Era il 14 marzo 1947 quando la nave che trasportava quattro sacerdoti dehoniani dal Portogallo al Mozambico entrava nelle acque territoriali della allora Provincia Ultramarina del Mozambico. E il 27 marzo dello stesso anno i quattro pionieri arrivarono alla missione di Alto Molocue, nella parte Nord della provincia della Zambezia.
Erano i padri: Pietro Comi, Agostino De Ruschi, Luigi Pezzotta, Raffaele Pizzi, della provincia Italiana, poi diventata Italiana Settentrionale.
Gli inizi della missione
Con loro iniziò la presenza dehoniana nella parte Sud-Est dell’Africa, allora colonia portoghese. Prima di giungere in Mozambico trascorsero lunghi mesi di preparazione in Portogallo, specialmente per lo studio della lingua portoghese. E fu anche così che nacque la presenza dehoniana in Portogallo, e proprio nel 1947. Uno degli scopi era proprio preparare missionari per il Mozambico.
Ai confratelli dehoniani, una volta giunti in Mozambico, fu affidata la parte Nord della Zambezia, che a poco a poco venne evangelizzata e riempita delle presenze di comunità dehoniane. Piano piano nacquero le “missioni” improntate all’evangelizzazione e alla promozione umana.
Da Molocue a Nauela, poi a Gurue e Lioma, a Ile e Mulevala, a Namarroi, a Molumbo, a Gilé e Muiane e Ligonha, a Pebane, Mwalama, Naburi e Mocubela e nella città di Quelimane e poi di Maputo. Fu così che si scrisse la storia della Chiesa di questa parte del paese, il nord della Zambezia, con uno stile di presenza e lavoro pastorale che portò prima alla formazione di catechisti che appoggiassero in pieno il servizio dei sacerdoti, e poi alla nascita della “Chiesa ministeriale”, con la creazione delle “piccole comunità ministeriali”, intuizione della Chiesa mozambicana fomentata proprio dalla riflessione e dal servizio dei dehoniani (naturalmente in comunione con altre realtà di congregazioni presenti nel nord del paese). Questo stile ecclesiale si è ben incarnato nella Chiesa della Zambezia, e la caratterizza a tutt’oggi.
Resistere al fianco della gente
Dopo essere passati attraverso l’esperienza in qualche modo inebriante dell’Indipendenza del paese (25 giugno 1975), i dehoniani hanno affrontato con coraggio ben altre sfide, forse inaspettate, certamente tragiche.
A queste appartengono le nazionalizzazioni, con l’espulsione dei dehoniani (come di altri religiosi e religiose) dalle residenze delle missioni: un momento che ha dato possibilità di una testimonianza profetica, con la scelta di rimanere tra la gente, costruendo abitazioni semplici e povere per poter restare al fianco delle comunità.
E subito dopo sorse il tempo terribile della guerra civile (1976-1992), che ha visto protagonista la guerriglia della RENAMO che si opponeva al governo monopartitico della FRELIMO. Fino al 1992 (anno in cui fu firmato un accordo di pace), le sofferenze del popolo furono estreme e la violenza toccò punte indicibili. Milioni di mozambicani si rifugiarono nei paesi vicini, molti morirono di morte violenta e di stenti, tantissimi furono costretti a vivere in situazioni estreme di povertà, assenza di ogni bene e assistenza, abbandonati a sé stessi.
E i dehoniani hanno fatto di tutto per resistere al fianco della gente. Alcuni, proprio per questa scelta, sono rimasti coinvolti in rapimenti da parte della RENAMO, altri chiusi in zone occupate dalla guerriglia per lunghi mesi, e perfino anni. Molti altri sono stati costretti ad abbandonare le missioni. Ma la presenza in Mozambico non si è mai interrotta, e il frutto più bello è stata la crescita delle comunità anche in tempo di guerra e di dispersione, un segno chiaro della validità della scelta profetica nel processo di creazione del nuovo stile di Chiesa.
Le comunità si sono rese protagoniste di storie di fede che portano in sé il segno dello Spirito. Cito solo le eroiche camminate in mezzo a pericoli estremi per poter cercare un sacerdote fuori dal Mozambico (in Malawi) per far consacrare le particole e così poter distribuire l’eucaristia; le riunioni e celebrazioni sfidando e vincendo la paura della violenza e dei rapimenti; la costruzione di cappelle con materiale precario per poter riunirsi anche in mezzo alla foresta…
La svolta del 1992
Tutto questo finché nel 1992, il 4 ottobre, non venne firmato a Roma l’Accordo di Pace che mise fine a 17 anni di guerra civile. Una festa che aprì il tempo della riconciliazione e della ricostruzione. Scoppiò la pace e nuove sfide si fecero evidenti, prima fra tutte la riorganizzazione delle presenze nelle missioni da cui si era usciti durante la guerra.
Come dehoniani si sentiva la necessità di poter essere presenti nelle comunità cristiane, ma anche di caratterizzare la nostra presenza, abbandonando una certa “genericità”. Così sorse l’impegno di recuperare il centro di Gurue, dedicato all’educazione tecnico-professionale della gioventù. E di riprendere in mano il centro di Milevane, distrutto durante la guerra, per tentare di farne un centro di pastorale e di animazione.
E poi le missioni, l’accompagnamento delle quali richiedeva un grande impegno dopo alcuni anni di relativo abbandono. Nel frattempo però i seminari diocesani avevano iniziato a preparare il clero per le diocesi.
Fu così che alcune missioni (poi chiamate parrocchie) sono passate sotto la responsabilità del clero diocesano e di una nuova congregazione che si è aggiunta ai dehoniani nella diocesi di Gurue. Così i dehoniani sono ora presenti in 4 parrocchie nella diocesi di Gurue, ma hanno ampliato il raggio aprendo la presenza pastorale nella diocesi di Nampula e assumendo nuovamente una parrocchia nella città di Maputo, la capitale del paese.
Dehoniani in crescita
Nel 1998 si celebrò un momento basilare nella storia dei Dehoniani in Mozambico: il passaggio da Regione a Provincia. Un passo che significò il riconoscimento del cammino fatto, della crescita visibile, di una certa solidità della presenza in Mozambico.
È in questo contesto che segnaliamo come siano anche cresciute le case di formazione. Ora esiste una comunità per l’anno propedeutico, la comunità per gli studi di filosofia, e la comunità del noviziato. Per la teologia è stata fatta la scelta di operare in collaborazione con altre entità, per una formazione in comunità internazionali. La priorità è la comunità di Pietermaritzburg, in Sudafrica. Le prospettive vocazionali sono buone, si può pensare ad una crescita costante, senza però sognare grandi salti in avanti.
Ormai il cammino è tracciato, e la presenza europea è limitata a pochi confratelli, mentre la maggioranza della presenza dehoniana è mozambicana: di 44 membri della provincia, 34 sono mozambicani. E di questo ringraziamo il Cuore di Cristo che benedice con vocazioni la Provincia del Mozambico.
Perché celebrare 75 anni di presenza in Mozambico
Celebrando i 75 anni di una presenza congregazionale, c’è spazio per la gioia ma anche per chieder perdono di tutte le povertà e infedeltà. Mettiamo tutto nel Cuore di Cristo, che i missionari dehoniani han voluto servire in tutti questi anni.
Lodiamo prima di tutto la fedeltà di Dio, che ha sempre accompagnato con il suo Spirito il servizio pastorale dei confratelli dehoniani in Mozambico. Celebriamo la passione per il Regno del Cuore di Cristo manifestata da tutti coloro che sono stati protagonisti di questa storia: dall’Italia, dal Portogallo, dal Mozambico.
Ricordiamo tutti coloro che hanno dato la vita per questa opera missionaria (sono 44 i confratelli che qui hanno servito e sono entrati nella gloria del Signore; di questi 20 sono sepolti in terra mozambicana).
Vogliamo anche esprimere il nostro grazie alle due province che più hanno contribuito allo sviluppo della nostra presenza, la provincia dell’Italia Settentrionale e la provincia del Portogallo. Ma il nostro ringraziamento si estende a tutte le entità che nel corso di questi 75 anni hanno manifestato solidarietà e appoggio al nostro cammino dehoniano in questa terra del Mozambico.
Che il Signore benedica tutti con l’abbondanza delle grazie che sgorgano dalla ferita salvifica del suo Cuore trafitto.
Per tutto ciò che abbiamo vissuto nei 75 anni della nostra presenza, sentiamo su di noi lo sguardo misericordioso del Signore che ci chiama ancora oggi come discepoli amati.
A lui rispondiamo ancora una volta, e con passione: Adveniat Regnum Tuum!
- In collaborazione con l’Ufficio comunicazioni della Curia generale dehoniana.