Faccio parte di quella che lo storico del cristianesimo Massimo Faggioli ha opportunamente denominato “generazione Bose”.
Ho conosciuto la comunità biellese alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, nel momento in cui, dopo l’adolescenza, devi decidere sul che fare della tua vita e sei anche indotto dalla circostanze sociali e dagli eventi storici a rimotivare la tua fede cristiana.
La comunità fondata da Enzo Bianchi mi è, dunque, familiare da oltre mezzo secolo. Ai miei occhi, è stata e rimane un punto di riferimento fondamentale per il cammino di fede mio e della mia famiglia, un esempio prezioso di concreto servizio reso alla cristianità per la ricerca dell’unità voluta dal Signore Gesù, un’esperienza di Chiesa che avverte l’esigenza di riformarsi continuamente per essere sempre più fedele all’Evangelo, un modo rispettoso di rapportarsi con uomini e donne di orientamenti culturali diversi ma accomunati dall’impegno ad abitare il mondo nella giustizia e nella solidarietà.
Perché – come ci ricorda papa Francesco nell’Evangelii gaudium – una fede autentica non è mai comoda e individualista, ed implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra.
Quello che Bose mi ha insegnato è un cristianesimo umile e profetico, libero e coraggioso, mai fazioso o integralista, mai dogmatico o manicheo, partecipe – come si legge nell’incipit della Gaudium et spes – delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini e delle donne di oggi, in particolare dei poveri e delle persone violate nella loro dignità.
«Poveri cristiani che tentano di vivere il Vangelo»: così amano definirsi i monaci e le monache di Bose, e così amiamo definirci anche noi che alla loro comunità ci sentiamo uniti dall’amicizia, dalla stima e dal desiderio di camminare insieme alla sequela di Gesù.
Della fede cristiana testimoniata al monastero di Bose ho sempre apprezzato la centralità della sacra Scrittura e l’arte dell’ascolto della Parola di Dio in essa attestata, l’essenzialità della vocazione battesimale, la capacità di intercettare le sfide che la società secolarizzata pone ai cristiani, l’essere una comunità fatta di uomini e donne appartenenti a confessioni cristiane diverse, la dimensione non clericale del vivere insieme, la bellezza della liturgia che si manifesta anche nell’ utilizzo di un linguaggio rispettoso di un’assemblea fatta di uomini e donne, di fratelli e sorelle.
Concordo con quanto detto in questi giorni dal teologo Riccardo Larini che ha fatto parte della comunità di Bose per undici anni: «Bose è un esempio straordinario di come lo studio, la conoscenza, la profondità e l’ardire del pensiero siano compatibili con la fede cristiana, e anzi la rafforzino».
Ciò che è successo a Bose nelle ultime settimane mi inquieta e mi sconcerta.
Leggo e rileggo i due “comunicati” del maggio 2020 inseriti nel sito web della comunità. Rileggo la “lettera agli amici dell’Avvento 2014” (accoglimento gioioso della Charta visitationis redatta e firmata dai visitatori canonici esterni alla comunità), la “lettera agli amici” dell’Avvento 2018 («siamo una piccola comunità… che non è esente dalle fatiche e dalle sofferenze che oggi la Chiesa vive nel mondo e che gli uomini e le donne conoscono nel duro mestiere di vivere»), nonché la lettera in data 11 novembre 2018 inviata da papa Francesco ad Enzo Bianchi in occasione del 50° anniversario della comunità monastica di Bose («la vostra Comunità si è distinta nell’impegno per preparare la via dell’unità delle Chiese cristiane, diventando luogo di preghiera, di incontro e di dialogo tra cristiani, in vista della comunione di fede e di amore per la quale Gesù ha pregato»).
E continuo a non capire perché sia stato necessario giungere alla drastica decisione di allontanare temporaneamente da Bose Enzo Bianchi, Lino Breda, Goffredo Boselli e Antonella Casiraghi, “colonne portanti” di un’esperienza di vita cristiana profeticamente significativa non solo per la Chiesa italiana.
Non riesco a credere che all’origine di un passo così grave ci siano solo questioni concernenti «l’esercizio dell’autorità del Fondatore», «la gestione del governo» ovvero ancora «il clima fraterno».
Ho la sensazione che ci siano altre ragioni al momento non chiarite. Penso allora che sia necessario disperdere la nebbia del non detto che offusca oggi la comunità. Poter guardare in faccia i problemi è sempre meglio che lasciar circolare ipotesi più o meno fantasiose che si leggono in questo periodo sia sui social che sui giornali.
Questo non per curiosità fine a se stessa, ma perché, avendo condiviso assieme a tante altre persone, pur dall’esterno, un’esperienza di Chiesa così straordinaria e unica, avverto fortemente il bisogno di capire dove ci troviamo, quali sono gli ostacoli, quali i rischi, quali le prospettive.
Mi sembra perciò che sia motivata la richiesta accorata di poter ascoltare, appena i fratelli e le sorelle del monastero di Bose lo riterranno opportuno, parole di chiarezza e di pace.
La franchezza è in questo caso una condizione necessaria per poter continuare con rinnovata amicizia e immutata stima il cammino comune.
Il nuovo Priore e la Comunità a lui fedele non si sono preoccupati dello scandalo che avrebbero creato?
Ne valeva proprio la pena?
Cosa hanno veramente guadagnato agli occhi del Signore?
E adesso invece di piangere sul latte versato non sarebbe più cristiana una ri-appacificazione tra Manicardi e Bianchi nel nome di quel Cristo nostro Signore?
Dovrei e potrei ripetere quanto già scritto sopra da Paolo Ruberto, Patrizia Forte, Victoria, Cianchi Olga, Marco capello e altri
A distanza di parecchi mesi dal decreto vaticano, non mi pare ci sia più chiarezza e più sincerità.
A me pare ( avendo subito personalmente simili eventi ) che le modalità degli interventi dei cosidetti superiori, non sempre brillano per chiarezza e appropriatezza. Sono attività….
Per come la vedo io l’errore dei monaci, penso di estrazione cattolica, di Bose è stato senza alcun dubbio appellarsi all’autorità religiosa cattolica romana, la quale a mio modesto avviso non aveva nessuna autorità su un monastero ecumenico. Come sarebbe andata se i monaci riformati o ortodossi di Bose avessero chiamato ispettori delle loro rispettive Chiese? In questa triste vicenda tutti hanno travalicato dai loro limiti: Il vaticano doveva starsene al di fuori di una realtà che in quanto ecumenica non gli compete, o comunque non compete a lui solo. INoltre da quel che ne sappiamo se l’attuale Priore si sentiva impedito nell’esercitare il suo ministero avrebbe fatto bene a rassegnare le sue dimissioni, spiegandone le ragioni, davanti ai fratelli e sorelle riuniti in Capitolo al fine di arrivare alla chiarezza sul concetto di autorità, così da arrivare alla nomina di un nuovo priore, la riconferma sua o la restaurazione del priorato de Fondatore.
E la pace scenda nel cuore di tutti, e la pace sia nel cuore di noi che a Bose abbiamo trovato casa.
Condivido pienamente il pensiero di Andrea Lebra, anch’ io nel mio.piccolo vorrei capire quello che è stato un fulmine a cielo sereno.Avevo molto cercato e trovato nella spiritualità di Bose, ora solo in po’ confusa …e delusa.
.
Qualunque motivo abbia indotto il Vaticano a decisioni così drastiche verso Enzo Bianchi ed alcuni altri fratelli della Comunità di Bose (un’Associazione di fedeli di varie confessioni cristiane sotto la giurisdizione canonica, salvo errore, del solo Vescovo di Biella), l’aspetto che più rattrista e sconcerta è la platealità della prassi adottata, senza un briciolo di rispetto e
comprensione per le persone coinvolte:
la carità è una grande e bella virtù, più facile però
da “predicare” piuttosto che “praticare”!
C’era, a mio giudizio, un metodo più evangelico e
più discreto per risolvere ogni possibile conflitto,
ma si è volutamente scegliere, chissa perché, quello più deflagrante sulla vita della Comunità,
del suo Fondatore e di alcuni fratelli suoi
collaboratori.
E così, mentre non si riesce ad ottenere la cacciata di Bannon dalla Certosa di Trisulti, assistiamo con grande sgomentp all’allontanamento di Enzo Bianchi da Bose!
Credo che siamo solo all’inizio della fine…
Quante imprecisioni nella sua disamina, due fatti fondamentali fino a questo momento: il signor Bianchi non risulta affatto allontanato, ma barricato nella casa che lui chiama eremo o cella; la platealità che lei dice è voluta e ricercata proprio dal signor Bianchi tramite i suoi amici del web e delle testate giornalistiche. Non risultano infatti comunicati o interviste o articoli da parte della Santa Sede o comunque di autorità religiose. Il fondatore di quella realtà alta, conosciuta da molti, sta cercando di distruggere tutto piuttosto che perdere il suo potere e la sua visibilità.
Bisognava molto tempo prima giungere ad un nuovo corso di Bose, ma pare che solo un nucleo di poche persone avesse voce nel sostenere le attività del fondatore a discapito di tutti e di tutto.
A giudicare dai suoi reiterati e contraddittori interventi sulla vicenda di Bose, carissimo “signor Bianco”, forse le é sfuggito il senso del mio commento che riguardava esclusivamente la prassi seguita, senza alcuna mia pretesa di giudicare fatti e persone.
Anche il da lei citato monsignor Bettazzi avrebbe preferito che si seguisse una prassi più discreta.
Che ella non abbia particolari simpatie per il “signor Bianchi” lo abbiamo capito tutti, ma Enzo Bianchi resta comunque Enzo Bianchi, con i suoi indiscutili meriti e i suoi limiti umani che non dovremmo giudicare se non dopo aver tolto la trave dal nostro occhio.
Ascoltiamo Papa Francesco:
“Negli ultimi tempi ci è stato chiesto con forza di ascoltare il grido delle vittime dei vari tipi di abusi commessi da alcuni vescovi, sacerdoti, religiosi e laici”. “Questi peccati provocano nelle vittime sofferenze che possono durare tutta la vita e a cui nessun pentimento può porre rimedio. L’universalità di tale piaga, “mentre conferma la sua gravità nelle nostre società non diminuisce la sua mostruosità all’interno della Chiesa” e la rabbia, giustificata, della gente. Il Sinodo sui giovani ha ribadito “il fermo impegno per l’adozione di rigorose misure di prevenzione che ne impediscano il ripetersi, a partire dalla selezione e dalla formazione di coloro a cui saranno affidati compiti di responsabilità ed educativi”. Allo stesso tempo, non deve più essere abbandonata la decisione di applicare “azioni e sanzioni così necessarie”: “Non si può più tornare indietro”, l’imperativo di Francesco per combattere i “diversi tipi di abuso: di potere, economici, di coscienza, sessuali”. “Sradicare le forme di esercizio dell’autorità su cui essi si innestano e di contrastare la mancanza di responsabilità e trasparenza con cui molti casi sono stati gestiti”, l’impegno da raccogliere: “Il desiderio di dominio, la mancanza di dialogo e di trasparenza, le forme di doppia vita, il vuoto spirituale, nonché le fragilità psicologiche sono il terreno su cui prospera la corruzione”.
Anche a Bose…
La grandezza di un leader e’ nel come sa tramontare. Sembra che nella chiesa questo sia molto difficile. Un ex prioee e per di piu fondatore avrebbe dovuto andarsene da tempo. Ma putroppo sembra che occupare spazio e potere sia piu importate che attivare processi.
Penso che la decisione del Papa sia stata frutto della relazione che i visitatori hanno stilato dopo un mese di convivenza a Bose. I visitatori sono stati tutti ex Superiori Generali. Metodologicamente mi sembra che la decisione presa ad Aprile è stata frutto di diverse persone coinvolte. Non potrebbe ancora la decisione del Papa essere una occasione per continuare a cercare di trovare una soluzione più condivisa? Come stanno le cose potrebbe essere un programma per il futuro.
Tutta questa vicenda è grave e triste, in molti aspetti e per molte persone. Espellere monaci dalla “loro casa”, perfino il fondatore, è cosa che si fa solitamente per crimini enormi e turpi quali pedofilia o simili.
Quello che più ritengo però ecclesialmente grave è l’intervento d’autorità della Santa Sede (su chiamata o invito di chi?), del tutto “fuori ordinanza” trattandosi di una comunità ECUMENICA (non cattolica, benché composta in maggioranza da cattolici). Che Enzo e gli altri tre fratelli abbiano accettato quanto chiesto loro dalla Santa Sede, va a testimonianza della loro umiltà e obbedienza al Papa. Ma immaginate per un istante se uno dei coinvolti fosse evangelico o ortodosso: a che titolo e con che autorità la Segreteria di Stato avrebbe potuto allontanarlo? Questa osservazione fa esplodere la contraddizione a cui siamo di fronte, e fa temere che vi sia proprio l’intenzione di far implodere la natura ecumenica della comunità, e di trasformarla incasellandola canonicamente in una forma monastica cattolica tradizionale e soggetta all’autorità dei competenti dicasteri vaticani, dove i fratelli non cattolici potrebbero essere solo dei “graditi ospiti”. Sarebbe la morte di Bose e temo anche dell’ecumenismo “vissuto” (che trova qui una sua concretizzazione più unica che rara) e non solo fatto di singoli incontri, convegni o commissioni che emettono documenti.
Mi fa molto paura una Chiesa che non sa accettare forme libere e nuove non incasellabili nel già noto e non soggette alla “catena gerarchica” tanto cara al nostro cattolicesimo curiale. E’ una Chiesa che teme lo Spirito anziché seguirlo.
Quel che è successo a Bose è di inaudita gravità. Enzo Bianchi è noto come un uomo che conosce profondamente le Scritture e ne divulga il messaggio in modo chiaro e illuminante. E lo fa con schiettezza e umiltà. Il fatto che venga chiamato da vescovi e da preti per fare conferenze è segno chiaro che i suoi discorsi sono particolarmente significativi.
Ora è stato allontanato senza che se ne sappia la ragione precisa. Questo ferisce tutti quelli che erano orientati verso Bose come verso un centro di cristianità evangelicamente limpida. Manca il rispetto per i fedeli, e non è poca cosa. Qualche nube si è proiettata anche verso il Papa.
Il silenzio in un caso come questo è colpevole, e fa meraviglia che nessuno ne abbia consapevolezza. In un periodo così tormentato per la Chiesa un fatto grave come questo accresce il disagio e l’ inquietudine dei cattolici che hanno come preciso riferimento il Vangelo.
Seguo da molto tempo la comunità di Bose e in particolare ho sempre apprezzato Enzo Bianchi, ho letto con interesse molti suoi libri, ho condiviso idee pensieri preghiere ,ecc.Ora sono perplessa,non capisco perchè non vengono chiarite le motivazioni di certe decisioni…Vorrei tanto che il Signore ci aiutasse a mantenere serenità di fronte a questi problemi,le chiusure fanno male,favoriscono perplessità e dubbi.Papa Francesco ci dona le sue parole di pace, di misericordia di dialogo,…ne abbiamo proprio tanto bisogno!
Essere “papa” emerito, “predidenti” emeriti, “priori” emeriti richiede un sacrificio dell’ego indubbiamente molto grande. Subentrare ad una personalità forte e carismatica richiede per converso un’arte difficile e a volte rara.
Se le questioni stanno qui, se l’esperienza innovatrice ed indubbiamente profetica di Bose (e penso con particolare simpatia alle Fraternità più piccoline sparse in diverse parti d’Italia) non viene messa in discussione dalla Chiesa le cose a tempo debito si appianeranno. E non ci sia chi ne goda, come fanno gli sciacalli, compiendo sì peccato.
Anche errori, che l’essere umani ammette, possono trasformarsi in occasioni di conversione e di crescita.
Dicevo delle piccole Fraternità sparse. Ecco una dimensione più piccina, esprime con più immediatezza i valori della accoglienza dell’inclusione e della carità.
Caro Andrea, concordo pienamente quanto hai scritto. Sono rimasto anch’io molto amareggiato da questa situazione e dal modo in cui è stata gestita. Sono pure molto meravigliato che nello spirito del pontificato di Papa Francesco i valori di misericordia e di umanità siano stati, mi pare, messi da parte.
Mi sembra anche che non doveva impossibile trovare una soluzione che fosse meno dannosa per tutta la comunità cristiana tenendo in debito conto quanto costruito da Enzo Bianche in oltre cinquant’anni di attività della Comunità di Bose.
Per il bene di tutti è davvero necessario che sia fatta chiarezza e che sia condivisa per evitare di lasciare il campo ad ipotesi di motivazioni gravi che certamente non hanno nessuna corrispondenza con la realtà.
Un caro saluto a te e a tua moglie.
Carlo Volta
i veri profeti hanno pochissimi amici. Enzo Bianchi ne aveva troppi.
A me sembra che le “ragioni date” abbiano una loro plausibilità e gravità. E se tutto quello che si può loro contrapporre è “una sensazione”, la difesa della posizione delle persone (non delle persone) risulta assai vacua: al massimo un nobile esercizio retorico.
Grazie per questo scritto,
Condivido tutto quello che hai scritto.
Anche io non riesco proprio a capire. E ne ho bisogno.
Anche perché la bellezza di Bose, di Enzo Bianche e delle persone coinvolte è per me sempre stata soprattutto la loro onestà intellettuale e di comportamento.
Fare chiarezza: se non la si può fare, e gia’ questo risulta incomprensibile,almeno spiegare il perché! Mi sembra legittimo fare ipotesi …perché non farle? Piuttosto il peso di una formazione religiosa deviata dalla tradizionesi fa ancora molto sentire. I moniti a lasciare fare allo spirito, a non discutere, a fidarsi in genere a mio modestissimo parere non appartengono alla spiritualità evangelica che non teme mai la verità, la verità che ci fa liberi. Qualsiasi sia il livello del disagio che si è creato a Bose, visto che Bose è nel cuore di moltissimi uomini, ci sarà pure il modo di far capire senza dover allontanare, rendere silenti, o scegliere di tacere.Dall’alto deve provenire l’esempio …queste poverta’ saranno comprese da chi sa benissimo che nessuno qui giù è perfetto ….ci si fidi anche un po dei singoli cristiani …
Condivido il sentimento, la visione, la speranza. Ho pensato a lungo se scrivere o meno. Sono arrivata alla conclusione che i primi che hanno necessità in questo periodo di fare chiarezza con loro stessi sono le tutte le persone direttamente coinvolte nell’intera vicenda, che solo in questi ultimi mesi ha raggiunto un apice. Per noi frequentatori di Bose questo momento è difficile, ma può essere di grande crescita e un’opportunità per mettere in pratica quanto abbiamo attinto da questa fonte, che senza dubbi, reputo unica ed insostituibile.
La vicenda di Bose non mi meraviglia più di tanto
perché p. Bianchi, dati i suoi ndubbi meriti,
non poteva rimanere guida ad honorem della comunità che si sente ormai matura per proseguire sulla strada da lui tracciata, ma aperta
a qualche nuovo suggerimento della chiesa.
ho letto molto in questi giorni sull’allontanamento da Bose di ben quattro persone dopo anni di dubbi e dopo l’ultima indagine addirittura prevista dalla Santa Sede, ebbene è evidente che le azioni di quelle persone non sono state di certo in linea con le loro apparenze pubbliche. Ho frequentato molte volte il monastero di Bose dove ho sempre trovato persone eccezionali, mentre in certi incontri in varie zone d’Italia il fondatore Enzo Bianchi sembrava più un abile attore che non quel monaco in disparte che dice di essere. Evidentemente ci sono motivi gravi per arrivare ad un decreto così severo e credo non ci sia bisogno di soddisfare curiosità di sorta che il Vaticano non divulga per salvaguardare la diginità degli interessati. Leggo chi ipotizza complotti, credo sia solo la difesa che cercano di far passare le persone implicate, e non tutte in quanto uno di loro ha subito obbedito alla sentenza, loro sanno i danni che hanno fatto ma non tutti sono così umili da ammetterlo, non sono certo un esempio così alto come sembrava.
Sono molto dispiaciuto anche io per quanto accaduto a Bose. Temo che difficilmente si saprà qualcosa in più di quanto trapelato sino ad ora. Condivido quanto detto a caldo da mons. Bettazzi e cioè che gli “emeriti” dovrebbero sempre allontanarsi a prescindere dalla sofferenza di un gesto così.
La semina del Regno non avviene solo in campi fertili e predisposti e nessuno sa dove soffia il vento dello Spirito…
Anch’io conosco Bose fin dagli inizi; mi ricordo molto bene la piccola cappella fredda ricavata dalla stalla. Questa decisione è stata un fulmine a ciel sereno. Condivido in toto quanto scritto. Cè’ bisogno di maggior chisrezza. Comunque vada Enzo Bianchi per me rimane un grande (pur nella sua dimensione umana): è riuscito a spazzar via quell’alone di devozionismo, ritornare a scoprire la centralità della Parola e il suo studio per capirne il senso e dare così un fondamento più solido alla fede. La lettura de “Il corvo di Elia” mi ha fatto scoprire un Dio nascosto, impotente, servo, ben lontano dal Dio del catechismo.
Grazie condivido il tuo non capire …mi inquieta .conosco Bose ho vissuto la loro carezza soprattutto di Enzo e lino e Maria in momenti difficili . Ho vissuto la loro umiltà il loro essermi vicino . Mi sento impotente ma ho una certezza dentro di me la comunità di Enzo mi ha ridato la forza… il concetto dell’altro..la fede che a volte
Ha brancolato …la pietà …la compassione …il rispetto …la fatica della fede …grazie per questo scritto …anche io non capisco
Non si capisce questo intervento del Vaticano con uno stile autoritario che non conoiscevamo in papa Francesco.
Grazie per quanto avete scritto e che condivido
Le decisioni in materia religiosa prese dalla sua alta autorità, il papa, sono quasi
sempre di difficile comprensione perché rispondono a logiche che sfuggono ai profani.