Polonia: l’epoca Gadecki

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Photo: Jakub Porzycki / Agencja Gazeta

Dal 19 marzo 2025 c’è un nuovo vescovo a Poznan (Polonia), mons. Sbigniew Zielinski. Termina il servizio l’arcivescovo Stanislaw Gadecki. Il nuovo vescovo è nato a Danzica nel 1965 e in quella diocesi ha ricoperto molti ruoli (parroco, insegnante, responsabilità diocesane), distinguendosi in particolare per la capacità organizzativa (viaggio papale nel 1999, pellegrinaggi diocesani). Nominato vescovo ausiliare per Danzica, poi trasferito a Koszalin-Kolobrzeg è ora a Poznan.

Non sarà per lui semplice succedere a mons. Gadecki, che da vent’anni è ai vertici dell’episcopato e ne ha rappresentato il punto di riferimento e di indirizzo. Il parallelo di quello che ha significato Antonio Maria Rouco Varela per la Spagna e Camillo Ruini per l’Italia.

Dal 2002 Gadecki è membro del Consiglio permanente e vicepresidente dal 2004 al 2014, per poi diventare presidente dal 2014 fino al 2024. Dal 2016 al 2021 è vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE).

Giovane segretario del mitico primate Stefan Wyszynski, ha poi studiato al Biblico (Roma) e a Gerusalemme e si è addottorato alla Facoltà San Tommaso (Roma). Poliglotta, professore e specializzato nel dialogo con l’ebraismo, ha pubblicato oltre 600 articoli e una dozzina di libri. Vescovo ausiliare a Gniezno nel 1992, diventa arcivescovo a Poznan dal 2002 fino ad oggi.

I suoi riferimenti sono stati Wyszynski e Wojtyla. Ha sopportato a fatica le innovazioni apportate da papa Francesco. Più che un oppositore, è stato un resistente. Molto vicino alla maggioranza di centro-destra dei fratelli Kaczyński e del loro partito (PiS), si è imposto come interlocutore esigente più che un sostenitore subalterno.

Difensore roccioso di Wyszynski e Wojtyla

Ha interpretato il suo ruolo alla luce dell’insegnamento di Giovanni Paolo II e sulla scorta del primate del «Millennio», prolungando una vocazione messianica della Chiesa polacca non solo come «antemurale» rispetto alla Russia, ma anche come essenziale correttivo rispetto all’Europa occidentale.

Escluso dalla berretta cardinalizia, ha mantenuto l’unità dell’episcopato sul fronte dei temi etici (aborto, gender ecc.), rispetto a quelli sociali (immigrazione, profughi), agli intransigenti, alla memoria storica e alla posizione politica della Chiesa.

Sul problema della cultura gender ha sostenuto un testo – Posizione della Conferenza episcopale polacca sui temi LGBT  (2020) –, di netta chiusura alla «cultura omosessuale», pur escludendo ogni aggressività e diseguaglianza.

Si è molto esposto soprattutto sul tema dell’aborto e della legge restrittiva che il PiS ha voluto, elogiando pubblicamente la sentenza della Corte costituzionale che l’ha confermata. Davanti alle imponenti manifestazioni delle donne nelle piazze del Paese, non ha aperto alcuna interlocuzione coi movimenti femministi, pur sollecitando la comunità cattolica a sostenere con maggiore generosità le gestanti in difficoltà.

Sul versante opposto, non ha favorito la raccolta di firme per una legge che impedisse ogni manifestazione filo-omosessuale.

Ha speso parole assai severe contro le bande paramilitari che volevano collaborare con la polizia di frontiera per espellere gli immigrati supportando con vigore lo sforzo straordinario per l’accoglienza dei profughi ucraini.

Si è speso contro i rigurgiti antisemiti di alcuni settori della società e contro le spinte nazionalistiche tollerate dal governo di centro-destra.

Lambito dalle denunce di non aver agito con fermezza contro i preti abusatori, è stato «assolto» dal Dicastero dei vescovi di Roma, ma non ha mancato di far notare che le pene d’infamia verso i preti pedofili erano maggiori di quelle giudiziarie contro i delinquenti riconosciuti tali.

Neo-messianismo

Ha manifestato un’alta consapevolezza del ruolo «messianico» della Chiesa polacca, denunciando la decadenza dell’Occidente e la permanenza di un «muro di incomprensione», un «muro invisibile e mentale» che impediva e impedisce la comunione di spirito fra i paesi dell’Europa. E non si è preoccupato di avvertire la parziale sovrapposizione della sua posizione con la crescente denuncia anti-occidentale della Russia e della sua Ortodossia (connessione visibile già nel documento congiunto dei due vertici ecclesiali del 2012).

Dopo l’invasione russa all’Ucraina, ha inviato due lettere di protesta al patriarca di Mosca, Cirillo, senza ottenere risposta. L’accoglienza dei profughi ucraini ha favorito una «riconciliazione delle memorie» con le Chiese ucraine rispetto alle stragi reciproche avvenute durante la seconda guerra mondiale.

Non ha condiviso l’atteggiamento prudente e aperto al dialogo con la Russia del papa. Non solo nel caso della guerra attuale, ma anche relativamente a tutta la stagione dell’Ostpolitik.

«A mio parere il Vaticano dovrebbe rapportarsi con la Russia in modo più maturo, perché il vecchio e attuale approccio sembra molto ingenuo e utopico […]. La Santa Sede dovrebbe essere consapevole e più cauta, per usare un eufemismo, nei suoi rapporti con la Russia, perché l’esperienza dei paesi dell’Europa centrale e orientale dimostrano che la menzogna è la seconda natura della diplomazia russa».

Tedeschi cedevoli

A difesa della dottrina cattolica, ha preso carta e penna per denunciare la deriva verso le ideologie liberali della sinistra delle altre Chiese europee.

In una lettera al pontefice accusa di deviazioni dottrinali l’intero processo del sinodo tedesco, ostaggio delle pressioni del mondo e dei modelli della cultura dominante. Pretendere di cambiare il celibato ecclesiastico, la disciplina del ministero, permettere la comunione ai divorziati e la benedizione alle coppie gay, vuol dire sottoporsi agli inganni ideologici e patire di un complesso di inferiorità.

Altrettanto diretta e dura la risposta del presidente della Conferenza episcopale tedesca a partire dalla pretesa del presule polacco di ergersi a giudice di un’intera Chiesa nazionale con un atto di enorme abuso di potere. Gli ricorda che non c’è alcun punto dei testi del sinodo che metta in discussione la struttura gerarchica o che attenti all’integralità della dottrina cattolica. La tradizione non va solo ricevuta, va anche alimentata. La misericordia cristiana non va scambiata con un cedimento. E, se diversi problemi affrontati dal sinodo tedesco sono tornati nei documenti del sinodo universale, non è dovuto al veleno germanico, ma al fatto che sono problemi avvertiti ben al di là dei confini della Germania.

Democrazia? Un mezzo

Vi è un passaggio della risposta di mons. Georg Bätzing che introduce all’insegnamento «politico» di mons. Gadecki.

«Mi preoccupa l’atteggiamento distante da lei manifestato nei confronti della moderna democrazia parlamentare, che, oltre al riconoscimento della dignità umana e dei diritti umani, comprende anche i principi dell’ordinamento costituzionale, della sovranità popolare, dello stato di diritto, della separazione dei poteri, della tutela delle minoranze e dello stato sociale. Soprattutto alla luce della tendenza mondiale all’ascesa di forme di governo autocratiche o addirittura dittatoriali, dovrebbe essere una preoccupazione comune per noi e per i nostri popoli, che hanno sofferto a causa delle dittature, rafforzare le conquiste democratiche e non sminuirle».

È indicativo che, nel passaggio dell’ultima tornata elettorale polacca dal centro-destra al centro-sinistra, mons. Gadecki sia stato stranamente silente. E, ancora di più, che, durante tutti gli anni in cui il PiS ha ferito, ristretto e depotenziato l’autonomia della magistratura, il vescovo di Poznan non abbia mai speso una parola di richiamo, mentre un uomo libero come mons. Pieronek denunciava la decisione del Governo come violazione della Costituzione e tentativo di modificare la forma della democrazia liberale.

Il 19 marzo 2025, giorno della nomina del successore, mons. Stanislaw Gadecki ha affidato a un’ampia relazione pronunciata a Inowroclaw il suo pensiero organico sulla politica ripercorrendo l’insegnamento di Gesù, il ruolo della Chiesa («non si identifica con la comunità politica o con alcun sistema politico in generale»), quello del clero («formula un catalogo di principi fondamentali che devono applicarsi in ogni ambito della vita») e dei laici (devono attenersi ai valori non negoziabili «che non possono essere oggetto di compromessi democratici»). Pur apprezzando la democrazia come un «segno dei tempi», non va sopravvalutata perché tutto «dipende dalla sua conformità alla legge morale alla quale deve essere subordinata».

Un po’ poco, in un tempo in cui la minaccia è di perderla del tutto.

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