Otto vescovi del confine che spaccava l’Europa nella prima metà del Novecento (Francia-Germania) si sono ritrovati a Sey-Chazelle (Mosella, Francia) l’8 aprile. Nella casa di uno dei fondatori dell’Europa unita, Robert Schuman, hanno firmato una lettera pastorale dal titolo: Un nuovo respiro per l’Europa. I pastori del Lussemburgo (Jean-Claude Hollerich), di Metz (Philippe Ballot), di Verdun (Jean-Paul Gusching), di Troyes (Marc Stenger), di Treviri (Stephan Ackermann), di Liegi (Jean-Pierre Delville), di Nancy e Toul (Pierre-Yves Michel) e Namur (Pierre Warin), città e sedi che interessano il Lussemburgo, la Francia, il Belgio e la Germania, hanno voluto richiamare i loro fedeli e i cittadini dei confini alla sfida rappresentata dalle prossime elezioni europee del 9 giugno.
Democrazia e valori
La catastrofe della seconda guerra mondiale ha spinto alcuni dei più illuminati politici del tempo (Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Paul-Henri Spaak) ad avviare il processo di unificazione del continente per garantirne la pace e il futuro. A 67 anni dal Trattato di Roma (1957) la spinta ideale e valoriale ha lascito il posto ai dati contabili e alle statistiche.
«La guerra in Ucraina rovescia oggi i criteri di adesione. Il pieno assenso ai principi e ai valori democratici ridiventa prioritario per entrare nell’Unione Europea (UE). La pace garantita per 70 anni, l’evoluzione democratica di paesi un tempo autoritari (Portogallo, Spagna) l’avvio di importanti progetti (tecnologici, di cooperazione sociale, di solidarietà, di sistemi di sicurezza sociale) e la pacificazione franco-tedesca non hanno impedito nel corso dei decenni più recenti la crescita di distanze e malumori. Il sentimento nazionale, la paura di non essere protetti, la crescita dei populismi e il timor di perdere il controllo del proprio destino hanno alimentato nuove diffidenze. La crisi geo-politica della guerra russo-ucraina si è sovrapposta a quella del sistema di libero scambio e a quella migratoria».
«L’Unione Europea corre il rischio di sparire se non ritrova la sua ragione d’essere: la pace e la solidarietà nella diversità». Una crisi etica è diventata crisi valoriale. È urgente riaprire il deposito dei valori (il senso della persona, la diversità delle nazioni, il gusto della pace, la giustizia e la solidarietà) per far ripartire il sogno europeo. Anzitutto, l’umanizzazione della società al di là dei parametri funzionali. «Come Chiesa dobbiamo contribuire a un rinascimento dell’Europa che – ne siamo convinti – rimane dotata di potenzialità importanti per aprire nuovi cammini di umanizzazione».
Il bene comune, la fraternità, la pace è quanto l’Europa può mostrare. «L’Europa di oggi non ha una superiorità da imporsi. Essa deve fare fronte a potenze come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Davanti ad esse l’Europa ne uscirà solo se è “altra cosa”. Essa si distinguerà sviluppando un nuovo progetto di pace e sviluppando, nel dialogo delle risorse e tradizioni culturali, nuove iniziative dove il senso della comunità umana vincerà sull’accaparramento delle ricchezze».
Dare respiro all’Europa
Gli strumenti per l’impresa sono il rafforzamento dei «corpi intermedi», la vita sociale, il patrimonio cristiano, la creatività, il dialogo politico, l’ecologia integrale, una città inclusiva.
L’UE «non è solo una carta geografica, ma un progetto politico di cooperazione, di delega di parte della sovranità per assicurare il bene comune, una vita buona per tutti nel rispetto delle diversità delle nazioni». Gli stati «devono trovare in essa la piena misura del loro sviluppo, senza il quale l’UE sarebbe uno “scheletro senza carne”. La forza di questa Europa è il suo progetto di solidarietà che non potrà realizzarsi che attraverso il coinvolgimento dei popoli, un progetto che è la continuazione dei valori fondativi: la riconciliazione, la pace, la stabilità attraverso la solidarietà».
Per rinnovare il gusto della sfida europea è bene ricordare i problemi che i cittadini devono affrontare: la sicurezza, il lavoro, l’ambiente, le migrazioni. «Un nuovo umanesimo deve nascere sulla base della capacità di integrare piuttosto che di escludere», in base ad una sintesi dei tratti delle diverse culture. Si tratta di vedere l’altro, lo straniero, il migrante, colui che appartiene ad un’altra cultura come qualcuno da ascoltare. Gli specifici problemi dei giovani e degli anziani, le sfide di una economia sociale, la solidarietà dei popoli fra Atlantico e Urali suggeriscono di scegliere un’unità nella diversità e della persona nella solidarietà sociale.
«Perché si può dire che il progetto di costruzione europea è un progetto per i cristiani? Perché i cristiani possono riferirsi a una carta fondamentale che il Cristo ha lasciato nel discorso sulla montagna, nelle beatitudini».
Ma per favore anche su questa piattaforma commenti di propaganda populista disinformata e ignorante: l’UE è stato prima di tutto un progetto per la pace in Europa lanciato negli anni ’50 da paesi storicamente nemici che ha del miracoloso, e senza precedenti. Tra l’altro sostenuto da grandi politici cattolici e germanofoni: Adenauer, Schuman e De Gasperi. Se oggi circoliamo in uno spazio di pace, senza passaporti e dogane, con una moneta unica, con ragazzi a fare l’Erasmus riconosciuto dalle università, se banalmente possiamo fare bonifici bancari e usare il telefono a costo zero attraverso i confini europei… queste sono tutte cose molto concrete e tangibili. Sulla democrazia nell’UE c’è solo ignoranza: “Bruxelles” non esiste, sono gli stati membri con i loro interessi che stanno intorno al tavolo –Italia compresa– che negoziano, patteggiano, comandano e decidono e sono gli stati membri che nel corso del tempo hanno con grande riluttanza allargato gli spazi democratici dando qualche potere al Parlamento, dando qualche autonomia decisionale alla Commissione. Le forze politiche europeiste avrebbero dato di più, le forze politiche populiste ne vogliono dare di meno o toglierle del tutto. Tutto questo c’entra ben poco con la secolarizzazione dell’Europa e ben fanno i vescovi a investire tempo sul progetto europeo perché, per le chiese, chiudersi nelle dimensioni nazionali sarebbe tragico (basta vedere cosa finisce per dire dice il patriarca di Mosca). Avere paura dei piccoli numeri è semplicemente mancanza di fede, ma questo probabilmente il commentatore precedente e tanti altri ‘cattolici’ come lui non lo possono capire.
Grazie per l’articolo e grazie anche a Emilio per il suo commento saggio e appassionato.
Trovo importante e appropriato l’appello all’impegno civile e politico che deve accomunare i cristiani per l’appuntamento decisivo delle elezioni europee. Nonostante ritardi e difficoltà l’Europa ha affrontato crisi epocali come la pandemia e la guerra espansionista del governo russo ritrovando solidarietà e garantendo libertà e crescita dei processi democratici nei paesi membri. Questo cammino deve continuare!
Intanto quella che rischia di sparire nel Belgio, Lussemburgo, Francia, Germania, è la Chiesa cattolica. Ormai fedeli ridotti a minime percentuali, chiese vendute e trasformare in attività’ commerciali, antiche abbazie svuotate, vocazioni a picco. Ma i vescovi europei si riuniscono non per parlare di questo, si preoccupano invece della possibile sparizione l’UE, una entità creata da potenze politico-economiche-finanziarie sovranazionali, e niente affatto democratica visto che il Parlamento Europeo non ha alcun potere che è tutto di personaggi non eletti dal popolo ,quali il Commissario europeo. Viene spontanea la domanda: ma questi vescovi per chi lavorano, per Dio e la sua Chiesa, o per i potenti di questo mondo?