Due fatti nuovi interessano la vicenda di fr. Enzo Bianchi e del monastero di Bose. Il primo è la dislocazione a Cellole (una delle fondazioni della comunità) di quattro fratelli. Il secondo è la pubblicazione di testi riservati: il decreto del 13 maggio 2020 che impone a Bianchi e a tre confratelli (fra questi una monaca) di abbandonare Bose e la lettera personale del papa a Bianchi con data 9 febbraio 2021 (ambedue sul sito Silere non possum).
Dopo la visita apostolica (dom León Arboleda Tamayo, p. Amedeo Cencini, sr. Anne-Emmanuelle Devêche) fra dicembre e gennaio 2019, la consegna del decreto agli interessati e alla comunità (13 maggio 2020), la proposta dell’affido a Bianchi e ai “suoi” del monastero di Cellole (8 febbraio 2021), l’udienza col papa del delegato pontificio, p. A. Cencini e del priore L. Manicardi (4 marzo 2021) e la successiva lettera del papa alla comunità (12 marzo), la protesta di Bianchi e la risposta di p. Cencini (6 e 16 marzo 2021), il dibattito esce dalle pagine dei media nazionali (eccetto Domani) e continua su siti e riviste di nicchia.
Cellole: un altro cammino
La dislocazione a Cellole di quattro fratelli risponde all’opportunità di sollevare la comunità delle voci più critiche per permettere loro di sperimentare una vita comune fuori di Bose. È la presa d’atto di strade che divergono e, allo stesso tempo, un aiuto perché Bose possa continuare senza troppe tensioni interne e Cellole abbia la libertà di fare il proprio cammino in autonomia.
Non particolarmente chiara, per ora, la configurazione che Cellole potrà darsi. Nel momento in cui si depositeranno le tensioni personali si potrà intuire se la scelta va nel senso di un ritorno all’origine o piuttosto verso una dislocazione più marcatamente esterna all’Ordo monasticum (perseguito a Bose). Non sembrano rilevanti la distinzione delle generazioni dei monaci, né viabile l’indirizzo di abbandonare l’appartenenza cattolica.
Molto dipenderà anche dal fatto se Bianchi li raggiungerà o se, come pare, prenderà a tempi brevi una dislocazione diversa, andando a vivere a Torino (dove si è stabilizzato uno dei monaci censurati, Goffredo Boselli). Cellole potrebbe diventare l’avvio di due storie diverse, come è successo molte volte nelle fondazioni ecclesiali.
Il decreto e le censure
Il decreto del 13 maggio 2020, che doveva rimanere segreto, è stato reso pubblico il 7 maggio di quest’anno. Si suppone per volontà dello stesso Bianchi. La supposizione è ancora più fondata per quanto riguarda la lettera personale a lui indirizzata dal papa (con data 9 febbraio 2021). Ma, ad una lettura esterna, né il primo testo né il secondo suonano a suo favore. Il primo per la severità dei giudizi, mentre il secondo mostra la straordinaria vicinanza affettiva del papa più che un ripensamento sulla decisione presa e sulle sue ragioni.
Il testo del decreto, che interessa oltre a Bianchi, Goffredo Boselli, Lino Breda e sr. Antonella Casiraghi, tutti invitati a uscire da Bose, ha dei passaggi particolarmente duri nei confronti di Enzo Bianchi: «Fondatore della comunità monastica di Bose, dopo le dimissioni spontanee dalla carica di priore ha mostrato di non aver rinunciato effettivamente al governo, interferendo in diversi modi, continuamente e gravemente sulla conduzione della medesima comunità e determinando una grave divisione nella vita fraterna. Si è posto al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da essa richieste, esercitando la propria autorità morale in modo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità provocando lo scandalo».
Per chi conosce il linguaggio ecclesiale e non solo quello giuridico si aprono squarci inquietanti. Soprattutto per quello a cui si allude, nello sforzo, da un lato, di motivare le ragioni delle censure e, dall’altro, di salvare il più possibile le persone e il loro futuro. L’uso insistente del termine «grave» e «gravità» è un segnale di allarme. E se le interferenze nel governo possono apparire non insormontabili a un lettore esterno, quando si parla di relativizzazione della regola, si indica uno stile di vita espressamente altro rispetto a quello che la comunità si è dato.
L’esercizio «improprio, irrispettoso e sconveniente» della propria autorità e autorevolezza non lascia molti spazi interpretativi in ordini ad abusi di autorità che possono ferire in profondità le vite dei consacrati e delle consacrate. La collaborazione richiesta a don Enrico Parolari e Anna Deodato, ambedue molto addentro nella cura dei casi di abuso, non può essere occasionale. A questo si aggiunge l’inquietante nota relativamente a G. Boselli a cui il decreto impone: «non potrà risiedere nello stesso domicilio di fr. Enzo Bianchi e dovrà interrompere i contatti con lui».
Il misconoscimento delle esigenze evangeliche è particolarmente appuntito per un monaco che ha fatto del Vangelo l’orizzonte definito della sua vita. Va tenuto conto che i rilievi fatti sono addebitabili come immediata e diretta responsabilità al segretario di Stato, card. Pietro Parolin, e al papa, ma che in realtà provengono dalle testimonianze personali e firmate dei monaci e delle monache della comunità.
La seconda generazione
Un monaco di grande prestigio ed ecclesialmente vicino a Bose ci scriveva l’8 marzo scorso: « Posso dire due cose. La prima è questa. Se un superiore dà le dimissioni dopo aver occupato a lungo quel posto è assolutamente necessario che abbandoni la comunità per un tempo relativamente lungo per lasciare campo libero al suo successore. Se resta sul posto, il successore non sarà libero nei suoi movimenti e potrebbero nascere conflitti…
La seconda cosa è che tutti noi conosciamo dei moti interiori che non vengono dallo Spirito. Essi sono controllati dai normali strumenti della vita monastica. Ma possono venire “liberati” se non si fa attenzione. Sono stato spesso a Bose e ho fatto dei corsi ai giovani negli anni ’80 e ’90. Non mi sembra dubbio che fr. Bianchi abbia un ego estremamente forte, ma sufficientemente controllato per conservare l’unità della comunità. Ho l’impressione che, non essendo più contenuto dalla sua funzione, egli abbia lasciato debordare il suo ego arrivando a frustrazioni che ora constatiamo. E quando il male è esploso come arrestarlo?
È all’inizio che bisognava agire, ma questo non lo si è avvertito. Penso che una nuova comunità è veramente fondata dalla seconda generazione, dopo la scomparsa o il ritiro del fondatore. Si riconosce allora meglio il destino legato al progetto di Dio, rispetto a quanto appariva nel periodo di fondazione».
La lettera personale del papa è carica di affetto e vicinanza e potrebbe legittimare la percezione di una diversa sensibilità con gli estensori del provvedimento e con lo sforzo del delegato apostolico. Papa Francesco si dichiara «compagno di vecchiaia, con gli acciacchi dell’età». Dice di conoscere le incomprensioni e le ferite, ma aggiunge: «So che tu hai fatto e farai tanto bene alla Chiesa (anche a me personalmente)».
«Ma la cosa più importante che so, e che è più essenziale, quello che come fratello devo dirti, è che tu sei in croce. E quando si è in croce non valgono le spiegazioni, soltanto ci sono il buio, la preghiera angosciante». «Quando si è in croce quelli che non ci vogliono bene sono contenti, tanti amici fuggono e spariscono, rimangono soltanto tre o quattro amici più fedeli, che non possono fare nulla per salvarci. Rimane solo l’obbedienza, come Gesù». «Ti sono vicino con amore di fratello, di “figlio spirituale” e di padre nella fede. Caro fratel Enzo, non scendere dalla croce. Sarà il Signore a risanare la situazione».
Francesco: fra simpatia e governo
In realtà il papa vive, con molti che si considerano vicini a Bianchi e a Bose, un doppio registro. Da un lato, la simpatia e la cordiale vicinanza a quanto è stato costruito e testimoniato in questi decenni e, dall’altro, la sorprendente gravità delle ferite interne e dei comportamenti.
Non c’è alcuna smentita delle disposizioni prodotte e non c’è alcuna volontà di ingabbiare o censurare Bose (come mostra le lettera inviata ai monaci il 12 marzo). È una sorta di anticipo affettivo di una soluzione auspicata e attesa.
Oltre alla sensazione sgradevole di chi pubblica, a dispetto di ogni riservatezza, una lettera personale del papa in un momento di acuto conflitto, vi sono accenni indiretti e sgarbati nei testi dello stesso Bianchi. Scrivendo sull’obbedienza nel numero di marzo di Jesus ricorda ai pastori «Guai a chi presiede e pensa che l’obbedienza gli sia dovuta; guai a chi presiede e instaura una relazione di asservimento nei confronti dei fratelli e delle sorelle a lui affidati; guai a chi comanda ma senza ascoltare… guai a chi presiede minacciando sanzioni, o aumentando leggi e osservanze».
Dimenticando quando lui scriveva su L’Osservatore romano (28 gennaio 2017): «Credo che un fondatore debba mostrare con un atto di distacco che la comunità non gli appartiene, perché essa resta comunità del Signore».
E un monaco come Guido Dotti, in tempi non sospetti (febbraio 2017), così presentava l’obbedienza alle monache: «La regola di Bose acquista così una maggiore ricchezza perché una persona, e ancora più un monaco, compie tanti gesti di libertà quanti sono i suoi gesti di obbedienza. Ogni volta che si obbedisce, si decide liberamente di obbedire… Se l’obbedienza si vive come una volontà di fare la volontà del Padre, ogni volta che si accetta di obbedire, lo si fa liberamente, senza sentirsi schiavi» (Vita consacrata, n. 2, 2021, p. 143).
E se la smettessimo di ergerci a difensori dell’uno o dell’altro e provassimo a “perdere del tempo” a pregare per gli uni e per l’altro affinché sia lo Spirito Santo a suscitare sentimenti e desideri che aiutino la verità e finisca la crescita della zizzania che soffoca il buon grano? Forse farebbe del bene a tutti…
Ognuno è libero di avere la propria opinione di fronte ai fatti e ai comunicati, ma non di manomettere la realtà degli eventi con la precisa intenzione di divulgare immagini distorte sia dei fatti sia delle persone. E proprio gli ultimi due commenti del 26 maggio a mio avviso fanno parte di quelle veline intenzionali che nascono da quel gruppo di difesa; in quelle righe si insinua proprio il contrario di quello che è stato appena scritto da queste firme al femminile, alla faccia della deontologia che viene invocata. Continua purtroppo questa vicenda infinita di sprezzante volontà di ergersi sopra ogni parte, un decreto troppo morbido e non seguito con il rigore necessario per fermare chi bellamente se ne infischia e fra vittimismo e fastidiose insinuazioni gira nel web, su riviste e quotidiani con un credito che non si capisce perchè.
Un articolo pieno di risentimento solo perchè l’autore non sa più dove battere per ingraziarsi le cariche romane. Nel voler sconfessare chi scrive oggettivamente sulla storia di Bose, ha confermato bellamente quello che ha detto il blog silerenonpossum.it
Chiaramente dietro a questo soggetto c’è Cencini che gli dice cosa scrivere. Palesemente non hanno più il coraggio di fare comunicati visto che al primo è seguita una querela e al secondo la pubblicazione di numerosi documenti. Tutti hanno confermato come questi dicono fesserie. Vedo però dai commenti che la gente non è sprovveduta. Capisce bene. Emblematico anche che chi scrive appartiene ad un ordine che sta piangendo miseria.
Scrivi LORENZO PREZZI leggi AMEDEO CENCINI
Questo articolo è con tutta evidenza una velina di Cencini di cui Prezzi si è pubblicamente dichiarato amico. Come può Prezzi essere così informato della situazione dei monaci di Bose a Cellole?
Papa Francesco è solidale con Enzo Bianchi altrimenti non gli avrebbe scritto una lettera così personale che è con tutta evidenza di suo pugno. Ma, a quanto pare, anche il Papa non può far nulla contro un decreto della Segreteria di Stato, questa è la verità! Prezzi scrive di “casi di abuso” ma nel Decreto della Segreteria di Stato non si parla mai di “abuso” e tanto meno di “abuso di potere”, espressioni che in un decreto di quel livello, se fossero stati effettivamente commessi abusi, doveva esserci necessariamente. Prezzi potrebbe essere denunciato per diffamazione. Inoltre Prezzi scrive che i documenti sono stati resi pubblici “si suppone per volontà dello stesso Bianchi”: ma Prezzi non osserva la deontologia giornalistica che deve avere le prove di quello che scrive. Questo è il livello del giornalismo cattolico. Questo è lo stile fraterno dei religiosi italiani. A che punto basso siete scesi cari Dehoniani!!!
Il Papa, questo Papa, è il capo assoluto della Chiesa.
Ha licenziato su due piedi cardinali, generali ecc.
Se ha approvato il decreto nessuno lo ha costretto.
Poi si sarà pentito ma non ha avuto il coraggio di tornare sui suoi passi e così ha scritto la famosa lettera.
Allo stesso modo il giovedì santo è andato da Becciu a dire messa.
È fatto così.
Ma il Papa è il capo terreno della Chiesa o no?
Se pensa che Fr. Bianchi sia innocente perché gli ha imposto di lasciare Bose?
Perché lo ha punito se addirittura lo paragona a Cristo?
Neanche io comprendo il senso cristiano dell’articolo del presbitero Lorenzo Prezzi, che già nel titolo ( Bose-Bianchi: lo Spirito e il maligno”) appare insinuante. Trovo che l’articolo non inviti affatto ad una pacata e veritiera discussione fra “fratelli”, ma alimenti soltanto cattiverie e divisioni. Sono “tempi cattivi” ( come dice Paolo) ed i cristiani per essere credibili dovrebbero in concreto innanzitutto fra loro dimostrare quella fraternità, che predicano nei confronti degli altri. Proprio domenica è stata la festa dello Spirito Santo, che è Dio in libertà: libertà , che è unità nella diversità e rispetto delle differenze. In quest’ottica ritengo invece del tutto gratuito l’articolo de quo, che lancia fendenti verso un uomo, ora debole e vulnerabile, come Enzo Bianchi, nei cui confronti, come ricorda lo stesso Papa Francesco nella sua lettera ( “tu hai fatto e farai tanto bene alla Chiesa, anche a me personalmente”) va espressa solo gratitudine. I cristiani, se sono autentici discepoli di Gesù, ricordino sempre l’ammonimento dell’Apostolo in Gal.5,14-15: ” Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri”. Roberto Savino
Pure io non riesco a capire il punto di vista di Lorenzo Prezzi, e vi vedo tanta inutile cattiveria. Per farmi un’idea ho letto la lettera del Papa a Enzo Bianchi e il Decreto della Segreteria di Stato resi noti da Silerenonpossum , ma nella lettera vedo tanto affetto da parte del Papa a fr. Enzo “ti sono vicino con amore di fratello” e poi si definisce perfino “figlio spirituale” di Bianchi cosa che non è proprio quello che si dice a una persona riprovevole come la fa passare Prezzi. Riferendosi a quello che è successo a Bose il Papa ne parla semplicemente come “incomprensioni e ferite” nulla di così grave sembra. Poi aggiunge: “So che tu hai fatto e farai tanto bene alla Chiesa (anche a me)” ciò che propriamente non si dice a qualcuno che si vuole condannare e punire. Ricordiamo infatti che Bianchi non ha ricevuto sanzioni o condanne dal Vaticano ma è stato semplicemente allontanato da Bose. Infatti scrive articoli, predica, tiene conferenze anche invitato da vescovi. Le accuse poi contenute nel Decreto sono molto generiche. “Ponendosi al di sopra delle esigenze del Vangelo”: e quale credente non è infedele al Vangelo?
Se Enzo Bianchi era una persona così pericolosa per il bene della comunità da essere allontanata, perché da un anno a questa parte se ne sono andati da Bose una ventina tra monaci e monache? Perché quattro monaci sono stati costretti all’esilio a Cellole? Come ha documentato Riccardo Larini, due anni fa a Bose erano in più di sessanta ora sono ridotti a quaranta. Da più parti si fa presente il clima autoritario che ha instaurato il priore Manicardi. Il monaco Guido Dotti è accusato di aver falsificato lo Statuto e vi è la denuncia alla Procura della Repubblica. La domanda è: Il Papa è stato ingannato ed ora ha le mani legate e non può far altro che sostenere pubblicamente p. Amedeo Cencini e poi in privato dire tutta la sua vicinanza a Enzo Bianchi? Ma in Vaticano cosa sta succedendo?
Non credo proprio che un gesuita come papa Francesco si lasci menare per il naso e venga ingannato da una combriccola di “signori nessuno” tipo Cencini e Manicardi .
E infatti nella lettera ad Enzo Bianchi non revoca le disposizioni e non sconfessa nessuno:dice solo a Bianchi di portare la propria croce come tutti ( e magari con meno esternazioni e vittimismo)
Cioé? Le parole belle che il papa dice a Bianchi sarebbero le parole prive di sincerità di un papa ruffiano che nutre la vanità di Bianchi per farlo stare tranquillo???
Ma di cosa parla? il Papa ha solo detto che continuando cosi Bianchi mostra di non volere seguire la via di Cristo e di non volere abbandonarsi con fede e che per come si è comportato in tutti questi mesi non vuole seguire come Gesù (il Papa gli ha scritto “rimane solo l’obbedienza, come Gesù”) nel faccia a faccia con la volontà del Padre; certo per i “pagani” il discorso è incomprensibile. Nel fare questo il Papa ha cercato di sostenerlo un po perchè è chiaro che lui la stoffa e la fede di credere in Cristo non ce l’ha (in questo per carità dentro la chiesa è in grande compagnia), ma il papa spera o sperava che magari con un incoraggiamento, magari … ma Bianchi si è mosso proprio in direzione contraria. Lui sa (intellettualmente) che significavano queste cose, ma è stato troppo attratto dal cercare di evitare la Croce in tutti i modi che poteva… certo ha mostrato di essere anche una vecchia volpe. Fare diventare le parole del Papa occasione per dire “che cosa sta mai succendendo in Vaticano?” …mah!
Si possono dire tante cose sulle documentazioni rese pubbliche, ma tanto è inutile… ha proprio scocciato, inclusa la mossa di fare scrivere nel momento in cui sembrava che i media iniziavano ad essere contro di lui che se ne andava per obbedire al Papa, che già aveva trovato casa etc… e poi è ancora là, altri twitter, altri documenti a blogger, etc…. Tra l’altro se ne fosse andato subito con fede molto probabilmente già ora ci sarebbe stata riconciliazione. Questo l’hanno fatto tanti santi nella Chiesa, ma in effetti non è proprio il suo caso. Lui e chi l’ha sostenuto hanno preferito cercare di dimostrare che senza di lui non puo’ che cadere tutto, cosa che è equivalente a dire di essere fermamente convinti che quanto fatto non è opera di Dio. Dire senza di lui crolla tutto, è essere poppanti della fede, ma non se ne rendono proprio conto. Capisco che i fratelli e le sorelle che rimangono stanno attraversando e crescendo in un cammino di fede, questo conforta. Anche se c’e’ tanto dispiacere per Enzo Bianchi che poteva fare decisamente di meglio, che dire c’e’ sempre speranza fino alla fine, se prima cmq c’e’ anche un po’ di silenzio.
Non riesco a capire quale sia il punto di vista dell’estensione dell’articolo.Mi chiedo perché al padre Enzo Bianchi venga accusato di un abuso di potere, mentre il comportamento autoritario ed impositivo dell’attuale priore sia passato sotto silenzio, per non parlare del falso in atto pubblico perpetrato.A me sembra che le ragioni economiche siano prevalenti da parte dell’attuale dirigenza. Non mi pare che priore e delegato pontificio siano riusciti a ristabilire un clima di pace interna. Come si fa ad attribuire a quattro persone la responsabilità di una situazione ancora adesso così conflittuale?E’ un alibi?Per me Bose è stata sempre un punto di riferimento con la sua scelta di un monachesimo laico, ecumenico, per la centralità della Parola, e mi sembra che una profonda coerenza di fondo collegasse questi aspetti…prima. Spero tanto che si possa salvare un “resto”..
Scusi ma non si è resa conto che quanto è stato pubblicato in tutto questo anno passato ormai, è stato “costruito” dai difensori che si sono prestati!? I comportamenti autoritari e impositivi non sono certo stati quelli dell’attuale priore bensì quelli da parte della piccola frangia che vorrebbe mantenere la situazione precedente con tutti i vantaggi indebiti accumulati cammin monastico facendo. Che poi a Bose non siano riusciti ad arginare ben prima quel gruppo è un dato di fatto, probabilmente nessuno all’interno voleva o aveva il coraggio di affrontarli, nella sequela di una ricerca di convivenza pacifica come si conviene in un monastero.
Finalmente un chiaro articolo, con parole misurate viene illustrato quanto è stato perpetrato da lunghissimo tempo a Bose da parte di personaggi che forse una volta avevano fatto del vangelo l’orizzonte della loro vita ma poi nel tempo hanno seguito tutt’altre strade. E le righe di Lorenzo Prezzi perfettamente donano il senso sgradevole della difesa intrapresa dal signor Bianchi e i suoi più vicini diciamo amici, compresi molti personaggi non di Bose ma sparsi fino quasi ai confini artici che hanno scritto di tutto per rovesciare la realtà, e c’è anche chi ha fatto del vero e proprio sciacallaggio, saranno voci ma se ci sono mi viene da pensare e ad un qualche famoso esperto diciamo di comportamento dovrebbero fischiare le orecchie e il portafoglio! Per chi è stato vicino a Bose leggere sempre solo le difese violente che sono state pubblicate e mai vedere risposte adeguate da parte di chi viene invece colpito è stata ed è un’ardua opera di silenzio, quando invece verrebbe il desiderio di affrontare chi sta scrivendo informazioni costruite ad hoc per ribaltare completamente la storia, insinuando senza pudore una riabilitazione, pazzesco! Certamente ci vuole una buona penna, un fare comunicativo scaltro ma affascinante, per fortuna ci sono persone, nel più alto senso del termine, come Lorenzo Prezzi che sanno discernere fra le notizie, gli avvenimenti, il giusto senso della realtà.
Ma dai????? Questi, priore e in teoria gran parte della comunità, hanno dovuto scomodare il papa per dire a Bianchi vattene che non ti vogliamo??? Perché non hanno reso pubblico loro un atto interno con il quale dichiaravano di considerare Bianchi fuori dalla comunità, assumendosene in prima persona la responsabilità??? Perché non hanno distribuito gli esplulsi nelle diverse sedi??? Perché non hanno deciso una scissione??? Perché non hanno detto a Bianchi che se non andava via se ne sarebbero andati via loro, tutti, in massa????? Perché non hanno cominciato in massa uno sciopero della fame per far capire a Bianchi che doveva cambiare??? Perché si volevano tenere tutto!!! La fondazione é spirituale ma a quanto pare é soprattutto e in primis materiale. Perché cosa impediva a quelli che erano contro di lui di creare una realtà nuova e lasciarlo al suo destino??? La fatica! La maggior parte degli uomini hanno un ego smisurato e peggiorano con l’età, non é una peculiarità di Bianchi. E chi ci dice che l’ego degli altri in comunità sia meno ingombrante e che non scalpitasse per mostrarsi??? Non sarà che forse Bianchi non ha mai nascosto i suoi difetti mentre altri sí?
Articolo ampio, dettagliato, complesso, che meriterebbe un’analisi con le stesse caratteristiche. Mi permetto di richiamare un deriva soggiacente, che non saprei dire quanto sia intenzionale, o meno. E la deriva è l’atavica identificazione cattolica tra Verità e Autorità. Infatti, presupponendo che in questa situazione estrema tutti gli attori in gioco facciano del loro meglio per adeguarsi alla Verità ed alla Giustizia, ebbene a me pare che, non essendoci evidentemente una convergenza, si stia rievocando l’identificazione suddetta, che tante tragedie ha provocato lungo la storia. In altre parole l’ultima parola deve essere di obbedienza all’Autorità e non alla Coscienza.
Mi pare che il dettato conciliare di Dignitatis Humanae e la Teologia ad essa legata non siano ancora un fatto acquisito per la coscienza ecclesiale: “L’uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso. Infatti l’esercizio della religione, per sua stessa natura, consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l’essere umano si dirige immediatamente verso Dio: e tali atti da un’autorità meramente umana non possono essere né comandati, né proibiti (4).” D. H.”