La teologa Noëlle Hausman ha partecipato al capitolo generale della famiglia religiosa dei Fratelli di San Giovanni (Frères de Saint-Jean), che si è chiuso il 1° novembre. Ha avuto il compito di aiutare i religiosi a riflettere sulla nozione di carisma nella Chiesa. Céline Hoyeau l’ha intervistata per conto de “La Croix” del 6 novembre 2019.
– Noëlle Hausman, si può restare fedeli alla propria famiglia religiosa quando il fondatore risulta autore di abusi?
Anzitutto, non si è fedeli a una famiglia religiosa, ma alla chiamata di Dio. È Dio che chiama e propone alla Chiesa un carisma nuovo. Se una persona, o un gruppo di persone, devia, Dio non ritira i suoi doni. Restano, anche se non sono stati onorati. Alcuni membri, vicini al fondatore, hanno ricevuto qualcosa del carisma, senza essere stati tutti compromessi. Lo si vede con i Frères de Saint-Jean. Da diversi anni cercano di fare chiarezza, e lo hanno fatto in modo eclatante durante il loro ultimo capitolo. Il carisma è dato a quella generazione, sempre presente, che non è stata totalmente compromessa. Nessuno di loro contesterà il riferimento particolare all’apostolo Giovanni, l’importanza della filosofia, il posto centrale della vita comunitaria, una vita apostolica missionaria… Il carisma è trasmesso. Sta alla generazione che lo riceve il compito di farlo crescere di nuovo.
– Come può il carisma essere stato donato ad un uomo riconosciuto come autore di gravi abusi o di un insegnamento deviante?
Non è stato donato a quest’uomo, ma ricevuto più o meno bene da lui. Il carisma non appartiene al fondatore. Attraverso di lui, il carisma è stato affidato a quella famiglia religiosa che oggi si mostra decisa a riprendere coraggiosamente ciò che fino ad ora non era stato preso in considerazione. Questo vale per Saint-Jean e per molte altre famiglie religiose, dove i chiarimenti sono assolutamente indispensabili. Si tracceranno strade che anche altri dovranno seguire, particolarmente nella Chiesa in Francia. Da parte delle autorità ecclesiali, molti paletti non hanno funzionato. A questo proposito, vescovi e famiglie religiose devono interrogarsi.
– Anche se si distingue il carisma dell’istituto dalla figura del fondatore, un pensiero inconscio intacca certamente ancora la vita dell’istituto…
Sì. Tutto è stato colpito. Per questo è necessaria una grande revisione a tutti i livelli. È quanto la Santa Sede ha chiesto, per voce di mons. Carballo: tutto nell’istituto, il pensiero, la spiritualità, la liturgia, la filosofia e la teologia sia profondamente rivisitato.
– Si tratta di una grande psicanalisi comunitaria?
Direi piuttosto che si tratta di una grande conversione comunitaria. Durante il capitolo, i Fratelli di San Giovanni sono stati aiutati da una specialista in psichiatria sistemica. Tuttavia la psichiatria non può fare una diagnosi su una persona morta, può solo aiutare un gruppo a trovare i mezzi che gli permettano di superare la prova. Lo stesso vale per la teologia. Non si tratta di dare un giudizio definitivo su padre Marie-Dominique Philippe o sui suoi adepti – non è nostro compito –, ma di discernere dove lo Spirito Santo ha lasciato le tracce della sua azione e dove apre la strada per il futuro.
– Di fronte ai crimini commessi da un uomo come Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, ci si chiede se non sia più sano sopprimere la comunità e rifondarne un’altra.
Sarebbe stata la soluzione più semplice. Ma non corrisponderebbe alla vitalità che continua a manifestarsi in alcune parti dell’istituto. Ciò che è più forte è che i fratelli o le sorelle siano ancora lì. Non si può fare come se questo non ci fosse. Non è nostro compito dare un giudizio, con criteri più umani che evangelici. Occorre invece vedere come la Chiesa, nella sua saggezza, può continuare ad accompagnare questo risveglio, questa rinascita. Nella Chiesa, se si dà prova di umiltà, ci si può anche rifare a cammini di pentimento percorsi da altri. Quello che si sta percorrendo non è un cammino glorioso – “noi, i salvatori del mondo” –, ma piuttosto un cammino di umiltà, di pentimento e di ascolto, di docilità ricevuta dallo Spirito Santo. La Famiglia di San Giovanni vive un fortissimo tornante che però è carico di futuro. La lettera che mons. Carballo ha loro inviato traccia le linee fondamentali per tutti: un fondatore storico non è necessariamente un fondatore carismatico. Non è vero che, se un visionario sbaglia, non c’è stata apparizione. E non è neppure vero che, se il visionario è esemplare, l’apparizione c’è stata.
– Molti cattolici sono destabilizzati perché viene rimesso in causa il modo di valutare il successo, la santità di una famiglia religiosa…
Esatto. Questo rimette in causa la nostra ricerca del meraviglioso, dei visionari che danno istruzioni, dei fatti quasi miracolosi… No! C’è molto di più nella semplice vita ordinaria del cristiano, nella fedeltà ai sacramenti, al dovere del proprio stato, al fatto che Dio – come dice la Bibbia – ha umiliato il suo Spirito nella carne degli uomini. Siamo esseri di carne e di sangue: se lo si dimentica, si cade subito nella gnosi, in forme di delirio erotico-mistico… Questa è una grande lezione di umiltà per la nostra Chiesa, che in questi anni ha puntato su nuove fondazioni spesso prive delle condizioni minime di buon senso e di dottrina. Non cerchiamo tanto il meraviglioso o lo straordinario quando è l’ordinario a essere meraviglioso.