Per chi ha anche solo un po’ di dimestichezza con le cose di Chiesa, alcuni passaggi di una recente intervista del card. Koch a chiusura della prima sessione del Sinodo lasciano qualche perplessità.
Alla domanda sulla novità dell’apertura e della libertà di parola introdotta nella Chiesa cattolica dal processo sinodale, Koch ha risposto: «Da una parte è giusto dire che lo spirito della sinodalità, che si vive in questo momento, è un apporto di papa Francesco. D’altra parte ritengo essere falso accreditare questa differenza semplicemente ai pontefici. Sia con papa Giovanni Paolo II, sia con papa Benedetto XVI, ho potuto trattare sempre tutti i temi. Non ho mai avuto l’impressione che ci fossero questioni che non si potevano discutere. Se questo non si è fatto prima, non dipende semplicemente dai pontefici, ma anche dai vescovi – che, forse, si imponevano una autocensura».
Insomma, niente di nuovo sotto il sole – secondo il card. Koch. Anche nei due pontificati precedenti quello di Francesco, a suo avviso, non ci sarebbe stata questione sulla quale non si potesse parlare apertamente. Al di là della sottile perfidia di stemperare l’attuale processo sinodale iscrivendolo nel quadro dell’idea di Chiesa cattolica che avevano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sorprende l’ingenuità storica con cui Koch legge la possibilità di un dibattito pubblico, franco e aperto, nella lunga stagione post-conciliare apertasi con il pontificato di Wojtyla.
In primo luogo, manca di cogliere la massiccia uniformazione del corpo episcopale resa possibile da un pontificato i cui effetti sono andati oltre la propria durata. Gli ambiti di eventuale discussione nella Chiesa erano predeterminati dalla politica delle nomine episcopali – dentro questo limite, rigido, avveniva una discussione che previamente aveva escluso già tutta una serie di temi (e non certo per ragioni di autocensura).
In secondo luogo, esattamente questi temi risultavano già censurati dall’indirizzo e dalla volontà di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – due papi che, nel corso della loro carriera ecclesiastica, hanno fatto uso sistemico della macchina disciplinare. Certo, questo non impediva in maniera totale la possibilità di mettere sul tavolo della discussione proprio quelle questioni che i due pontefici non volevano dentro la Chiesa – però al prezzo molto probabile di vedersi censurati pesantemente dagli apparati curiali. Quello che si può dire dei vescovi di quel periodo, è che non ebbero la forza testimoniale di una coerenza evangelica tra il loro ministero e i temi che avrebbero dovuto essere discussi nella Chiesa.
Sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI vi è stata una forte censura nella Chiesa cattolica, con un uso scoperto di dinamiche di ricatto e costrizione. Esercizio del potere, questo, che tutto favoriva tranne una libera e aperta discussione – ossia, ciò che la Chiesa cattolica sta vivendo ora in ragione del processo sinodale voluto da papa Francesco.
L’improvvisa scomparsa del disciplinamento dei «dissidenti» non è dovuta a una personale alta tolleranza di Francesco, quanto piuttosto all’ecclesiologia e alla teologia dell’attuale pontefice. Che, quando interviene ex autoritate, lo fa per riparare a un vulnus prodotto in precedenza.
E nel corpo episcopale che ha vissuto da protagonista sia la stagione di Wojtyla-Ratzinger sia quella di Bergoglio, non sono pochi coloro che, oggi paladini dell’apertura, della libera discussione e del confronto schietta e sincero, esercitarono allora il potere come censura e ricatto.
Credono davvero l’articolista ed alcuni dei commentatori che oggi tutti i vescovi esprimano liberamente i propri convincimenti più che sotto i passati pontefici? O, piuttosto, si è passati da un tipo di censura ad un’altra? Quanti cardinali e vescovi avrebbero sottoscritto i dubia se veramente liberi di farlo. Tra l’altro i dubia restano semplici domande che, per quanto scomode, non sono paragonabili all’eterodossia e all’eteroprassi di molti esponenti della teologia della liberazione o del tradizionalismo lefebvriano. E quanto al meccanismo delle nomine? È vero o no che è di parte oggi tanto (o forse di più) che nel passato? Leggo in questi articoli un senso di revanche, vedo in essi dei piccoli “de mortibus persecutorum” di novatores gongolanti.
Attenti che la Chiesa non è dei teologi né dei preti e neanche dei papi, la Chiesa è di Cristo. Lo sposo che la ama per davvero, oltre ogni rivoluzione culturale, oltre ogni libretto rosso o minculpop o poliedro…
Ogni Papa è figlio della sua esperienza-storia personale vissuta nella grande Storia. I Papi, in particolare quelli del dopo Stato Pontificio – quando non interessava più alle potenze europee mettere il veto a qualche cardinale non gradito sul piano politico – sono stati provvidenziali per affrontare i problemi più importanti del loro periodo storico. Il problema è che invece di mettersi davanti allo Spirito Santo, molti cristiani, e molti vescovi, seguono troppo umanamente il Pastore. Si vede anche nelle parrocchie. Con risultati non ottimi. Per questo motivo ogni Papa porta una parte di novità, in vari sensi: – nessuno esaurisce la ricchezza di Cristo, – i processi lanciati dai predecessori devono essere alimentati, ampliati, aggiornati – infine ogni Papa deve anche correggere le derive prodotte nella Chiesa anche dall’imitazione troppo umana del modello del Papa precedente.
In primo luogo hanno parlato quelli che sono stati invitati e quello non è mai una scelta neutra, in secondo luogo si è parlato con libertà relativamente, perché parlando su temi caldi uno si schiera e nei tempi che corrono chi si schiera male è fuori. Dunque mi sembra che alla fine questa libertà non c’è. E non c’è perché purtroppo c’è una ideologia di fondo che divide invece di unire.
Ogni papa ha la sua sensibilità ed esercita la censura in base a questa. Giovanni Paolo II era comunistofobo e bastava essere anticomunista per avere le porte spalancate verso ogni perversità finanziaria o sessuale , Benedetto XVI un buon impiegato che amava il tenere il suo ufficio ben ordinato quindi niente deviazioni ardite in dottrina e liturgia, e su questo forse qualche ragione ce l’aveva. Papa Francesco da buon porteño è un gran opportunista e non ama intervenire drasticamente su temi scottanti. Ho alcuni amici in Argentina che lo hanno frequentato da vicino e ne parlano bene, e molti altri che non lo possono vedere, non mi azzardo a dare una opinione: non l’ho ancora compreso ed ondeggio tra avversione. dubbio ed apertura.
Più che di censura – penso ad un cardinal Martini o ad un cardinal Bergoglio, molti liberi di parlare/scrivere sotto i pontificati di Benedetto e Giovanni Paolo II – parlerei di mancanza di parresia, di franchezza e profondità teologica. Molti vescovi, come anche molti sacerdoti; sapevano e sanno che per fare “carriera” era/è meglio tacere che parlare. Comunque tutto questo non fa che mergere una mancanza nella Chiesa. Cfr: https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2020/11/cattolicesimo-borghese-4.html.
Condivido pienamente le opinioni espresse da Marcello Neri. Il clima di libera espressione che si coglie con Francesco è molto diverso dalla soffocante atmosfera di restaurazione che si respirava con GPII e con BXVI. Il sig. Adelmo Li Cauzi, nel tentativo di difendere l’indifendibile, continua a sciorinare l’artifizio della falsa contrapposizione tra conservatori e progressisti. Sappia che il termine “progressismo”, come quello più datato di “modernismo”, sono termini inventati dal clericalismo per creare una falsa polarizzazione e bloccare ogni riforma nella chiesa. La vera contrapposizione non è tra tradizionalisti e progressisti, ma tra chi rifiuta il concilio ed ogni apertura di riforma e chi si sforza di testimoniare il Vangelo nell’oggi della storia. Creare opposti estremismi serve solo a mantenere lo status quo. I progressisti non esistono, esistono i discepoli di Cristo che sognano una Chiesa declericalizzata e si impegnano a realizzarla. Ho trattato l’argomento qui. http://www.settimananews.it/chiesa/falsa-contrapposizione-quella-vera/
Quelle dell’autore dell’articolo, riguardo ai pontificati degli ultimi tre sommi pontefici, mi sembrano affermazioni pesanti e prive di fondamento. La sinodalita’ esiste da sempre nella Chiesa, anzi è la Chiesa nella sua essenza. Sempre c’è stata libertà di manifestare il proprio pensiero; forse se qualcuno a taciuto, lo ha fatto per non rovinarsi la carriera ecclesiastica, ma questo starebbe a dire che non valeva come uomo e che non aveva nemmeno buone ragioni per sostenere le proprie convinzioni. In realtà penso si sia trattato semplicemente del fatto che i tempi non erano maturi e i temi non emergevano con l’attuale evidenza.
Ma come mai un conclave composto da cardinali nominati tutti da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ha eletto l’attuale pontefice? Siamo sicuri che quei cardinali fossero tutti conservatori indietristi? Ma se non erano conservatori come mai due papi così duri con gli esponenti del progressismo ecclesiastico li hanno cooptati nel collegio cardinalizio? Quanto all’attuale straordinaria libertà di pensiero faccio soltanto notare che se si vuol punire qualcuno basta emarginarlo. Senza dargli la possibilità di difendersi in un processo. Una condanna silenziosa, dolce e inappellabile.