Michael Yeung, 71 anni, è il nuovo vescovo di Hong Kong. L’annuncio è stato dato dal Vaticano martedì scorso, 1° agosto. Succede al card. Tong, che ora ha 78 anni, il quale già al compimento dei 75 anni aveva rassegnato le dimissioni secondo le norme canoniche, ma il papa l’aveva pregato di rimanere al suo posto.
No alla “cinesizzazione” di Hong Kong
La nomina di mons. Michael Yeung – scrive l’agenzia asiatica ucanews – avviene in un momento turbolento (tumultuous) per la Chiesa cattolica in Cina e mentre lo statuto di Hong Kong – “un paese, due sistemi” – è messo in questione dai governanti di Pechino. Infatti, il partito comunista al potere, da un anno a questa parte, sta attuando un programma finalizzato a “cinesizzare” la Chiesa, pur impegnandosi, al tempo stesso, in una serie dei negoziati senza precedenti con il Vaticano su un vasto raggio di problemi, anche se per il momento il nodo centrale è la regolarizzazione della nomina dei vescovi.
La Chiesa di Hong Kong rimane separata e, diversamente da quella ufficiale della Cina continentale, risponde solo al papa. Ma si teme che il partito cerchi di stabilire un controllo politico più rigido su Hong Kong e di estendere il suo sistema giuridico anche alla Chiesa cattolica.
Il vescovo Yeung è nato a Shanghai il 1° dicembre 1945 ed è stato ordinato sacerdote a Hong Kong nel 1978. Per oltre un decennio è stato presidente e capo esecutivo della Caritas di Hong Kong. È uno dei tre ausiliari ordinati il 30 agosto 2014, assieme a Joseph Ha Chi-shing e a Stephen Lee Bun-sang. Il 13 novembre 2016 è diventato vescovo coadiutore con diritto di successione al card. Tong.
Il suo progetto pastorale
Incontrando i giornalisti – riferisce l’agenzia AsiaNews, in un servizio di mercoledì 2 agosto –, ha sottolineato che le sue priorità consistono nel prendersi cura dei poveri e degli abbandonati. «I nostri anziani – ha detto – hanno bisogno di essere trattati con dignità e di essere valorizzati». Ma, ha precisato, «dobbiamo prenderci cura anche dei nostri giovani… Non tutti intendono combattere il governo; vogliono solo esprimere il loro scontento, e coloro che sono al potere devono ascoltarli».
Richiesto se darà battaglia sui temi politici, ha risposto: «La Chiesa non è un partito politico. Comunque, se siamo di fronte a problemi che riguardano l’intera società, come i diritti umani, la giustizia, le eventuali aperture e le responsabilità legali, penso che la Chiesa si debba alzare e parlare chiaro».
Interrogato poi sul dialogo in corso fra Pechino e la Santa Sede, si è schermito dicendo di sentirsi troppo piccolo di fronte a un incontro fra governi. Allo stesso tempo, ha sottolineato che la Chiesa di Hong Kong intende fungere da “ponte” fra il Vaticano e la Cina popolare: «Se vi è qualche modo per mantenere un certo dialogo, siamo desiderosi di impegnarci in questo. C’è sempre spazio per un miglioramento e per un perfezionamento».