona parte dalla Chiesa cattolica.
A tutto questo si aggiunga il processo per abusi che interessa il card. Marc Ouellet, già prefetto del dicastero dei vescovi. Una signora, Pamela Groleau, l’ha chiamato a rispondere di abusi subiti fra il 2008 e il 2010. Alla denuncia si sono aggiunte altre due donne. Il cardinale ha replicato accusandole in giudizio per calunnia.
Dimenticavo.
I nostri cari vescovi, al contrario, dimenticano di chiedere perdono per i torti veri inflitti a donne consacrate.
Vogliamo parlare di Rupnik?
Vogliamo parlare delle scomuniche rimesse?
Vogliamo parlare della scandalosa opacità di questa indegna vicenda?
Ieri una donna ha pubblicamente esposto se stessa di fronte alla stampa.
Vogliamo parlare di questo?
Accuse risalenti al 1940? Va bene tutto ma mi sembra inverosimile poter provare qualcosa a più di ottant’anni dai fatti. E in Canada la prescrizione non c’è? Mi sa che con questa mania di chiedere sempre scusa e mettersi regolarmente dalla parte del torto i nostri cari vescovi si sono trasformati in un bancomat.