«Secondo la voce della mia coscienza sono… andato oltre il monachesimo, nonché oltre la chiesa (qualsiasi chiesa, non solo quella cattolica in cui sono stato battezzato), non perché creda si possa essere cristiani da soli, non per essere contro la chiesa o le chiese, ma per trovare idealmente quello spazio spirituale e umano dell’esperienza cristiana che precede la codificazione scritta della sua identità, avvenuta a partire dalla redazione del Nuovo Testamento e quindi consolidatasi con la creazione delle varie ortodossie ecclesiali».
È la presentazione che l’ex monaco di Bose, Riccardo Larini, fa di se stesso introducendo il libro Bose. La traccia del Vangelo (Tallinn – Estonia 2021).
Distanza progettuale la sua, distanza confessionale, distanza fisica e distanza temporale: infatti, ha fatto parte della comunità dal 1994 al 2005, per poi mantenere occasionali contatti nel quindicennio successivo.
E tuttavia i suoi interventi sono stati numerosi, schierati e non privi di argomentazioni nel momento del conflitto comunitario, esploso con il decreto papale del 21 maggio 2020, frutto di una visita apostolica (30 novembre 2019 – 6 gennaio 2020) ad opera di Guillermo Leon Arboleda Tamayo (benedettino), Anne-Emmanuelle Devêche (trappista) e Amedeo Cencini (canossiano).
Nel decreto, reso pubblico dopo mesi dal sito Silere non possum, si comminano censure verso il fondatore, fr. Enzo Bianchi, Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi (usciti dalla comunità in modalità diverse). La vicenda è stata seguita da Settimananews in una ventina di articoli.
Il testo di Larini propone una ricostruzione storica dell’intera vicenda di Bose.
Dalle sue radici in alcuni ambienti monastici, teologie e prassi ecumeniche già attive agli inizi del ’900 fino al concilio Vaticano II, dal primo gruppo di via Piave (Torino) all’avvio nella Serra di Ivrea all’esperienza di Bose, dalla solitaria presenza di Enzo Bianchi (1965) alle prime professioni monastiche (1971), dai confronti con le altre fondazioni alla progressiva stesura di testi di riferimento (la Regola è del 1971), fino alla crescita esponenziale di fratelli e sorelle a partire dagli anni ’80 in poi.
I caratteri fondamentali di quella che sarà uno dei riferimenti importanti del post-concilio in Italia (e non solo) sono coerentemente sviluppati: centralità del Vangelo e vita comune, condizione laicale e apertura ecumenica, compresenza di fratelli e sorelle e larga accoglienza di ospiti, soprattutto giovani. Tanto da poter parlare di una “generazione Bose”.
Il bello e il gusto
Più che la ricerca specificamente monastica (come il rimando alle esperienze orientali di Basilio e Pacomio piuttosto che alla tradizione occidentale benedettina, con la relativizzazione dei voti rispetto alla scelta celibataria e cenobitica), la parte più suggestiva del testo è la ricostruzione del clima complessivo (la combinazione del “bello” della liturgia e della chiesa con l’ascolto della Parola e della musica, e il gusto della fraternità e della coltivazione agricola) e lo spazio dato alla manualità.
Annotazioni precise riguardano l’intensa attività editoriale (Qiqajon) con quasi 2000 titoli, la creatività artistica e artigianale, la coltivazione della terra e dell’orto.
Più noto e pubblico il servizio di predicazione e animazione delle diocesi, il confronto culturale e, soprattutto, lo straordinario apporto all’ecumenismo e al dialogo fra le chiese cristiane.
Più discutibili, quasi un’altra storia, i capitoli dedicati alla recente vicenda bosiana che, sostanzialmente, ripetono quanto l’autore ha già scritto e detto in vari articoli e interviste.
Prendo a riferimento alcune figure. Anzitutto i visitatori. Esalta le competenze del monaco Van Paris, uno dei visitatori nella precedente visita del 2014 e non presente in quella più recente, l’unico «ad avere competenze ecumeniche, vitali per capire la realtà di Bose», dimenticando le critiche e la distanza nei suoi confronti di Bianchi, espresse più volte in comunità e percepite dall’interessato.
Quanto ai visitatori del 2019 sembra che né Tamayo, né Devêche abbiano avuto alcun ruolo. Non solo essi sono stati presenti assieme alla maggioranza dei colloqui, ma assieme hanno firmato la relazione, poi affidata alla Segreteria di stato.
Larini si accanisce in particolare contro p. Cencini. Lo accusa senza alcuna ragione e fondamento di sviluppare terapie di conversione per gli omosessuali e di alimentare una pregiudiziale volontà di colpire i fondatori.
Nel caso di Villaregia, la comunità commissariata a p. Cencini dal Vaticano e che ha visto espellere i fondatori, vale la pena ricordare che a loro carico vi erano decine di abusi sessuali.
Ancora più sorprendenti le sistematiche critiche a Luciano Manicardi, il priore che è succeduto a Bianchi, come incapace, prima di fare il formatore, poi di fare il priore. Sarebbe il responsabile dell’incupimento dell’intera comunità.
E, infine, la comunità, ridotta a una massa amorfa, pronta all’omologazione vaticana. Mentre nello statuto attualmente in discussione vengono nettamente confermate le genialità comunitarie relative alle innovazioni liturgiche ed eucologiche, alla compresenza monastica di fratelli e sorelle, al servizio all’ecumenismo e ai percorsi formativi.
Ce n’è per tutti
Non mancano le critiche presuntuose e sgarbate anche a SettimanaNews. Le riporto per intero perché i lettori si facciano un’idea personale: «A questo punto, buona parte della stampa cattolica, a partire da SettimanaNews dei dehoniani e dal quotidiano Avvenire della Conferenza episcopale italiana, rivela il proprio volto più triste e misero. Oltre a un totale servilismo nei confronti dei diktat dell’inquisitore mandato a Bose, che detta palesemente la loro linea e articoli, diverse testate cattoliche dimostrano scarsissima capacità giornalistica, non riuscendo pressoché mai a raccogliere documenti o informazioni reali e basando tutto su innuendo (sic) e palesi antipatie nei confronti della figura di Enzo Bianchi.
Così facendo, pubblicano sempre notizie molto parziali e il più delle volte false, sistematicamente smentite dai fatti. Inoltre, nessuna voce dissenziente vi trova spazio o è tollerata ed è del tutto palese che in molti sembrano non aver atteso altro per anni o addirittura per decenni che l’occasione di potersi scagliare contro Bose e in particolare contro il suo fondatore, fingendo peraltro di difendere una fantomatica “comunità” che sarebbe interamente e compattamente schierata contro quest’ultimo».
Esempio di elegante raffinatezza dialettica.
Non credo che P. Prezzi e Riccardo Larini abbiano bisogno di alcun difensore d’ufficio, convinto come sono che la loro lucida intelligenza abbia ragioni da mettere in comunicazione, al netto di reciproche note polemiche poco (o nulla) opportune e poco (e male) concludenti.
Il tema di fondo purtroppo resta quello che sin dall’inizio si evidenziò, e che ora è fin stucchevole ricordare: la PESSIMA gestione comunicativa da parte di tutti – Vaticano, Bianchi, Bose-Manicardi – di questa dolorosa vicenda. Troppo noti tutti i tre soggetti sulla scena pubblica per non essere tutti “obbligati” a parlare francamente sulla medesima scena. E invece siamo ancora qui nelle pastoie di equivoci ed “ermeneutiche”… Se non fosse doloroso, sarebbe soltanto ridicolo e desolante.
Leggendo l’articolo di Prezzi non credo ci sia molto da chiarire. L’accostamento a Villaregia era per difendere Cencini, per affermare che lui non è contro le nuove fondazioni “in linea di principio”, ma se ci sono episodi sufficientemente gravi. Nonostante tutto lo zelo degli amici di Bianchi-e fermo restando che l’intervento vaticano è stato un esempio di non-trasparenza e crudeltà, incapacità a gestire la realtà mass mediatica, è difficile credere che uno sia stato esiliato ottantenne dal proprio monastero per futili motivi. Nel decreto pontificio che ormai tutti possono leggere, riportato in silerenonpossumus, vi sono affermazioni pesanti nei confronti di Bianchi. E chi è esperto di cose ecclesiastiche sa che non di rado le vere ragioni dei provvedimenti- tipico esempio dell’inadeguatezza delle attuali norme ecclesiastiche- con lo scopo di difendere la buona fama dell’accusato, non vengono quasi mai scritte nei decreti pubblicati, ma sono annotate a parte nell’archivio segreto-della curia o del Vaticano, coperti da segreto.
Ma siamo buoni e volendo credere alla buona fede di tutti ammettiamo pure che il motivo di tutto è stato qualche bisticcio tra monaci, o forse anche meno, semplicemente qualcuno è sceso in cucina a farsi un panino in piena notte senza il permesso del priore ;-))
L’errore di questo articolo semmai, è stato da fungere da cassa di risonanza per le opinioni e il libro di Larini, che, se pure può dirci qualcosa di interessante e di prima mano riguardo alla comunità, per il suo coinvolgimento emotivo in quanto ex-monaco è forse una persona non proprio indicata per fornire una valutazione equilibrata dei fatti.
Larini scrive sulla stampa cattolica: “Nessuna voce dissenziente vi trova spazio o è tollerata”.
Affermazioni clamorosamente smentite dai commenti approvati in calce a questo articolo
E non riesco facilmente a capire come le “pesanti azioni legali” minacciate da Larini nella sua risposta, per qualche parola un pò equivoca di Prezzi, possano facilmente conciliarsi con la sua dichiarazione di amore universale per tutte chiese dalla sua posizione di “cristiano alternativo”
coraggio Enzo, monaci presenti e passati di Bose, Vaticano, amici della comunità, giornalisti, delegati pontifici. Ognuno faccia il suo piccolo passo indietro, per amore dell’unità e non darla vinta al diavolo. La preghiera di tante persone è con tutti voi
Attendo le risposte che già commentatori hanno chiesto nei giorni precedenti ed invito chi non ha mai frequentato Bose, la sua storia i quattro allontanati a lasciar perdere con “giudizi” scaturiti da sensazioni. Veramente inaccettabile l’accostamento a Villaregia. SE a Bose ci fosse stato anche il minimo appiglio, sarebbe stato colto al volo pe un affossamento definitivo. Penso che gli stessi denigratori che hanno ordito questa trama non si aspettassero una reazione così forte da chi ha conosciuto la Comunità nei suoi anni passati , quando si respirava aria serena. Mi dicono, persone affidabili, che ora non è più cosi. Vicenda veramente triste e a-vangelica
Anna Maria Catarsi grazie per la nitidezza e precisione del suo commento .
A questo punto bisogna dire che non solo la vicenda ma anche la gestione a mezzo organi di comunicazione a-evangelica ad personam verso i cosi detti allontanati è a-evangelica .
Mons Prezzi è pregato di dare risposta al punto seguente : Su un punto, invece, devo esprimere una preoccupazione estrema, invitando l’autore della recensione a un doverosissimo chiarimento. Nella sua accorata difesa del delegato pontificio egli afferma: «Nel caso di Villaregia, la comunità commissariata a p. Cencini dal Vaticano e che ha visto espellere i fondatori, vale la pena ricordare che a loro carico vi erano decine di abusi sessuali». Così facendo, egli dà luogo, come hanno fatto in troppi, a un pericolosissimo e fuorviante innuendo: sta forse dicendo che il fondatore di Bose e gli altri tre “allontanati” si sono resi colpevoli di abusi di natura sessuale? Se così fosse, credo ci sarebbe ampio materiale per pesanti azioni legali nei confronti di chi butta lì, tra una riga e l’altra, calunnie pesantissime di cui, a oggi, né la magistratura ha ricevuto alcuna notifica, né è emerso in alcuna sede alcun elemento, probatorio o di altro genere. Il Decreto singolare, infatti, lo ricordo, non cita nella maniera più assoluta fatti di tal sorta, e le lettere inviate da papa Francesco confermano a Enzo Bianchi (che ne faceva esplicita richiesta) la totale assenza di accuse relative a reati civili, penali o colpe gravi contro la morale cristiana sia suoi sia dei suoi confratelli e delle sue consorelle.”
https://riprenderealtrimenti.wordpress.com/2021/09/23/vero-dialogo-e-qualita-del-confronto/
Non può non chiarire .
Con riferimento al nuovo articolo del presbitero Lorenzo Prezzi sulla vicenda di Bose, devo purtroppo constatare che esso, lungi dal favorire una pacata e rispettosa discussione fra “fratelli”, mira ancora una volta a creare divisioni fra i cristiani e ad a tentare invano di gettare disdoro sui tre fratelli ed una sorella destinatari del provvedimento di loro “espulsione” dalla Comunità ( in proposito è veramente offensivo l’accostamento alla vicenda di Villaregia con le insinuazioni sulle relative questioni di abusi sessuali ). Contrariamente alla stroncatura fatta nell’articolo del libro di Riccardo Larini (corredata da gratuiti giudizi sulla persona dell’Autore, tipici di chi vuole sottrarsi ad una discussione sul merito), ho letto il bel libro de quo e ne ho apprezzato soprattutto lo spirito dialogico e costruttore di pace, che lo anima.
Credo che tutti coloro, i quali amano la Comunità di Bose e sono grati al suo fondatore ed a tutti i fratelli e sorelle, che la compongono, per gli incommensurabili doni ricevuti, debbano con lo stesso spirito prendere la parola, dopo oltre un anno di sofferenza e di spes contra spem, per invocare ancora lo Spirito Santo (che è Dio in libertà, foriera di unità nella diversità), affinché conduca tutti alla pace, alla comunione sinodale ed alla riconciliazione.
In quest’ottica mi permetto di esprimere alcune mie considerazioni con umiltà, rispetto e parresìa.
1. Ritengo che il provvedimento adottato dalla Santa Sede nei confronti dei quattro “esiliati”, da un canto, sia disumano ed in contrasto con il valore evangelico dell’amore, il quale, come dice Paolo, è il “compimento della legge” (Rm. 13,10) e “pienezza” della legge (Gal. 5,14).
Dall’altro, sia lesivo sotto plurimi profili dei seguenti princìpi costituzionali:
a. della garanzia dei diritti fondamentali delle persone (art.2 Cost.), che la Repubblica “riconosce” (in quanto preesistenti) e di solidarietà;
b. dell’uguaglianza (art. 3 Cost.), di cui il diritto di difesa ed il diritto di azione (art.24 Cost.) rappresentano la proiezione sul piano processuale: tutti hanno il diritto di conoscere ciò, di cui si viene accusati con le relative fonti probatorie, di poter contraddire (il principio dell’audiatur et altera pars è la base di ogni convivenza) e di poter ricorrere ad un giudice terzo ed imparziale (art.101 Cost.);
c. dell’inviolabilità della libertà personale (art.13 Cost.) e della libertà di circolazione.
Tali princìpi, al pari fra gli altri di quello di laicità e di quello di ragionevolezza delle leggi (che è un corollario del principio di uguaglianza), costituiscono i princìpi supremi del nostro ordinamento costituzionale, i quali, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza della Corte costituzionale, non possono essere modificati nel loro contenuto essenziale o sovvertiti (art.139 Cost.), al pari della forma repubblicana, neppure da leggi costituzionali o di revisione costituzionale. Essi rappresentano il fondamento del patto di convivenza stabilito dalla Costituzione, del pactum societatis, ed una volta inseriti nella Costituzione, nessuno può cassarli.
Dall’altro ancora, sia in contrasto con il diritto naturale (che è stato positivizzato dalla Costituzione).
Scrisse Bonhoeffer a proposito del diritto naturale (Etica, ed. Queriniana,1995, pagg. 152 e segg.): “a un pensiero idealistico potrà suonare singolare che in un’etica cristiana si parli prima dei diritti e solo dopo dei doveri. Noi però non seguiamo Kant, ma appunto la sacra Scrittura; e proprio per questo dobbiamo parlare prima dei diritti della vita naturale, cioè di quanto è dato alla vita, e solo dopo di ciò che le viene richiesto. Dio dà prima di ricevere. Nei diritti della vita naturale non onoriamo, infatti, la creatura, ma il creatore e riconosciamo la ricchezza dei suoi doni. Non esistono diritti di fronte a Dio, però il naturale semplicemente dato si trasforma in diritti di fronte all’uomo. I diritti della vita naturale sono il riflesso della gloria del Dio creatore in mezzo al mondo caduto. Essi non sono in primo luogo quanto l’uomo può reclamare nel proprio interesse, bensì ciò in favore del quale Dio stesso si schiera”.
2. Reputo che sia perennemente valido quanto previsto dalla Regola di Bose (inserita nel libro come documentazione), secondo cui “l’Evangelo sarà la regola, assoluta e suprema”.
Infatti la Santa Scrittura è la norma normans non normata, di fronte alla quale tutto il resto è secondario.
Perfino il cristianesimo primitivo, quando spirava la corrente calda (per usare un’espressione cara a Don Italo Mancini, un gigante dell’intelligentia fidei, purtroppo dimenticato dai più nell’attuale stagione ecclesiale) della fede in Cristo, ha conosciuto improvvidi conflitti e divisioni, di fronte ai quali l’Apostolo ha prospettato come rimedio solo la medicina di Cristo e della sua misericordia infinita, esortando i fratelli e sorelle di Corinto “alla perfetta unione” in Cristo (1 Cor.1,10-31).
Nel passato la Comunità di Bose ha vissuto all’inizio momenti conflittuali e dolorosi. Questi ultimi furono risolti solo alla luce del Vangelo e grazie alla sapienza biblica, alla mitezza, alla bontà, alla forza dialogica di un uomo di Dio e di un Padre della Chiesa, come il Cardinal Pellegrino, che tanti rimpiangono, il quale con lungimiranza garantì di fronte a tutto l’universo cristiano la purezza evangelica della Comunità di Bose e la cristallina fede in Cristo del suo profetico fondatore, che restano a tutt’oggi intatte.
Mi auguro che il libro di Larini aiuti nel dialogo a preservare il tesoro di Bose, che è una ricchezza per tutti i cristiani e i pensanti, e sia un seme fecondo per la riconciliazione e l’unità in Cristo, invocando la misericordia del Signore per tutti.
Roberto Savino
Grazie a un qualsiasi motore di ricerca, non è difficile verificare se le affermazioni di Larini relativamente alla figura di padre Cencini siano davvero “senza alcuna ragione e fondamento”.
I contenuti dell’attività di formatore di padre Cencini riguardo al tema dell’omosessualità sono sintetizzati in due suoi articoli, reperibili ai seguenti link:
http://www.isfo.it/files/File/2009/Cencini091.pdf
http://www.isfo.it/files/File/2009/Cencini092.pdf
mentre, per quanto riguarda il suo pensiero sulle “nuove forme di vita consacrata” e in particolare sul “complesso del fondatore”, ci si può riferire al suo articolo
http://www.usminazionale.net/wp-content/uploads/2020/11/Cencini-06-2016.pdf
Non c’è miglior commento all’articolo di Prezzi della risposta che ne da lo stesso RICCARDO LARINI sul suo blog.
https://riprenderealtrimenti.wordpress.com/2021/09/23/vero-dialogo-e-qualita-del-confronto/
Silvia Camaiori condivido integralmente . Auspico che il mio precedente messaggio che richiede chiarimenti in ordine a quanto evidenziato sa Riccardo Larini ed in attesa di approvazione dalle 13 odierne non venga censurato .
Continuo a non capire, ma forse perchè non ho mai frequentato Bose Che all’apparenza fosse molto, anche troppo , centrata sulla figura del Priore Bianchi, questo è indubbio. Il suo predicare rappresentava il pensiero di tutta la comunità, o la sua persona e il suo pensiero inglobava tutto e tutti?
Se l’intervento del Vaticano è stato così pesante, qualcosa di più nei comportamenti o nelle azioni, da parte del gruppo esautorato ci deve essere stato. Anche se, in passato non è stato infrequente una censura verso persone, religiosi o comunità, che poi decenni dopo sono stati rivalutati per il loro spirito profetico e anticipatore. Per questo vengono i sospetti che queste “persecuzioni” forse siano dovute al fatto che si siano verificati situazioni al limite dell’illegalità, e che si sia optato per questa scelta, per quanto dolorosa, per evitare di essere travolti da scandali maggiori… che so, giudiziari). In tal caso posso capire perché il Vaticano non voglia lavare i panni sporchi in piazza, entrando nei dettagli, ma la Comunità o chi comunque si esprime da parte loro, di fatto non fornisce risposte adeguate ai dubbi, e tutto rimane a livello di chiacchiericcio pettegolo. Lascio la Comunità di Bose a decantare, con l’attuale priore, non so se più o meno adeguato, o più o meno leader, rispetto al precedente. sicuramente per il Priore attuale qualunque scelta è difficile, ed è sempre percepita in un confronto con il prima, anche laddove confronto non vorrebbe esserci. Se i capiterà di passare d quelle parti, mi fermerò comunque volentieri, perché credo che negli anni passati abbiano lanciato buoni stiamoli. Il tempo è giudice, ciò che c’era di buono rimane.
Grazie
trovo il commento di Silvana Siggillino misurato e aperto alla comunità, come deve essere e doveva sempre essere e non centrata sulla figura del personaggio. Mi prendo il tempo di leggere il libro appena uscito sebbene appaia scritto sostanzialmente su commissione, cosa che non aiuta ad essere particolarmente attratto a sentire le odi e le difese del fondatore e della cerchia molto a lui vicina tanto da essere allontanata anch’essa. Spero si legga non “la sua verità”, dettata da qualche migliaio di kilometri di distanza e passata come di prima mano, ma qualcosa di più concreto. Ho già commentato più volte qui sulla vicenda, non mancherò di esprimermi ancora.