Messe più brevi per evitare che le chiese diventino focolai di trasmissione del Coronavirus. È l’obiettivo che John Wester, arcivescovo di Santa Fe, capitale del New Mexico (USA), ha prefissato ai suoi presbiteri.
Autorizzate nuovamente dallo scorso 16 maggio, le celebrazioni eucaristiche nella diocesi di Santa Fe dovrebbero essere contenute in 30-40 minuti. Per raggiungere l’obiettivo, ai sacerdoti è stato chiesto di limitare le omelie allo stretto necessario. Le direttive emanate a metà maggio richiedevano di tenere «omelie brevissime, di tre o quattro minuti al massimo». Ma, secondo quanto riferito lunedì 18 agosto dalla agenzia cattolica CNA, sembra che la raccomandazione sia stata disattesa in molti casi.
La nota del vicario generale
Per questa ragione, una nota dello scorso 31 luglio, a firma del vicario generale della diocesi, p. Glennon Jones, esprime viva preoccupazione circa «le notizie ricevute sulle omelie che superano di molto il limite decretato dall’arcivescovo». Tale atteggiamento, si legge ancora nella nota, «non solo aumenta il tempo di esposizione dei presenti (al rischio di contrarre il Coronavirus, ndr), ma aumenta anche la delusione dei fedeli stessi, al punto che alcuni di loro non prende più parte alla messa per questo motivo».
«I fedeli sono stati informati dei protocolli diocesani e hanno espresso le loro preoccupazioni», afferma un portavoce della diocesi alla CNA. Pertanto, ai sacerdoti è stato chiesto di rispettare il protocollo e predicare brevi omelie di 3-5 minuti durante questo tempo di emergenza sanitaria. «L’intenzione della nota è quello di sottolineare la gravità della pandemia, la grande preoccupazione dell’arcivescovo per la vita umana, la salute e la sicurezza dei nostri parrocchiani», ha confermato lo stesso portavoce.
Nella nota si riafferma la linea e si annunciano sanzioni. «Se tali omelie continuano, (il vescovo Wester) prenderà in considerazione azioni più severe fino alla possibile sospensione della facoltà di predicazione».
«Non oltre i dieci minuti»
«Mi soffermerò particolarmente, e persino con una certa meticolosità, sull’omelia e la sua preparazione, perché molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie. L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo. Di fatto, sappiamo che i fedeli le danno molta importanza; ed essi, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare e gli altri a predicare. È triste che sia così». La notizia richiama (non senza una certa ironia) le raccomandazioni espresse da Francesco nella Evangelii gaudium, dove una lunga sezione è dedicata alla preziosa e difficile arte dell’omiletica (nn. 135-144).
L’omelia – a cui il contesto conferisce la dignità di momento culminante del dialogo tra Dio e il suo popolo – «non può essere uno spettacolo di intrattenimento», si ammoniva. «È un genere peculiare, dal momento che si tratta di una predicazione dentro la cornice di una celebrazione liturgica; di conseguenza deve essere breve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezione». Sottolineando che «se l’omelia si prolunga troppo, danneggia due caratteristiche della celebrazione liturgica: l’armonia tra le sue parti e il suo ritmo».
In altre occasioni Francesco ha avuto modo di tornare sul tema dell’omelia. Come nell’udienza generale del 7 febbraio 2018, quando ebbe occasione di ribadire che «l’omelia deve essere ben preparata e deve essere breve». Allora, seppure per altre (validissime) ragioni, anche lui aveva indicato ai predicatori più zelanti un limite di tempo: «Sia breve l’omelia, sia ben preparata. E come si prepara? Con la preghiera, con lo studio della parola di Dio. E bisogna fare una sintesi chiara. E breve. Non deve andare oltre i dieci minuti».
La saggezza dei santi (dottori)
Diventa irresistibile citare qui una delle tante sapienti convinzioni del santo dottore Tommaso d’Aquino: «I sermoni brevi sono sommamente graditi, perché se sono di buon contenuto saranno ascoltati con avidità; se invece sono di cattivo contenuto stancano poco» (Commento alla Lettera agli Ebrei XIII, lez. 3, v. 22).
Una vergogna
Sempre più pesanti le restrizioni in chiesa, il Vaticano cammina con la mentalità dello Stato, finché non arriverà a chiudere le Chiese, dove sta la vera fede? La chiesa predica bene e razzola male, poveri fedeli che camminano nel buio appresso a questi presbiter che sono nel buio,!
Quando il coronavirus non ci sarà più neppure le Chiese ci saranno più, spero, solo La chiesa di Cristo si salverà quella vera che non ha paura del contagio perché nella vera fede in Cristo si salva
A molte comunità di afroamericani in America invece piace sentire omelie lunghe, anche mezz’ora, e ben approfondite, durante le quali interagiscono in vario modo con il predicatore per fargli capire di aver inteso quello che aveva detto e di gradire che prosegua nell’esposizione
Se si imponessero a loro omelie brevi, di dieci minuti o anche meno, si farebbe un torto alla loro ‘tradizione liturgica’ (in un tempo in cui c’è il mantra dell’inculturazione) e si rischia di avere reazioni negative tra di loro
L’omelia lunga danneggia l’equilibrio delle parti della Messa solo se si fanno di fretta tutte le altre parti, per esempio tagliando i momenti di silenzio e le pause, usando solo la PEII, usando sempre i ministri straordinari per velocizzare la distribuzione della comunione etc
Inoltre il voler limitare la durata delle celebrazioni è diseducativo, perché abitua i fedeli a stare in Chiesa il meno possibile
Purtroppo viene fuori l idea che in Chiesa sia facile essere contagiati per cui bisogna stringere sempre più e starci il meno possibile. Ricordiamo che è la casa di Gesù, chiediamoGli di accrescere la nostra fede, lasciamoci coprire dal Suo preziosissimo sangue e nulla potrà attaccarci… Dobbiamo avere più fede in Dio Padre che tutto può. Che Dio benedica tutti… Un abbraccio in Gesù e Maria, nostra Madre.