Al termine della giornata ecumenica e interreligiosa di pellegrinaggio, digiuno e preghiera per la pace svoltasi ad Assisi per volontà di Giovanni Paolo II il 27 ottobre 1986, alle persone che attendevano i pullman al parcheggio sottostante la piazza della Basilica venivano distribuiti volantini che condannavano come blasfemo quanto avvenuto. Si trattava di gruppi tradizionalisti i quali fecero di tale raduno il segno di una devianza intollerabile dalla retta dottrina da parte della Chiesa.
Tra Roma e Lefebvre
Come evidenziano gli studi ben documentati di Nicla Buonasorte, Giovanni Paolo II viene definito «un Papa che ad Assisi confonde tutte le religioni» (Tra Roma e Lefebvre. Il tradizionalismo cattolico italiano e il Concilio Vaticano II, Roma 2003, p. 118). Infatti, «l’incontro di preghiera per la pace di Assisi del 1986, come quello del gennaio 2002, rappresenta agli occhi dell’ultraconservatorismo cattolico un momento di grave perdita di identità della Chiesa, che si sarebbe “inquinata” e avrebbe tradito la sua missione di difesa e insegnamento della verità» (Idem, p. 120).
Si accusa il papa di aver svenduto i valori cristiani abbassando il cristianesimo alla stregua delle altre religioni: «L’incontro di Assisi del 1986 costituisce il punto di riferimento negativo cui riferirsi per dimostrare lo stato di pericolo in cui verserebbe il cattolicesimo. “Il Dio di Assisi non è il Dio della Bibbia”, si afferma per marcare l’“apostasia” della Chiesa di Roma» (Idem, p. 121).
Anche a motivo dell’incontro assisano, il vescovo Marcel Lefebvre nel 1988 procedette alla consacrazione di alcuni vescovi senza il mandato papale, incorrendo così nella scomunica latae sententiae.
Giovanni Paolo II cerca in ogni modo di ricucire lo scisma del 1988 e dei risultati ci sono stati con la riunione del gruppo lefebvriano brasiliano a Campos, ma i suoi gesti ecumenici e di dialogo interreligioso continuano a essere visti come un intralcio, come indica il superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X, Bernard Fellay, il quale considera «la giornata di preghiera delle religioni [del] 24 gennaio 2002 come un nuovo ostacolo maggiore a un avvicinamento con il Vaticano» (p. 168).
Tradizionalismo fedele
In Italia una figura di spicco del tradizionalismo fu il cardinal Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, il quale, pur mantenendo il dialogo con Lefebvre per facilitare un possibile riavvicinamento, si caratterizzò per una indiscussa venerazione per la figura istituzionale del Pontefice.
Infatti, aspetto tipico del tradizionalismo di Siri è l’essere mai scismatico, rispettoso verso il papa, tanto da essere denominato un «tradizionalismo obbediente». Secondo Buonasorte, «a Siri si deve, con tutta probabilità, la mancanza di un seguito significativo di Lefebvre in Italia: i cattolici italiani avevano in lui una figura di riferimento conservatrice e fedele al papa. La disobbedienza di Lefebvre mise ancora più in luce l’obbedienza di Siri» (N. Buonasorte, Siri. Tradizione e Novecento, Bologna 2006, p. 359).
Questa divergenza fu evidenziata in modo particolare in occasione dell’incontro interreligioso voluto da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986: «Nuovamente, Lefebvre gli chiese di protestare pubblicamente per l’“abominable congrès des Religions” […]. Anche in questo caso replicò chiaramente: “Je ne peux pas repondre oui. Excusez-moi. J’aime Christ et pourtant je dois aimer Son Vicaire le Pape. J’ai donné des serments et je les garde toujours. Vers le Pape je suis obéissant dans la façon la plus parfaite”» (p. 361).
Il cardinal Giuseppe Siri fu contemporaneamente espressione e riferimento per il tradizionalismo italiano che fondamentalmente rimane cattolico e romano, nello spirito tridentino, nella formale obbedienza al papa, nell’ossequio al magistero. Tutto ciò in dissonanza con Lefebvre che era profondamente antiromano.
Pietro Messa ofm è docente presso la Pontificia Università Antonianum dei frati minori
Forse non tutti sanno il francese e quello che dice Siri per me è bellissimo e sconvolgente: ” Ho prestato giuramenti e li mantengo ancora. Al Papa sono obbediente nel modo più perfetto” (parte finale dell’ articolo). Mi chiedo: ma i cardinali che vanno in giro a parlare male del Papa, non farebbero meglio a dimettersi in modo da essere più liberi di dire quello che pensano?
Leggo con stupore sia l’articolo che i commenti. Mons. Lefebvre e Mons Siri avevano le stesse convinzioni dottrinali. L’uno però (Lefebvre) consacrò il proprio episcopato alla difesa della sostanza e dei “testi”, l’altro alla forma esteriore ed ai pizzi. Mons Lefebvre si limitò a fondare un seminario in cui insegnare a celebrare la messa secondo il messale riformato l’ultima volta da Giovanni XXIII mentre Siri lascio sorgere una liturgia del tutto inventata e “diocesana”, frutto di un miscuglio tra nuovo ed antico, che ancora oggi sopravvive nello spirito e nella formazione di molti preti liguri. E si potrebbe proseguire molto oltre…. Io non sono e non sono mai stato un lefebvriano e allo stesso tempo ho sempre avuto molta ammirazione e stima del card Siri ma le due figure non possono essere messe a confronto luna come esempio negativo e l’altra come esempio positivo di obbedienza. Marcel Lefebvre non condivideva in coscienza il concilio e fu coerente fino in fondo, mentre Siri tentò di arginare il più possibile le derive ma non condannò mai i principi che inevitabilmente a quelle derive portarono. Se però, come diceva qualcuno, l’albero si riconosce dai frutti, l’opera di Mons Lefebvre dura e prospera, “l’esperienza Siri” è inesorabilmente morta e tramontata col decesso del porporato. Piaccia o non piaccia la storia ha dato ragione al vescovo francese!
In verità uno dei frutti del Cardinal Siri, la Comunità San Martino, continua ed esistere e a prosperare
Esatto hanno un seminario fiorente e celebrano la Santa Messa in forma Oridinaria in maniera molto devota senza le deviazioni ecclesiologiche che si trovano in tanti ambienti tradizionalisti francesi più ligi a Maurras e all’Action Française che allo stesso Msgr Lefebvre.
Temo sia troppo presto per dare un giudizio sulla FSSPX, e poi quali sarebbero questi frutti?
Aver costruito quasi da zero una società religiosa che oggi ha 700+ preti e strutture in tutto il mondo.
Cosa non da poco. E non consideriamo le sue derivazioni tornate in piena comunione, come l’Istituto del Buon Pastore e la Fraternità San Pietro
Il lato negativo sono tutti i suoi scismi più radicali, in primis mins Williamson e il suo gruppo
“Monsignore, Vi prego in ginocchio di non staccarvi dalla Chiesa. Voi siete stato un apostolo, un grande vescovo; Voi dovete restare al vostro posto. Alla nostra età noi siamo davanti alla porta dell’eternità. Riflettiamo. Io sempre vi attendo qui nella Chiesa e poi in paradiso. Vostro Giuseppe Card. Siri”.
Biglietto inviato (originale in francese) a mons. M. Lefebvre il 22 giugno 1988 prima che procedesse all’Ordinazione di 4 Vescovi e compisse lo scisma
(Cfr. R. Spiazzi, Il Cardinale Giuseppe Siri, 1990, o.137)
Ce ne fossero oggi di tradizionalisti che, come Siri, facciano dell’obbedienza una virtù. Invece hanno fatto della disobbedienza la loro virtù. Francamente non so se si possano definire tradizionalisti. Per me sono anacronistici.
[[Tutto ciò in dissonanza con Lefebvre che era profondamente antiromano]]
Lefebvre non riuscì ad aprire un seminario nei dintorni di Roma solo per motivi logistici, e dovette ripiegare ad Econe. Ma lui voleva che i suoi preti studiassero a Roma proprio per dimostrare che erano Cattolici Romani.
Poi si può facilmente dimostrare che la posizione del Monsignore fosse confusa ed ambigua, ma di certo è mistificante classificarla come antiromana.
Comunque i testi citati (editi nel 2003 e nel 2006) danno per scontato che la presenza del card. Siri ha scongiurato l’influenza lefebvriana in Italia; basta invece guardare gli eventi degli ultimi anni per vedere che essa ha attecchito in profondità, spesso anche in forme strane ed estreme.