Con profonda amarezza la Comunità ha dovuto prendere atto che fr. Enzo non si è recato a Cellole nei tempi indicatigli dal Decreto del Delegato Pontificio dello scorso 4 gennaio.
Si trattava di una soluzione messa a punto in questi mesi con l’assenso ribadito per iscritto dallo stesso fr. Enzo e da alcuni fratelli e sorelle disposti a seguirlo per fornirgli tutta l’assistenza necessaria.
Come abbiamo spiegato nel darne notizia, la Comunità ha dovuto rinunciare alla sua Fraternità di Cellole affinché fosse rispettata l’indicazione del Decreto singolare approvato in forma specifica dal Papa che prevedeva per fr. Enzo un allontanamento da Bose e dalle sue Fraternità.
Agendo così la Comunità aveva cercato una modalità di osservanza del Decreto singolare che permettesse a fr. Enzo di andare a vivere in un luogo da lui amato, alla cui ristrutturazione aveva contribuito attivamente, arrivando a determinare anche la disposizione dei locali atti ad accoglierlo una volta dimessosi da priore. Con la soluzione indicata i fratelli extra domum avrebbero continuato a godere di tutti i diritti propri dei membri professi della Comunità, come la partecipazione ai Consigli.
Al contempo, lo spostamento di fr. Enzo a Cellole avrebbe contribuito ad allentare la tensione e la sofferenza di tutti e avrebbe facilitato il lento cammino di riconciliazione e comprensione reciproca.
Per attuare tutto questo, da una settimana i fratelli già presenti a Cellole si sono spostati a Bose e altri due, tra quanti avevano dato la propria disponibilità, si sono recati a Cellole per predisporre al meglio l’arrivo di fr. Enzo.
Purtroppo la mano tesa non è stata accolta e ora la Comunità dovrà anche affrontare l’impegnativo onere di far ripartire la Fraternità di Cellole, poiché la sua chiusura avrebbe prodotto piena efficacia solo a partire dall’arrivo di fr. Enzo alla Pieve.
La presenza di Bose in quel luogo, infatti, è un impegno nei confronti della Diocesi e una responsabilità morale verso le tante persone che là avevano trovato un alimento per la loro vita spirituale e umana. Impegno e responsabilità che sono stati abbondantemente ricompensati dal grande dono dell’amicizia e della comunione fraterna.
Mentre ringraziamo la Santa Sede per come ci sta accompagnando e confermando, affidiamo ancora una volta il nostro cammino alle preghiere di amici e ospiti.
L’unica soluzione per Bose non è data da una visita apostolica, ma dal rimettere al centro il Vangelo. Se fratel Enzo e tutti i fratelli e le sorelle si mettono in umile ascolto del Signore, calpestando ogni forma di orgoglio, di rancore e di vendetta umana, lo Spirito Santo darà la forza per non cadere sotto il laccio del divisore, di colui che vuole la disgregazione. Cosa direbbe il cardinale Michele Pellegrino? L’attuale priore deve compiere un gesto di umiltà e dire a fratel Enzo dobbiamo riconciliarci. Se non si ha questo coraggio tutto il resto diventa falsità. E’ scandaloso che si abbia paura di avere contatti con Fratel Enzo. Fosse anche un lebbroso cosa farebbe Gesù. E’ tempo di passare dalle tante parole, magari farcite di linguaggio spirituale biblico, ad un’azione di veri discepoli del Signore. I fratelli e le sorelle di Bose e fratel Enzo se non sanno camminare in questa unica via, quella dietro a Gesù, sono delle povere persone che ragionano solo a livello umano. Dove non c’è la carità di Cristo, ma i decreti, le norme… si è su una strada sbagliata.
Prego perché tutti siano capaci di compiere questo autentico gesto di umiltà per tornare ad essere credibili. Il Signore, se ascoltato, aiuterà-